Val Taleggio, stagione compromessa
Un altro mese per la posa del ponte

Piovono proteste per i ritardi nel ripristino della strada chiusa in Val Taleggio chiusa dal 19 marzo a causa della frana. La Provincia assegnerà domani i lavori per la posa ponte. Ci vorrà almeno un altro mese e la stagione per la valle è ormai compromessa.

Piovono proteste per i ritardi nel ripristino della strada chiusa in Val Taleggio chiusa dal 19 marzo a causa della frana. La Provincia assegnerà domani i lavori per la posa ponte. Ci vorrà almeno un altro mese e la stagione per la valle è ormai compromessa.

Ecco la lettera di protesta di un commerciate di Peghera

Mercoledì 19 marzo la frana che l’anno scorso bloccò la SP 24 delle Valli Brembilla e Taleggio, poco dopo l’abitato di Peghera, dal 19 maggio al 4 agosto (78 giorni) ha ripreso a scaricare terra e massi sulla sede stradale, costringendo a bloccarla di nuovo. Ora siamo già al terzo anniversario (se usiamo i mesi come unità di misura), ed è tutto ancora fermo, non si vede ancora la famosa luce in fondo all’altrettanto famoso tunnel.

I primi giorni dopo la frana gli eventi ebbero un notevole seguito presso l’opinione pubblica, emozionata dai bambini che per andare a scuola dovevano attraversare un ruscello su un ponte posticcio di pallets e colpita dai quasi cento chilometri di viaggio che comportava il relazionarsi dei cittadini (preti, medici, lavoratori…) da una parte all’altra della Val Taleggio. Quei fatti richiamarono anche l’attenzione di mamma RAI e così un’esercente e una mamma di Peghera furono ospiti della trasmissione Uno Mattina, dove portarono il problema all’attenzione nazionale. Si era alla metà di aprile e le signore durante il viaggio di ritorno in valle furono raggiunte dalla notizia che i soldi per i lavori di ripristino e per la realizzazione di un ponte provvisorio erano stati trovati, con immediate sviolinate via Facebook da parte del sindaco di Taleggio per vantarsi di come erano stati bravi lui e il presidente della Provincia e per promettere la riapertura della strada per il 20 giugno.

Ma si era in periodo di campagna elettorale e le promesse ( e relative prese in giro) erano d’obbligo. Ora le elezioni ci sono state, il sindaco è stato rieletto, ma del ponte di ferro che dovrebbe risolvere i nostri problemi di viabilità non c’è ancora la minima traccia. Dopo 90 giorni ancora non sono pronte nemmeno le due spalle del ponte. Da giorni e giorni gli operai non si fanno vedere, le bacchette di ferro delle armature sfidano le intemperie nell’attesa della gettata di cemento. Uno pensa che per un lavoro così urgente servirebbe un cantiere molto attivo, molti operai, orari lunghi, lavori anche di sabato. Niente di tutto questo. Due operai sono la media e alle cinque del pomeriggio tutto finisce. Per molti giorni addirittura non si è visto nessuno.

Problema nel problema: la popolazione è tenuta completamente (e volutamente?) all’oscuro, senza alcun avviso da parte delle superiori (?) autorità. Solo voci di popolo: “l’impresa non va avanti perché non ha visto ancora un euro, manca un pezzo di ponte, mancano i soldi, aprono a luglio, no a settembre, non aprono più (?!)”, voci raccolte al bar o in negozio, magari tra un’imprecazione e l’altra. I cittadini non si lamentano neanche più, quasi fossero presi da un specie di sindrome di Stoccolma: prigionieri di una situazione insostenibile, non si dolgono più dei loro “tiranni”, ma li perdonano a prescindere. Ormai siamo al fatalismo puro.

Ma il problema è ancora lì in tutta la sua pervasività e anche quest’anno la stagione turistica è compromessa.

Ora cosa dobbiamo fare? Venire a Bergamo davanti al palazzo della provincia sguainando i forconi? stracciare le schede elettorali alle prossime elezioni? fare sciopero fiscale rifiutandoci di pagare le tasse di ogni ordine e grado? o fare tutte queste cose assieme? Vergogna!

Giovanni Salvi

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