I rinvii dell'asta dei «Riuniti»:
un pantano aggravato dalla crisi

di Alberto Ceresoli

Se mai ce ne fosse bisogno, i continui rinvii dell'indizione dell'asta per l'acquisizione delle aree su cui oggi sorgono gli Ospedali Riuniti sono l'ennesima spia del malessere che ormai da un anno e mezzo appesantisce – fin quasi a fermarlo – l'iter di realizzazione del nuovo ospedale.

di Alberto Ceresoli

Se mai ce ne fosse bisogno, i continui rinvii dell'indizione dell'asta per l'acquisizione delle aree su cui oggi sorgono gli Ospedali Riuniti sono l'ennesima spia del malessere che ormai da un anno e mezzo appesantisce – fin quasi a fermarlo – l'iter di realizzazione del nuovo ospedale.

Di per sé – tecnicamente – i «Riuniti» potrebbero anche disinteressarsi del futuro di largo Barozzi, visto che da tempo Regione Lombardia ha anticipato all'azienda ospedaliera i fondi preventivati per la sua cessione, ma la situazione è ben più complessa di quanto sembra, e rischia di trasformarsi in un vero e proprio pantano.

La cessione dei vecchi «Riuniti» è un'operazione immobiliare del valore di 75 milioni di euro, cifra già di per sè consistente, ma che il perdurare della recessione che ha investito l'Europa «ingigantisce» ulteriormente. Oggi come oggi i gruppi che si possono permettere di giocare con tranquillità una partita di questo livello non sono tantissimi, ed è anche per questo che Infrastrutture Lombarde non può permettersi di sbagliare il colpo in canna, probabilmente l'unico rimasto alla SpA del Pirellone, se fosse vero - come pare - che un ulteriore ribasso del prezzo debba essere autorizzato da una nuova valutazione dell'Erario regionale (con i tempi che si dilaterebbero ulteriormente).

Alla prima tornata, i tre gruppi immobiliari di cui era stata accettata la candidatura - il gruppo Percassi, la Dec (capofila delle imprese che stanno costruendo il nuovo ospedale di Bergamo) e una società del Veronese - alla fine non avevano presentato alcune offerta, vanificando così l'asta. Pensare che oggi tutto possa essere più semplice è davvero arduo, anche perchè all'aggravarsi del quadro economico e finanziario in cui sono costretti a muoversi gli operatori immobiliari interessati alla vicenda non è conseguito alcun alleggerimento degli impegni cui il vincitore dell'asta sarebbe automaticamente sottoposto dai protocolli urbanistici siglati tra Comune e Infrastrutture Lombarde.

L'area di grande pregio non consente certo di aumentare ulteriormente le volumetrie già previste, ma gli oneri che gravano sul privato che acquista sono indubbiamente significativi (tra bonifiche e cessioni «gratuite»), a fronte di una grande incertezza sui tempi con cui un simile investimento possa essere ammortizzato. In questo quadro, qualche chances in più potrebbe paradossalmente averla la Dec, che con i «Riuniti» ha tuttora aperta una causa di 150 milioni non ancora giunta a nessuna transazione. Una permuta non è ipotizzabile, ma dovendo battere cassa ai «Riuniti», la Dec potrebbe giocare le sue carte più tranquillamente di altri.

C'è poi un altro problema legato agli spazi. Se mai i «Riuniti» dovessero davvero iniziare il trasloco ad ottobre per concluderlo (realmente) entro l'anno (ma il condizionale è d'obbligo), non riuscirebbero a portare alla Trucca tutti i servizi oggi attivi in largo Barozzi (salvo drastici ridimensionamenti).

Dove trovare gli spazi necessari? In primo luogo nella sede attuale, ma occuparne ancora una parte, se pur minima, potrebbe intralciare l'iter dell'asta. In secondo luogo, all'ex Matteo Rota (dove però gli spazi sono già occupati e la cui sorte non è comunque ancora stata decisa con chiarezza). In terzo luogo negli spazi che i «Riuniti» hanno in Borgo Palazzo. Tutti da sistemare. Ma con che soldi?

Alberto Ceresoli

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