Delitto Gaspani, due in cella
Ucciso per ventimila euro

Ventimila euro, tanto valeva la vita di Mario Gaspani. Sarebbe questa, secondo chi indaga, la cifra pagata dai mandanti per eliminare il 57enne intermediario nel commercio d'auto, ucciso nella sua villa a Boltiere la notte fra il 25 e il 26 marzo e abbandonato in una roggia a Osio Sopra.

Ventimila euro, tanto valeva la vita di Mario Gaspani. Sarebbe questa, secondo chi indaga, la cifra pagata dai mandanti per eliminare il 57enne intermediario nel commercio d'auto, ucciso nella sua villa a Boltiere la notte fra il 25 e il 26 marzo e abbandonato in una roggia a Osio Sopra.

I presunti autori materiali dell'omicidio sono finiti in manette venerdì. Si tratta di due fratelli di origine calabrese: Salvatore Luci, 41 anni, residente a Boltiere, e Bruno Antonio Luci, 37 anni, che abita a Calvenzano. Il fermo per concorso in omicidio eseguito nei loro confronti non è stato convalidato: il gip non ha ritenuto infatti sussistente il pericolo di fuga. I due restano, però, in carcere perché sono stati ravvisati i gravi indizi di colpevolezza.

Da quanto trapelato, i carabinieri del Ris di Parma nella villa di via Donizetti, dov'era stato aggredito e accoltellato Gaspani, avrebbero trovato tracce di sangue compatibile con il dna di uno dei due fratelli. Da qui in poi sono scattati gli accertamenti telefonici, che hanno portato ai Luci. Ora è caccia a chi avrebbe ingaggiato i presunti killer.

Stando alle indiscrezioni, si tratterebbe di due persone molto vicine alla vittima, che avrebbero le ore contate. I militari del nucleo investigativo di Bergamo e i colleghi di Treviglio, coordinati dal pm Franco Bettini, le hanno individuate nelle ultime settimane.

Il movente è il denaro: questa è sempre stata una granitica certezza dell'inchiesta. Ma l'omicidio avrebbe a che fare con l'ambiente degli stretti rapporti personali, non con quello degli affari. Era quest'ultima la pista che inizialmente era stata privilegiata da chi indaga, indirizzato anche dai precedenti per truffa e ricettazione della vittima e dal suo modo «scombinato» (definizione del suo avvocato, Ettore Tacchini) di vivere.

Gaspani, infatti, era uno di quegli intermediari che procurava vetture all'estero, importandole senza versare l'Iva e pagandole in nero. Così facendo, col tempo il 57enne avrebbe omesso di versare imposte per milioni di euro e proprio per uno di questi reati fiscali, due giorni prima di morire era stato condannato a un anno e 4 mesi.

E poi c'era la misteriosa aggressione del 23 dicembre, quando Gaspani era stato malmenato sotto casa e rapinato dell'Audi A3, ricomparsa qualche settimana più tardi. Che avesse pestato i piedi a qualcuno? Che avesse raggirato il tipo sbagliato?

L'indagine sull'omicidio, sviluppandosi, ha portato a escludere spedizioni punitive partite dal mondo del commercio d'auto o dei prestiti a usura. Anche perché i regolamenti di conti in questo campo sono solitamente lavori «puliti».

In questo caso, invece, il modus operandi degli assassini ha più a che fare col delitto d'impeto che con l'esecuzione. Ventisette coltellate (di cui 14 letali) sono troppe per dei professionisti, e poi tutto quel sangue e quel disordine lasciato nella casa della vittima. Non a caso è arrivata da lì, dalle tracce ematiche nella villa di via Donizetti, quella che pare essere la soluzione del delitto.

Un assassinio «strano», a cominciare dal fatto che i killer si sono premurati di portare via il cadavere, caricandolo sulla loro auto (l'Audi A3 della vittima è stata ritrovata a Osio Sotto: non c'era sangue) per abbandonarlo in una roggia, correndo in questo modo il rischio di essere intercettati lungo il tragitto.

Perché? Perché il raid omicida era uscito pasticciato e probabilmente aveva bisogno di successive correzioni. Insomma, il corpo di Gaspani sarebbe stato nascosto nella speranza che fosse scoperto il più tardi possibile. Nel frattempo chi era coinvolto nell'omicidio, avrebbe avuto tutto il tempo di cancellare le scie che gli assassini si erano lasciati dietro. Ma gli autori non hanno avuto fortuna.

Perché la mattina del 26 marzo, poche ore dopo il delitto, un uomo che portava a spasso il cane s'è imbattuto nel corpo del 57enne e ha dato l'allarme. A questo punto ai presunti omicidi non è rimasto altro che rimanere nascosti, nella speranza che gli inquirenti scoprissero il meno possibile.

Ora, stando a quanto trapela, per chiudere il cerchio mancherebbero solo i mandanti. Il movente è il denaro, ripetono gli investigatori. E, in particolare, il patrimonio di Gaspani, che forse faceva gola a qualcuno. Per scongiurare pignoramenti, i beni dell'uomo erano stati intestati alla moglie quarantenne, che viveva da separata in casa e che la notte dell'omicidio ha dormito fuori. È qui, tra la bramosia di venire in possesso del «tesoretto», che si cela la soluzione dell'ultima parte di questo mistero.

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