Atalanta, Sonetti: «Club definito
e giocatori motivati per la serie B»

In attesa della coda playoff e playout, si è conclusa domenica la serie B 2009/2010. Il campionato dal quale ripartirà l'Atalanta, ad agosto, nella speranza che si tratti solo di una fugace parentesi: d'altronde, così è stato in quattro delle cinque ultime occasioni.

Proprio la risalita più recente, con Colantuono in panchina, è coincisa anche con il primo posto in campionato, risultato che mancava dai tempi di Sonetti, anno di grazia 1983/84. Abbiamo scelto così di rivolgerci al buon Nedo per cercare di carpire i segreti della cadetteria, uniti a un giudizio competente sull'ambiente atalantino.

Si è rivelato un successo a metà, dato che il tecnico toscano ha centellinato al massimo le parole, evitando di entrare nel merito della situazione e delle scelte che riguardano la società nerazzurra in questo momento fondamentale. Ecco comunque qualche stralcio del pensiero di Sonetti, reduce da una breve esperienza sulla panchina del Vicenza, ma soprattutto spettatore abituale al Comunale.

Mister, che effetto fa l'Atalanta in serie B?
«È un grande dispiacere: non si può negare che per l'Atalanta la serie A sia l'ambiente più normale».

Tanto che, ultimamente, ci ha abituato a un'immediata risalita. «Dopo le grandi, quella nerazzurra è la società con più campionati di serie A alle spalle: significa che quello è il suo habitat naturale, ma ovviamente ci sono delle situazioni particolari che certe volte fanno andare le cose diversamente».

Cosa non ha funzionato in quest'ultima stagione?
«La situazione si è complicata fin dall'inizio e a un certo punto, pur facendo bene, non siamo (Sonetti utilizza la prima persona plurale, confermando in pieno il proprio stretto legame con i colori nerazzurri, ndr) più riusciti a recuperare. Dopo l'arrivo di Mutti, la squadra ha iniziato a girare, ma evidentemente era tardi».

L'Atalanta ha il dovere di provare a vincere il campionato?
«Bisogna prima determinare la situazione societaria: è quello il punto fondamentale».

Ci stavamo per arrivare…
«Spesso, dopo una retrocessione, ci sono dei problemi da sistemare: lo spero vivamente, per l'Atalanta e per la famiglia Ruggeri».

Quindi meglio attendere gli sviluppi?
«La storia dell'Atalanta dice che in B la squadra deve provare a vincere, ma ora non si può fare alcun discorso di questo genere: al momento non si sa ancora quali saranno società, allenatore e giocatori».

Ma come si vince un campionato di serie B?
«Il segreto è semplice: servono società, allenatore e giocatori. E per questo motivo, in questo momento, non ci si può sbilanciare in alcun modo».

Ma a livello teorico, di cosa ha bisogno una squadra per un campionato cadetto di vertice?
«È una gara di resistenza nella qualità: la tecnica è importante, ma non è tutto. Il campionato di serie B è da sempre molto difficile».

Eppure si dice che ultimamente si sia molto impoverito.
«Chiacchiere. Ogni anno sento questo refrain, ma non sono affatto d'accordo: la serie B è sempre difficile allo stesso modo».

Per sbarazzarsi di una potenziale pericolosa rivale, sarebbe stato meglio se fosse stato promosso il Brescia al posto del Cesena?
«Ma il Brescia può ancora essere promosso, tramite i playoff».

Sì, ma con Lecce, Brescia e Torino insieme in A, l'Atalanta avrebbe avuto vita più facile…
«Questi discorsi sulla carta non contano un bel niente. Ogni anno, comunque, ci sono sempre le sorprese e l'impresa del Cesena è la dimostrazione: è stato nei quartieri alti fin dall'inizio e si è meritato la promozione».

Mister, ma ci direbbe da quali giocatori l'Atalanta farebbe bene a ripartire?
«In linea generica, serve gente importante e soprattutto motivata. Ma in questo momento non si può parlare di giocatori».
 Matteo Spini

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