Comunità, passioni e valori da 145 anni

ITALIA. Quando Elon Musk troverà la formula per la «longevità eterna» (auguri…) sarà forse più facile, ma oggi come oggi portare sulle spalle 145 anni non è così semplice, e nemmeno cosa di poco conto.

Anzi, ha proprio dello straordinario. Soprattutto se non si tratta solo di un dato anagrafico. Quelli che L’Eco di Bergamo festeggia oggi sono 145 anni di storia, di emozioni, di passioni, di condivisione con una comunità intera, quella bergamasca. Qualcuno alzerà il sopracciglio, qualcun altro storcerà il naso, altri ancora evocheranno l’antico nomignolo di «bugiardino» o ci bolleranno con il solito «ol giornàl di précc» o «di mórcc», ma - piaccia o non piaccia - nessuno può dire che dal 1° maggio del 1880 ad oggi Bergamo e i bergamaschi non siano cresciuti con L’Eco di Bergamo. Qualcuno, e non così pochi, anche «grazie» a L’Eco di Bergamo. Certo, non sono più i tempi del mitico Andrea Spada, il Direttore con la D maiuscola (un monsignore, per inciso), quando la tiratura sfiorava le 70mila copie giornaliere, ma anche se oggi sono poco più della metà, L’Eco resta uno dei punti di riferimento imprescindibile per molti di noi. I numeri possono essere interpretati in tanti modi, ma se è vero - come certificano gli istituti indipendenti del settore - che ogni giorno sono circa 400mila i bergamaschi dai 14 anni in su che impattano con L’Eco e quel che gli gira attorno, allora possiamo dire che, nonostante tutto, dopo 145 anni godiamo ancora di buona salute, soprattutto se la paragoniamo a quella di molti altri quotidiani del nostro Paese (che di giornali, nel corso degli anni ma soprattutto nell’ultimo decennio, ne ha visti chiudere parecchi).

Motivo di orgoglio

Un motivo di orgoglio? Certamente sì, sarebbe ingiusto e puerile negarlo, ma da cui nascono due profondi sentimenti. Il primo è quello della gratitudine che dobbiamo a tutti quei bergamaschi che giorno dopo giorno ci fanno sentire la loro vicinanza, non solo acquistando una copia del giornale, ma scrivendoci in redazione, a volte per complimentarsi, altre volte per tirarci le orecchie (e in qualche caso - non tutti, per la verità - hanno anche ragione).

Il secondo è invece legato al grande senso di responsabilità che deriva da tutto ciò, in tempi in cui responsabilità, correttezza, senso civico e buon senso sembrano essere merce rara. Tra le tante cose che il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, disse in redazione ai giornalisti de L’Eco il 30 novembre del 2016, ce n’è una a cui teniamo in particolar modo: «Ogni quotidiano - aveva detto il Presidente della Repubblica - ha la sua impronta, il suo carattere. Quelli de L’Eco di Bergamo sono tratti molto forti, nitidi, intensi. Non soltanto per il contributo dato al formarsi della pubblica opinione del proprio Paese, a Bergamo come in sede nazionale, ma anche per la garanzia che una testata come la vostra fornisce alla libertà di stampa e alla libera informazione».

La nostra bussola è l’informazione libera

La nostra bussola non è il potere ma un’informazione libera e indipendente, ispirata al valore della vita e al rispetto della dignità di ogni persona. Chi ci legge lo sa bene: potrà anche non essere d’accordo su alcune scelte editoriali, ma sa altrettanto bene che mai il giornale è venuto meno ai suoi principi ispiratori, rimanendo sempre fedele a sé stesso. «E questo sé stesso - scriveva già in occasione dei cent’anni di vita del giornale monsignor Andrea Spada - i lettori sanno cos’era, sanno e sapranno sempre cos’è. La sua sincera, mai nascosta o mimetizzata ispirazione cristiana, il suo profondo rispetto per tutti, il non aver mai dimenticato un solo giorno che il giornale entra ogni mattina nelle case e ha il dovere di essere un amico prudente, sincero, discreto, di famiglia. Bergamasco tra la gente bergamasca, cioè di modi semplici e sinceri, secondo il nostro carattere, qualità ma anche difetti allo scoperto».

Oggi, quarantacinque anni dopo, lo spirito che anima il giornale è rimasto lo stesso, nel segno della dottrina sociale della Chiesa, nel segno del rispetto di tutti. Ce lo ha riconosciuto lo stesso Presidente Mattarella nel lungo messaggio inviato al giornale il Primo Maggio del 2020, laddove scrisse che «nel ricco panorama della stampa italiana L’Eco di Bergamo porta il contributo della propria identità, impressa dai fondatori e poi plasmata nelle vicende tragiche e gloriose di quasi un secolo e mezzo di storia. Una identità che si è arricchita attraverso il confronto con i “segni dei tempi” (…). L’ispirazione cristiana del giornale si è impastata con la civiltà bergamasca, con la sua scuola sociale, con la vivacità dei suoi corpi intermedi, con la vocazione all’impresa» contribuendo a dar vita allo sviluppo del Paese. La storia de L’Eco, aveva detto ancora il Capo dello Stato costituisce «un percorso di grande significato, conferma di un giornale profondamente radicato nella sua terra e tra la sua gente».

Parole per noi profondamente vere, una sorta di programma dal quale non intendiamo assolutamente discostarci, tanto più oggi, in un mondo in cui sono il giornalismo e la comunicazione a creare la realtà, e non più a raccontarla. Un fenomeno pericolosissimo, anche se nessuno sembra accorgersene, ma che noi cercheremo di contrastare con tutte le nostre forze. Ma siamo umani, non super eroi. Ed è per questo che abbiamo bisogno del vostro aiuto e del vostro affetto. Grazie fin d’ora. Buon Primo Maggio a tutti.

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