Sgominata la banda di usurai
«Ma sconcerta il clima di omertà»

«Abbiamo riscontrato omertà nelle vittime dell'usura, ma genericamente anche nel tessuto locale». L'inchiesta e le ricerche su Giambattista Zambetti sono incappate in una reticenza propria di altre latitudini. È l'amara constatazione di un pm bergamasco.

«Abbiamo riscontrato omertà nelle vittime dell'usura, ma genericamente anche nel tessuto locale». L'inchiesta e le ricerche su Giambattista Zambetti sono incappate in una reticenza propria di altre latitudini. L'amara constatazione non arriva dal classico osservatore di passaggio, bensì da un pm bergamasco che lavora alla Procura di Bergamo da una ventina d'anni e che di nome fa Maria Cristina Rota.

«Non mi riconosco nei miei concittadini che si comportano con modalità diverse dalle nostre, tipiche di altre regioni d'Italia», s'è lamentata giovedì 18 aprile in conferenza stampa. È successo che gli imprenditori vittime delle presunte usure della banda del «Ragno» hanno preferito non accusare Zambetti e soci e, quando sono stati messi alle strette, hanno scelto di incolpare Giovanni Ghilardi, perché tanto era morto.

È stato così sin dal primo episodio in cui si erano imbattuti i carabinieri. L'imprenditore che aveva ricevuto 200 mila euro di prestito con l'obbligo di restituirne 280 mila nel giro di qualche mese, prima aveva negato di conoscere i due Zambetti, poi aveva ammesso dicendo però che a tirare le fila di tutto era Ghilardi, all'epoca già defunto.

«Fanno impressione le modalità di comportamento non collaborativo di certi imprenditori», ha chiosato il procuratore Francesco Dettori. Ma gli strali degli investigatori sono piovuti anche sugli abitanti della Val Cavallina. «Chi dà ospitalità e supporto al fuggiasco Giambattista Zambetti sappia che commette un reato».

Leggi le due pagine dedicate all'argomento su L'Eco di venerdì 19 aprile

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