A 29 anni a Dubai, Paolo è vice segretario
della Camera di Commercio

La storia Paolo Nazzari, 29 anni, ha trascorso l’infanzia in Borgo Santa Caterina in città. Dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza all’Università degli studi di Bergamo, si è poi specializzato frequentando un master all’Università Cattolica di Milano in Relazioni internazionali. Oggi è vice segretario generale della Camera di Commercio italiana a Dubai. Negli Emirati Arabi ha iniziato a lavorare per la Camera di Commercio italiana come Business development manager, gestendo gli studi di mercato e l’avviamento di progetti di internazionalizzazione delle aziende italiane. Oggi è impegnato a sovrintendere i progetti di internazionalizzazione di impresa: fa da intermediario tra imprese italiane ed Emirati Arabi. «Vivo a 40 gradi. Di Bergamo? Manca anche la pioggia»

Da Borgo Santa Caterina a Dubai il passo è stato breve per il 29enne Paolo Nazzari, che oggi ricopre l’incarico di vice segretario generale alla Camera di Commercio italiana a Dubai.

Qual è stato il percorso che da Bergamo l’ha portata negli Emirati Arabi?

«Si puoi dire che io sia, in un certo senso, un bergamasco adottivo; sono infatti in realtà nato a Trieste, dove ho vissuto per un brevissimo periodo della mia vita per poi trasferirmi a Bergamo, città che mi ha visto crescere e che indubbiamente identifico come casa. Qui sono cresciuto nel quartiere di Santa Caterina, frequentando l’oratorio, punto di incontro e luogo di riferimento per tutti i ragazzi della zona, così come le scuole. In città sono rientrato per l’università, dove ho conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza, dopo aver frequentato le scuole superiori al Cairo, in Egitto. In seguito ho deciso di perfezionare la mia formazione con un master post laurea alla Cattolica di Milano, in relazioni internazionali. Devo dire che i percorsi di formazione hanno giocato sicuramente un ruolo determinante nell’attuale esperienza professionale».

«Gli Emirati Arabi sono una realtà molto diversa da casa e dalla nostra cultura, ma contemporaneamente è in grado di dare straordinarie possibilità ai giovani, responsabilizzandoli, valorizzandoli e dando loro una centralità»

Di cosa si occupa in particolare nella Camera di Commercio a Dubai e cosa si è portato da Bergamo?

«Gli Emirati Arabi sono una realtà molto diversa da casa e dalla nostra cultura, ma contemporaneamente è in grado di dare straordinarie possibilità ai giovani, responsabilizzandoli, valorizzandoli e dando loro una centralità. Qui ho iniziato a lavorare per la Camera di Commercio Italiana come Business Development Manager, gestendo sostanzialmente gli studi di mercato e l’avviamento di progetti di internazionalizzazione delle aziende italiane interessate ad approcciare il mercato emiratino. Da quasi un anno ricopro invece la posizione di Vice Segretario Generale, svolgendo un ruolo di intermediazione tra Istituzioni locali ed italiane. Inoltre sono impegnato a sovraintendere processi e progetti di internazionalizzazione di impresa, insieme al nostro straordinario team, quest’anno specificatamente in chiave di Expo Dubai. In tutto ciò cerco di portare la passione, l’etica professionale e la dedizione tipica dei bergamaschi, mettendola a disposizione del sistema Paese, delle piccole medie imprese italiane e degli imprenditori».

Cosa la affascina di più del suo lavoro?

«Credo che uno degli aspetti più affascinanti di questo lavoro stia negli enormi margini di crescita, umana e professionale, ai quali si è sottoposti relazionandosi con professionisti di diversi paesi e culture. Questo lavoro consente di essere infatti esposti ad un continuo arricchimento esperienziale, determinante per la crescita professionale».

Quando è stato l’ultima volta a Bergamo?

«Sono riuscito a tornare a casa lo scorso agosto, dopo esattamente un anno di assenza. La pandemia ci ha infatti costretto qui e non abbiamo potuto fare altro che sperare in un miglioramento dopo mesi di preoccupazione per familiari ed amici».

«A mancarmi sono in realtà le cose più semplici: l’aperitivo fatto in piazza, il pranzo della domenica, la passeggiata in centro o in Città Alta, ma anche il verde e persino ogni tanto la pioggia, cose che purtroppo, in un Paese dove per quasi sei mesi all’anno ci sono più di 40 gradi, non è facilissimo fare o trovare»

Cosa le manca di più della sua terra?

«A mancarmi sono in realtà le cose più semplici: l’aperitivo fatto in piazza, il pranzo della domenica, la passeggiata in centro o in Città Alta, ma anche il verde e persino ogni tanto la pioggia, cose che purtroppo, in un Paese dove per quasi sei mesi all’anno ci sono più di 40 gradi, non è facilissimo fare o trovare».

Come ha vissuto i tragici momenti della pandemia da lontano?

«Il periodo della pandemia è stato sicuramente difficile e vissuto nell’impotenza della distanza. L’emergenza sanitaria rimane indelebilmente legato alle tristi immagini che ormai conosciamo tutti e che hanno fatto il giro del mondo. Da qui null’altro è stato possibile fare, se non sperare che il tutto potesse passare il prima possibile. Credo proprio che i momenti più bui e difficili abbiano però messo in evidenza quanto sia grande la forza dei bergamaschi: un popolo che ha sofferto con enorme dignità e che con la schiena dritta e senza troppi proclami si è prontamente rialzato per ripartire».

Quali sono i suoi progetti per il futuro?

«Credo che il futuro, quantomeno quello prossimo sia ancora qui, con l’obiettivo di crescere professionalmente e contribuire alla promozione del Made in Italy e alla valorizzazione delle nostre eccellenze in questa parte di mondo. L’auspicio è poi chiaramente quello di poter tornate a casa, un giorno, con la speranza di portare qualcosa di nuovo, di utile e di funzionale alla crescita della nostra bellissima città e delle sue aziende».

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