Cgil sulle attività dell’università
«Gli studenti non sanno scrivere»

Gli studenti dell’Università di Bergamo mancano di proprietà di linguaggio e di struttura discorsiva, e addirittura non sanno più scrivere. Emerge da uno studio sulla qualità e sulla natura della cooperazione tra attività didattiche, di ricerca, tecniche e di servizio.

Gli studenti dell’Università di Bergamo mancano di proprietà di linguaggio e di struttura discorsiva, e addirittura non sanno più scrivere. Questo è quanto emerge da uno studio sulla qualità e sulla natura della cooperazione tra attività didattiche, di ricerca, tecniche e di servizio, commissionato da Flc-Cgil nazionale e provinciale a due ricercatori, Francesco Garibaldo e Emilio Robecchi.

«Il decadimento del ruolo dell’Università – spiega il dottor Francesco Garibaldo – è emerso con voce unanime da uno dei gruppi sui quali abbiamo lavorato nel corso della ricerca, quello costituito da docenti e ricercatori, che riflettevano su ruolo dell’ateneo e sul rapporto con gli studenti. Secondo il loro parere la riforma Gelmini non ha tenuto conto di merito e valore, e la programmazione didattica che ne consegue fa sì che si verifichi una mancanza di proprietà di discorso e di linguaggio. Avere risorse adeguate, per alcuni degli intervistati, vorrebbe dire poter investire su esami scritti e poter assistere gli studenti per insegnar loro come si scrive, ma nei fatti si va in tutt’altra direzione. Oltre a questo aspetto gli intervistati hanno evidenziato un decadimento del ruolo dell’ateneo, che non forma più criticamente ma crea semplici esecutori, una situazione accentuata dalla riforma del “3+2”. Inoltre si assiste a uno scollamento tra il ruolo della ricerca e quello della formazione, parallelamente a una sempre maggior richiesta di figure iper-specializzate da parte di aziende esterne. Iper-specializzazione che non può che essere destinata a diventare obsoleta, con un mercato in continuo e rapidissimo cambiamento».

La ricerca è stata commissionata dalla Flc-Cgil, come spiega il segretario provinciale, Tobia Sertori. «Dopo la riforma Gelmini – spiega – si è assistito a una serie di tagli funzionali alla gestione, frutto di una situazione finanziaria difficile, contemporaneamente a un blocco del turn over. Il risultato è un’università invecchiata e impoverita. Ma come si è reagito all’interno degli ambienti di ateneo? Era questo che volevamo andare a indagare».

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