Chiuso un negozio al giorno
Ma c'è anche chi sta peggio

Sono calate di oltre 300 unità le aziende di commercio nella Bergamasca. Il dato, che riguarda il saldo tra le iscritte e le cessate, è del 2011 e si riferisce alle 19.000 imprese attive nel comparto che, per il 95%, non superano i 15 dipendenti.

Sono calate di oltre 300 unità le aziende di commercio nella Bergamasca. Il dato, che riguarda il saldo tra le iscritte e le cessate, è del 2011 e si riferisce alle 19.000 imprese attive nel comparto che, per il 95%, non superano i 15 dipendenti.

Nella nostra provincia la situazione è meno drammatica che nel resto d'Italia. Lo sostiene Giorgio Ambrosioni, presidente di Confesercenti, intervenuto con il direttore, Giacomo Salvi, all'incontro con la stampa giovedì 22 marzo in occasione della «Giornata per il sostegno alle piccole e medie imprese».

E il motivo è che Bergamo - oltre al fatto che molte delle nuove aziende che si affacciano sul mercato, e di cui non è ancora possibile conoscere le dinamiche, sono di operatori extracomunitari - è da tempo una sorta di laboratorio «positivo».

Ma se in terra orobica, la crisi sembra essere meno marcata, il quadro generale del commercio (e i dati locali sono in linea con quelli nazionali) rimane drammatico. Negli ultimi quattro anni il crollo delle vendite al dettaglio, in particolare per i piccoli esercizi, è pari al 14%.

Gli aumenti dell'Iva non fanno che peggiorare la situazione, dal momento che per far fronte alla caduta dei consumi delle famiglie, sono i commercianti che li assorbono per evitare di ritoccare i prezzi di vendita. In sostanza - stando ai calcoli di Confesercenti - il piccolo imprenditore commerciale (con un fatturato medio di 50 mila euro e un locale di 100 metri quadri) si troverà a sborsare annualmente un onere aggiuntivo che varierà dai 3.600 ai 5.200 euro, tra contributi sociali, costi amministrativi, Imu, nuova tassa rifiuti e Iva.

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