Omicidio Bonomelli, l’accusa chiede 24 e 28 anni agli imputati

IN TRIBUNALE. «Potevano salvargli la vita, ma nessuno di loro ha voluto farlo». Il pm Chiara Monzio Compagnoni lo ha affermato nell’udienza di mercoledì 22 maggio, poco prima di chiedere condanne per più di un secolo nei confronti dei 4 imputati per l’omicidio di Angelo Bonomelli, 80 anni, noto impresario di pompe funebri di Trescore trovato morto nella sua auto il 9 novembre 2022 in un parcheggio di Entratico.

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L’accusa ha invocato 29 anni per Matteo Gherardi, 34enne di Gaverina; 24 anni a testa per il padre 69enne Rodolfo Luigi e la ex compagna Jasmine Gervasoni, 25enne di Sedrina; 28 anni per l’amico Omar Poretti, 26enne di Scanzorosciate. Sono tutti in carcere.

La vicenda del 2022

I quattro narcotizzarono l’anziano sciogliendo nel caffè una dose massiccia di Rivotril, un sedativo, per intontirlo e rapinargli l’orologio d’oro da 8.000 euro, 120 euro che teneva nel portafogli e il telefonino. Omicidio volontario con dolo eventuale pluriaggravato e rapina pluriaggravata sono i due reati contestati ai quattro. Tre le aggravanti che il pm ha riconosciuto sussistenti: il nesso teleologico (aver ucciso per compiere la rapina), la somministrazione di sostanze venefiche e i futili e abietti motivi (Matteo Gherardi si giocò la sua parte di bottino alle slot, Poretti con la sua acquistò droga).

Il dolo è eventuale perché «tutti si rappresentavano la possibilità che Bonomelli morisse, ma decisero di agire lo stesso». Gli imputati per il pm erano consapevoli della «avanzata età e dunque della fragilità organica della vittima, il che comporta una maggiore difficoltà a smaltire gli effetti tossici di una dose massiccia di farmaco, superiore a quella terapeutica». Eppure, ha concluso Monzio Compagnoni, privilegiarono l’orologio, il telefonino e 120 euro all’evenienza di mettere in pericolo di vita l’80enne.

Prossima udienza il 19 giugno

Che temessero le conseguenze della loro azione lo dimostra, secondo il pm, in fatto che per ben due volte tornarono a controllare il pensionato che era sdraiato in auto privo di sensi. La seconda, l’indomani mattina, lo trovarono cadavere. «Si sarebbe potuto salvare sino all’ultimo secondo, ha stabilito il medico legale, magari con una telefonata anonima ai soccorsi», ha sostenuto Monzio Compagnoni. Ma non lo fecero. E qualcuno di loro, come Jasmine Gervasoni, ha faticato a rendersi conto di quanto commesso anche dopo. In un colloquio in carcere (intercettato) subito dopo l’arresto la sorella le intima «Devi chiedere scusa». E lei: «A chi?». Nella prossima udienza, il 19 giugno, parola alla parte civile e alle difese.

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