“Grande Bergamo”? Il parere dei sindaci dell’Hinterland

Si o no all’idea di allargare il Comune capoluogo? Ecco come la pensano alcuni sindaci dei paesi interessati

APERTI AL CONFRONTO

Si o no all’idea di una “Grande Bergamo”? Parliamone, rispondono parecchi dei sindaci dell’hinterland, interpellati sulla provocazione lanciata dal prof. Tiraboschi. La maggiorparte dei primi cittadini accetta di condividere una riflessione comune, senza preconcetti o veti aprioristici. E forse perchè – e questo è il primo dato che colpisce - il problema sottinteso da questa proposta è avvertito da tutti: nel nostro mondo globalizzato è difficile dare risposte adeguate alle esigenze dei propri cittadini se si resta chiusi in una logica localistica, solo nella difesa del proprio “campanile”.

Così il sindaco di Stezzano, Simone Tangorra : “Si tratta certamente e in qualche modo di una provocazione, ma ritengo che sia anche un obiettivo a cui tendere, per quanto di difficile realizzazione, e in qualche modo utopico. E’ evidente che in un mondo sempre più interconnesso dove i fenomeni sono sempre più globali, rinchiudersi all’interno di una comunità locale non è la miglior modalità per fare fare massa critica, e riuscire a confrontarsi con i fenomeni del tempo moderno.

Se da una parte, in un mondo sempre più globalizzato, dove i fenomeni sono sempre di dimensioni maggiori, occorre superare in qualche modo i confini dei territori e in particolare dei singoli Comuni, d’altra parte non bisogna nemmeno azzerare quelle che sono le peculiarità dei singoli territori”.

E anche il sindaco di Ranica, Maria Grazia Vergani, ritiene “importante la condivisione di un pensiero su questo tema e quindi fare un ulteriore sforzo verso scelte sovracomunali, che vada oltre gli individualismi, superando le paure del capoluogo accentratore. Molte proposte e molti servizi, già oggi sono e devono essere pensati in logica sovracomunale, pena l’immobilismo e la mancata risposta ai bisogni dei cittadini e della comunità”.

PARTENDO PERO’ DAI PROBLEMI CONCRETI

Ma per i primi cittadini dell’hinterland non si tratta di dire sì o no ad una formula, magari calata dall’alto. La riflessione dei sindaci va allora subito sul perchè e sul come un progetto del genere potrebbe essere attivato.

“Cosa si vuole che sia la “Grande Bergamo?” - si chiede Manuel Preda, sindaco di Villa d’Almè -. “Questo è sicuramente il primo nodo da sciogliere. Se il nostro capoluogo, come suggerito dal prof. Tiraboschi, deve diventare attrattivo, a mio modo di vedere, non è aumentando la massa critica guardando le città vicine. Non dobbiamo “rincorrere” le metropoli rischiando di diventarne una “brutta copia”. Dovremmo invece esaltare le peculiarità di un territorio come il nostro che, rispetto alle grandi città, ancora può definirsi “a misura d’uomo”. Certo: le peculiarità e le eccellenze di un territorio possono resistere e addirittura proliferare purché le istituzioni creino i presupposti perché questo avvenga.”

La realtà purtroppo non sembra mandare segnali incoraggianti, e Preda rimarca: “Se penso alla connessione della nostra zona Nord-ovest alla città, e non solo, la situazione non è certo da “grande Bergamo”, direi più da Bergamo prima metà del ‘900. Se vogliamo attrarre i giovani, o perlomeno tenere stretti quelli che abbiamo, non possiamo certamente dar loro la prospettiva di una vita “in colonna” nella quale mediamente si buttano 2-4 ore di trasferimento casa/lavoro tutti i giorni. Dobbiamo far sì che le attività produttive possano esistere da Bergamo a Mezzoldo o Fuipiano”.

UN PO’ DI STORIA: IL TEMA NON E’ NUOVO

Il tema della città allargata non è certamente nuovo, e molti primi cittadini dell’hinterland lo sanno bene: “Il tema della “Grande Bergamo” è stato discusso in più occasioni – ricorda Alessandro Colletta, sindaco di Orio al Serio - ed è stato rincorso o comunque si è cercato di mettere a terra da almeno tre Amministrazione negli ultimi 20/25 anni. In realtà non si è mai raggiunta un’intesa tra capoluogo e Comuni dell’hinterland, a mio parere, perché è sempre emersa una certa diffidenza da parte dei Comuni nei confronti delle proposte di Bergamo, che giocoforza si propone sempre come parte predominante; ovvero sul piatto non sono mai stati ben definiti i vantaggi che scaturirebbero da questa specie di accordo amministrativo per i Comuni più piccoli.”

Anche per il sindaco di Azzano, Lucio De Luca, questo è un tema ricorrente, ma il problema decisivo resta quello del contenuto: “Quello della Grande Bergamo è un tema che periodicamente le varie amministrazioni che si succedono ripropongono e personalmente ritengo che non sia scevro di elementi anche affascinanti. In tal senso non sono aprioristicamente contrario ma ad oggi non mi è ancora capitato di vedere un progetto strutturato, coerente e in apparenza efficace.

La mia impressione è che sia un argomento che viene sempre affrontato, come spesso accade nel nostro paese, al contrario: si parte dalla scatola e non dai contenuti. Accade quindi che si individuino il soggetto e i comuni da inserirvi per vicinanza ma si valutano con minor attenzione le funzioni e i servizi da condividere e la progettazione del territorio.”

MOLTE LE CRITICITA’ DA AFFRONTARE

Schietto il parere di Camillo Bertocchi, primo cittadino di Alzano Lombardo : “Non sono un grande sponsor della Grande Bergamo, ma non lo dico in senso assoluto.
La provincia bergamasca sta soffrendo dell’attrattività del capoluogo causata anche dalla centralizzazione dei servizi con riflessi sulla demografia e la mobilità, mentre ritengo che sia il policentrismo dei servizi, ancorché in rete tra loro, la soluzione per garantire massa critica attraverso equilibrio demografico (per quanto possibile) e appetibilità a tutti i territori della provincia.
Mi riferisco ad esempio al sistema universitario, agli istituti professionali e agli Istituti di formazione terziaria che nella terra bergamasca dovrebbero essere presenti in modo copioso. La difficoltà a trovare giovani da inserire nel sistema produttivo penso però sia più legata al modello sociale proposto oggi ai nostri giovani, figlio della terzializzazione del nostro tempo e della formazione eccessivamente accademica e poco operativa.”

La perplessità più grande degli amministratori ruota attorno al tema dei servizi e delle infrastrutture. Senza un vero decentramento dei servizi, il solo allargamento del Comune di Bergamo potrebbe portare più svantaggi che vantaggi. Per De Luca (Azzano) ci sono varie criticità, “la principale delle quali è relativa alle infrastrutture e la mobilità: senza un adeguato e fluido sistema viario, senza una efficiente e capillare rete dei trasporti, senza un sufficiente numero di parcheggi a prezzi accessibili il risultato potrebbe essere quello di una realtà estremamente congestionata.
Questo aspetto collegato alla logica di fondo della Grande Bergamo, cioè che il capoluogo debba essere il vero polo attrattivo, rischia di trasformare i comuni limitrofi in periferie sempre più simili a quartieri-parcheggio/dormitorio.
Pensare a un centro abitato di circa 500.000 persone significa progettare con tutte le Amministrazioni coinvolte in modo coordinato, condiviso ed equilibrato, promuovendo la delocalizzazione funzionale più che l’accentramento, distribuendo infrastrutture, verde e servizi equamente su tutto il territorio. Un punto di incontro molto complicato.
Infatti anche nella bergamasca, spessissimo la dimensione del piccolo/medio Comune permette di fornire ai cittadini servizi più efficienti e rapidi rispetto alla grande città; occorre quindi fare tesoro di questo patrimonio, e conservarlo, ragionando più sulle economie di scala realizzabili con la condivisione dei servizi più onerosi.”

E anche per Vergani (Ranica) quello della Grande Bergamo è un tema ricorrente: “Presenterebbe indubbi vantaggi che tuttavia andrebbero declinati. Presenta anche svantaggi: la perdita di quel poco o molto di identità che faticosamente si costruisce con una rete di relazioni e servizi. Ed è quello che maggiormente temo con l’allontanamento dei centri decisionali sulle politiche territoriali.
Per quanto riguarda il reperimento di giovani per il sistema produttivo bergamasco a mio avviso va fatto un ragionamento su diversi temi: dalla casa, alla programmazione della rete e dell’offerta formativa, agli spazi lavorativi, ai servizi, ai collegamenti.”

LA PAURA DI PERDERE LA PROPRIA IDENTITA’

Insieme al tema vantaggi/svantaggi di una città allargata, è poi inevitabile che negli amministratori dell’hinterland emerga un’altra grande paura: quella di essere fagocitati dal Comune capoluogo, e perdere così la propria identità.

Come ammette Francesco Bramani, sindaco di Dalmine : “Ipotizzare una Grande Bergamo può risultare un compito arduo, poiché ogni Comune desidera mantenere la propria identità e anche all’interno dei singoli comuni, spesso suddivisi in quartieri come per l’appunto Dalmine, questa questione può risultare ancora più complicata.”

Stessa lunghezza d’onda per Colletta (Orio): “Io penso che in assenza di leggi che regolino o impongano fattispecie come la Grande Bergamo, l’unica modalità ad oggi perseguibile sia una convenzione tra Enti che consenta di gestire e coordinare omogeneamente la maggior parte dei servizi offerti ai cittadini; questo perché è necessario garantire l’autonomia dei singoli Comuni.
E’ inutile nascondersi dietro giri di parole, siamo l’Italia dei Comuni e tutti sono gelosi della propria storia, del proprio campanile, delle proprie piazze e delle loro tradizioni e, salvo interventi legislativi centrali, ad oggi non è possibile ottenere una sorta di unico elemento Amministrativo sovracomunale senza ledere l’autonomia dei singoli Comuni.”

UN NUOVO RUOLO PER LA PROVINCIA?

Sono criticità e diffidenze che convivono, in ogni caso, con la convinzione di una necessaria maggior collaborazione tra i diversi Enti, anche perchè – e molti vi fanno riferimento – si avverte la mancanza di un ruolo di coordinamento e programmazione che nel passato veniva svolto in parte dall’Ente Provincia. Una collaborazione richiesta su molti temi, dalla sicurezza alla pianificazione territoriale o ai trasporti pubblici. Un concetto ribadito da Bertocchi (Alzano): “Resta inteso che una regia in grado di governare questo processo policentrico sarebbe non utile ma indispensabile, una regia dal carattere inclusivo e con capacità programmatoria: la nuova Provincia riformata?

Ancora Tangorra (Stezzano): “Ben venga la “Grande Bergamo”, o chiamiamola come vogliamo questa realtà comunale, sovra-territoriale: io sono sempre un fautore della collaborazione tra territori contigui, la collaborazione, come dire, degli strumenti che mettono in contatto i territori perchè gli stessi tendano ad un unico obiettivo, che sia confacente agli interessi del territorio in senso più ampio. D’altra parte però non deve essere neanche una modalità perchè la città diventi in qualche modo l’unico centro di riferimento, la testa alla quale affluiscono tutte le risorse, e dove si prendono tutte le decisioni, con i paesi dell’hinterland che diventano a livello gestionale delle mere periferie: non sarebbe assolutamente la strada a cui tendere.
Quindi: ben venga in qualche modo una modalità operativa, e anche amministrativa se ci sono gli strumenti, per creare una composita compartecipazione dei vari Comuni e delle varie realtà territoriali verso quello che è un obiettivo più grande, d’altra parte che questo non comporti l’azzeramento delle singole specificità che poi sono quelle che rendono ricco il territorio della provincia di Bergamo, anche dell’hinterland cittadino.”

Preoccupazioni su cui si sofferma anche De Luca (Azzano): “Un altro aspetto da considerare è l’attaccamento che hanno oggi i cittadini verso il proprio Comune e la vicinanza coi propri amministratori, e spesso non sono molto ben disposti ad accettare cessione o accorpamento di poteri e servizi. In effetti ci sono vere e proprie eccellenze e l’ente locale medio/piccolo è spesso laboratorio per nuove buone pratiche.
Inoltre non sono del tutto convinto che i giovani oggi cerchino veramente le metropoli e i grandi centri abitati, anzi, credo che oggi vogliano sempre più città di dimensioni minori ma più vivibili, moderne e innovative, con un maggior livello di servizio. Prediligono il lavoro da remoto, magari si spostano meno volte ma quando lo fanno lo vogliono fare in modo più veloce ed economico. Questa penso sia la vera sfida, soprattutto ora che ci affacciamo a una nuova contrazione della spesa con la reintroduzione del Patto di stabilità.

Esisteva già un ente superiore efficiente nella bergamasca, con il quale si riusciva a far sintesi delle necessità degli enti locali, la Provincia, ma con il venir meno del soggetto politico, la prima cosa che si è persa è la programmazione strutturata del territorio; forse conveniva potenziare quella. Tuttavia un progetto che si ispirasse alle buone pratiche delle città europee minori, penso non solo al nord ma anche, ad esempio, a molti centri dell’ex blocco sovietico (Polonia, Ungheria, Romania…) oggi giovani e modernissimi, potrebbe essere interessante: potrebbero essere buoni modelli su cui ragionare. “

A tema ritorna la necessità di una collaborazione tra enti diversi, che in alcune zone è già oggi una esperienza concreta. Come ad esempio ricorda Preda (Villa d’Almè): “Per quanto riguarda tutta la parte burocratico/amministrativa, Villa d’Almè da oltre 20 anni fa parte di un’Unione di Comuni con il limitrofo paese di Almè e, seppur con dimensioni molto ridotte rispetto al progetto proposto, conosce bene sia le difficoltà che i vantaggi di gestione di una forma associata. Pertanto occorrerebbe lavorare su tutti quegli aspetti/vincoli burocratici (non secondari) che potrebbero rischiare di ingessare il nuovo Ente, se di ente si parlerà. In conclusione non vi sono certamente preconcetti riguardo un approfondimento, e su questo sviluppare delle proposte che possano valorizzare il nostro territorio e di conseguenza tutte le sue realtà...: parliamone.”

UN PROCESSO DA AVVIARE

E proprio Massimo Bandera, sindaco di Almè, sembra non avere dubbi sull’importanza che questo processo si avvii, forte anche di una esperienza amministrativa vissuta in contesti diversi, prima come assessore del Comune di Bergamo, poi assessore in un grande Comune, a Seriate, ed attualmente primo cittadino di una realtà più piccola, Almè: “Penso che i tempi sono maturi per cercare di avviare un progetto di area metropolitana rimasto da sempre solo sulla carta, salvo sporadici e timidi tentativi proposti dalla giunta cittadina ma che non sono stati capaci di coinvolgere i comuni. Ci sono temi di estrema importanza quali la viabilità, il trasporto pubblico, la qualità dell’aria e la sicurezza che se coordinati e gestiti su scala metropolitana porterebbero portare significativi benefici a tutti. A tal riguardo il riaffermare del ruolo strategico delle province potrà essere sicuramente da stimolo a tale progetto. Dopo la prossima tornata elettorale di giugno mi auguro che la nuova amministrazione cittadina possa rilasciare il progetto avviando momenti di confronto con le nuove amministrazione dell’hinterland che si insedieranno. Bisogna avere un approccio più concreto: saper coinvolgere tutti allo stesso livello indipendentemente dalle dimensioni del Comune, evitando gli errori del passato, quali ad esempio la gestione del progetto rotatorie di Ponte secco. Nella mia esperienza amministrativa quasi trentennale - che mi ha permesso di amministrare il comune capoluogo, un comune grande come Seriate e ora un comune piccolo - ho imparato che è importante creare le relazioni con gli amministratori: fare gioco di squadra ma soprattutto fissare obiettivi realistici.”

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