Diede fuoco al suocero, che morì
Senegalese condannato a 15 anni

È stato condannato a 15 anni Matar Mal, il senegalese arrestato a marzo 2010 con l'accusa di aver ucciso, dandogli fuoco, l'ex suocero Giannino Trapletti, 58 anni. I familiari della vittima contestano il mancato riconoscimento della premeditazione.

È stato condannato a 15 anni Matar Mal, il trentaquattrenne senegalese arrestato lo scorso anno a marzo con l'accusa di aver ucciso, dandogli fuoco, l'ex suocero Giannino Trapletti, 58 anni, ex sindaco di Borgo di Terzo.

Il pm Carmen Pugliese aveva chiesto per il senegalese, durante l'udienza preliminare con rito abbreviato, 14 anni di reclusione, escludendo le aggravanti della premeditazione e della crudeltà. La sentenza, arrivata lunedì mattina, ha invece riconosciuto l'aggravante della crudeltà, oltre a quella dei rapporti di parentela. Sono state invece escluse le aggravanti dei futili motivi, della premeditazione e della provocazione.

Il senegalese è stato condannato anche a pagare quasi un milione di euro come risarcimento: 250 mila alla moglie, 250 mila alla suocera, 210 mila a una cognata e 200 mila a un'altra. Ai 15 anni per l'omicidio sono poi stati aggiunti un mese e 20 giorni di reclusione per le lesioni colpose alla suocera e a una cognata.

La requisitoria del pm, davanti al giudice dell'udienza preliminare Raffaella Mascarino, era avvenuta dopo aver sentito le conclusioni del dottor Massimo Biza, chiamato a svolgere una perizia psichiatrica sull'imputato per accertarne la capacità di intendere e di volere e quindi l'imputabilità. L'esperto aveva concluso proprio in questo senso, e quindi si era svolta la discussione del procedimento.

La pubblica accusa aveva ricostruito tutta la vicenda: dalla vita coniugale dell'imputato con la figlia della vittima fino alla rottura, alle successive liti e denunce, per arrivare fino al giorno dell'aggressione a Giannino Trapletti e alla figlia, e all'arresto del senegalese. Il movente del delitto, per l'accusa, sarebbe infatti in questa travagliata storia familiare: tra i due coniugi a un certo punto le liti e i dissapori erano andati via via crescendo, tanto da portare alla rottura.

Questo però non aveva messo la parola fine alle tensioni: dopo la fine del matrimonio, infatti, erano continuati i litigi, con discussioni molto accese e anche minacce, tanto da portare alle vie legali.

La situazione - era stata la ricostruzione del pm Pugliese - avrebbe portato Matar Mal all'esasperazione: il 28 marzo 2010 aveva raggiunto l'ex moglie nel giardino di Trapletti, e durante l'ennesimo litigio, l'aveva ferita con un coltello. Quando poi l'ex suocero era intervenuto a difesa della figlia, l'aveva cosparso di liquido infiammabile, dandogli fuoco. Trapletti era stato ricoverato in gravissime condizioni ed era spirato 12 giorni dopo, mentre per Matar Mal si erano aperte le porte del carcere.

La moglie della vittima, Claudiana Corbetta, la figlia (ex moglie del senegalese) Tatiana Trapletti e le sue sorelle Rossella e Ivana, tutte costituitesi parti civici, hanno espresso dubbi sul mancato rinoscimento della premeditazione che non è mai emersa durante il processo.

Eppure, dicono i familiari, c'è un verbale dei carabinieri in cui si parla di una lite tra l'ex moglie e Matar Mal, lite che aveva indotto il padre, Giannino Trapletti, a intervenire in difesa della figlia prima di essere cosparso di liquido infiammabile. E domenica mattina, qualche ora prima dell'omicidio, Giannino Trapletti e la moglie erano andati dai carabinieri a raccontare che Matar Mal continuava a far vedere minacciosamente la tanica.

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