«Distribuivo bevande a Bariano, ho ripreso gli studi e ora mi occupo di marketing digitale a Stoccolma»

LA STORIA. Consegnava acqua e vino e una ditta di Bariano quando ha capito che quella vita gli stava stretta ed è tornato sui banchi di scuola. Si è iscritto all’università e si è laureato in Scienze della comunicazione. Non ha mai avuto paura di cambiare Paolo Corna, 45 anni, della Bassa bergamasca.

Dopo il titolo accademico ha deciso di trasferirsi in Svezia per lavorare all’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Ha imparato lo svedese e si è specializzato nel marketing e oggi è cresciuto professionalmente fino a diventare Value stream operations leader di «Remotion», una società di marketing di Stoccolma.

«Sono stato a Bariano fino al 13 settembre del 2003 – racconta Paolo Corna –. La mia vita

lavorativa ha subìto parecchi e a volte anche repentini cambiamenti. Nel 2001 consegnavo acqua e vino per una ditta del mio paese e ho deciso di iscrivermi all’università. Mi sono laureato in Scienze della comunicazione a Parma nel 2008 con una tesi in Filosofia del linguaggio su George Orwell: mi mantenevo facendo il barista la sera».

«Un giorno, mentre ero in Università, ho letto di un concorso per tirocinio all’estero in cui potevo scegliere tra quattro città – ricorda –: una sopra il Circolo polare artico, Jokkmokk; una vicino a Göteborg, Vanersborg; poi c’erano Stoccolma e Helsinki. Sono finito a Stoccolma e ho iniziato a lavorare per l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Mi sono occupato per un po’ delle regioni nordiche: i Paesi baltici, la Scandinavia e l’Islanda».

Sono passati 15 anni dal trasferimento a Stoccolma. «All’inizio è stato tremendo come impatto perché venivo da una stagione di lavoro in Sardegna come barista, dove lavoravo in discoteca, e sono arrivato qui e parlavo a stento inglese, c’era tanto buio, la crisi economica e vivevo in affitto in una stanza di una signora anziana. Una situazione completamente diversa da quella da cui provenivo». La svolta per Paolo arriva quando decide di studiare lo svedese. «Dopo due anni posso dire che è partita la mia vera carriera qui a Stoccolma. Sono uscito dall’Ice e sono entrato nel mondo del mercato del lavoro svedese. Ho capito che la lingua inglese era una discriminante per me, perché ero in competizione con i madrelingua inglesi e allora ho deciso di studiare lo svedese. Ho fatto una scuola per immigrati, che la Svezia offre gratuitamente a chi arriva qui, e per me è cambiato tutto: parlando lo svedese sono cambiati i rapporti di lavoro e venivo visto ancora di più di buon occhio, così ho iniziato a lavorare nel marketing digitale».

Paolo, dopo aver ricoperto davvero tanti ruoli in diverse aziende, adesso ricopre il ruolo di Values stream operations leader di «Remotion». «Sono un consulente senior in marketing digitale – spiega Paolo Corna –. Con la mia azienda aiutiamo le grandi aziende con minimo cinquanta milioni di euro di fatturato annuo nell’ottimizzare il proprio marketing e le azioni sulle varie piattaforme digitali. Io in particolare baso le mie strategie sui dati che le aziende stesse raccolgono. I dati non sono altro che la raccolta dei comportamenti della gente: è quello che la gente ci dice di fare ergo, ad esempio, se una persona non apre la mail, faccio in modo di fargli arrivare il messaggio attraverso altri canali. Il tutto sempre con moderazione e nel rispetto della privacy. Se uno non vuole nulla, non riceverà nulla. Ovviamente il mio lavoro è molto più complesso di ciò in quanto lavoro con Crm, Marketing automation e Intelligenza artificiale. Inoltre sono anche un coach».

In Svezia Paolo ora si sente a casa anche se Bergamo e l’Italia mancano sempre. «Dopo quindici anni fuori dal Paese mi rendo conto che l’Italia che ho lasciato non esiste più e anche io non sono più la persona che ero quando sono partito. La cosa più difficile del vivere qui non è il buio o l’inverno, perché abbiamo di contro tante vacanze e tanta natura. Il problema che sento maggiormente è che non esiste l’estate a volte, come questa estate ha piovuto sempre e quindi non c’è stata una vera e proprio estate. Inoltre, un’altra cosa difficile è la quasi assenza di socialità degli svedesi. È una socialità diversa dalla nostra italiana. Quando hai imparato la loro lingua, che è decisamente ostica, capisci la cultura dietro la lingua che è molto più importante della lingua stessa. Qui ad esempio c’è una legge non scritta, la “Legge di Jante”, che sottende un modello di comportamento che, all’interno delle comunità scandinave, critica e ritrae negativamente, come inappropriate, le realizzazioni individuali e il successo del singolo».

«Sono dieci regole e si possono sintetizzare in “nessuno è migliore di un altro”, è una delle regole base svedese. E questa è una cosa diversa rispetto alla nostra cultura. Essere italiani in Svezia non è facile. In America, ad esempio, essere un genio ti aiuta e se sei una schiappa ti scartano: per certi versi è più cinica ma anche meritocratica. Qui no: c’è la paura del conflitto, del dirsi le cose in faccia». Le differenze e difficoltà incontrate in Svezia, Paolo le ha anche messe nero su bianco. «Ho scritto una poesia che si chiama “Gli impermeabili” perché racconta che gli svedesi non permeano. Se vuoi metterli in difficoltà rispondi al “Come stai?” in modo diretto, puoi dire “Sto male” o altro e per loro sono già troppe informazioni».

«Sono un appassionato lettore e mi diverto anche a scrivere poesie, ma anche a collezionare vino. Mio padre lavorava per le “Arti grafiche” a Bergamo e mi regalava tanti libri. Sono cresciuto nel mito di Pablo Neruda, sono andato in Cile a vedere le sue case, ci ho lasciato il cuore. A quindici anni è iniziata la passione per la poesia, poi in università ho studiato tanti poeti, Pasolini, Campana, Sanguineti e tanti altri. Mi piace molto tutta la corrente minimalista, Ungaretti e Montale, i poetici ermetici, gli scapigliati, la decadenza francese, il coreano Ko Un, Octavio Paz, lo svedese premio Nobel Thomas Tranströmer. Nel corso degli anni ho trovato un mio stile e sto trovando il coraggio di pubblicare un mio volume di poesie su Amazon: mi farò marketing da solo per fare in modo che qualche casa editrice mi scopra. È un salto molto importante perché sono legato all’idea romantica di essere pubblicati ma i tempi cambiano e io mi adatto. Probabilmente è proprio questo il mio motto: adattarsi. Il libro si chiama “A nord di Smygehuk”, che è un punto geografico (sono sempre stato interessato anche alla geografia). È il punto più a sud della Svezia e io ho scritto tutte le poesie del volume a nord di quel punto. Ecco il perché del titolo».

E il futuro? «La Svezia è una società comunque in divenire. Io non tornerei in Italia perché da genitore (ho una figlia, Emma Frida, di otto anni) il welfare, lo stipendio, lo sviluppo personale, la scuola per i bambini funziona bene (la maggior parte delle scuole a Stoccolma si basano sul metodo Montessori o Reggio Emilia), quindi non tornerei mai per questo. Non perché l’Italia sia meglio o peggio della Svezia ma perché il luogo qui fa più al mio caso. Per fare una battuta: se Luca Percassi mi chiamasse tornerei subito».

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