Magistrelli: «Nella finale del '63
Bearzot mi faceva soggezione»

Il Bearzot calciatore lo ricorda a pennello Luciano Magistrelli, che lo ha affrontato allo stadio San Siro di Milano nella storica finale del  2 giugno 1963 di Coppa Italia, vinta dall' Atalanta sul Torino.

Il Bearzot calciatore lo ricorda a pennello Luciano Magistrelli, che lo ha affrontato allo stadio San Siro di Milano nella storica finale del  2 giugno 1963 di Coppa Italia, vinta dall' Atalanta sul Torino (3-1 il risultato con tripletta di Angelo Domenghini e rete di Ferrini per i granata).

«Tanto era un autentico signore nella vita di tutti i giorni - racconta Luciano Magistrelli - e tanto era solito trasformarsi non appena l'arbitro dava il via alla gara. Sul terreno di gioco non guardava, proprio, in faccia a nessuno e da classico furlan mostrava un carattere forte e autoritario».

Un attimo di pausa e l'ex attaccante nerazzurro degli anni Sessanta aggiunge: «Nella memorabile sfida di San Siro,  Bearzot era alla fine della carriera, agiva già da classico allenatore in campo impartendo precisi imput ai compagni più giovani pronti, comunque, ad assecondarlo».

«La sua imponente stazza fisica – prosegue - e la durezza dei suoi lineamenti mi hanno non poco intimorito per l'intero arco della partita. Su di me effettuò un paio di interventi, come si suol dire, non certo signorili. Ma me ne guardai bene dal lamentarmi in quanto mi faceva una soggezione incredibile».

E Magistrelli racconta: «Sempre nella partita di Milano, quello che poi sarebbe diventato il commissario della nazionale azzurra interpretava, contemporaneamente, due ruoli: mediano di quei tempi e regista del reparto difensivo. Potete immaginare le imprecazioni rivolte ai suoi colleghi ogni qual volta il Toro subiva da noi i gol. Ma attenzione, al termine dell'incontro ci strinse la mano complimentandosi per l' impresa, visto che non eravamo affatto noi i favoriti della vigilia».

«Conclusa la carriera agonistica - dice l'ex attaccante nerazzurro - non mi meravigliai se intraprese quella di allenatore. Evidentemente, pure in quelle vesti, seppe mettere a frutto le congenite qualità di persona carismatica e competente nel settore specifico. E, non a caso, ci regalò l'indelebile successo nel mondiale dell' '82, in Spagna, dopo un digiuno di quasi mezzo secolo».

Arturo Zambaldo

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