Nel ristorante stellato a New York «con i segreti di nonna Lidia»

Alessandro Cornali Da Almenno San Bartolomeo a 25 anni chef per il due stelle Michelin di Dan Barbe. Da papà Mario al «Collina» a Yannick Alléno a Parigi.

Da Almenno San Bartolomeo ai ristoranti stellati più famosi al mondo. Il passo è stato breve per Alessandro Cornali, che a soli 25 anni sta inanellando grandi successi nel panorama della ristorazione internazionale. Ora per lui è pronta una nuova avventura negli Stati Uniti, vicino a New York, dove entrerà a far parte di una brigata di cucina del due stelle Michelin «Blue Hill at Stone Barns» dello chef Dan Barber. Figlio d’arte (il papà Mario gestisce il ristorante «Collina»), Alessandro cresce in cucina con la nonna Lidia sin da piccolo. Ma la decisione di intraprendere la strada dello chef arriva solo durante l’adolescenza. Dopo aver studiato all’Alberghiero di Nembro, Alessandro Cornali parte per importanti esperienze in importanti cucine stellate. A Parigi diventa allievo di Yannick Alléno, uno dei più importanti chef di Francia con sei stelle Michelin nella sua carriera, che gestisce i ristoranti Pavillon Ledoyen e L’Abysse a Parigi e Le 1947 a Courchevel.

Il giovane bergamasco vive parte del lockdown sanitario a Parigi. Nei primi mesi della pandemia Alessandro rientra a Bergamo e insieme alla sua famiglia realizza colombe pasquali che verranno consegnate di casa in casa a una comunità impossibilitata ad uscire di casa. Da questa esperienza nascerà anche il libro «La dispensa del giorno prima», scritto da papà Mario per raccontare le emozioni vissute nel periodo peggiore per la Bergamasca. Tornato in Francia, il pensiero porta ancora a casa, dove il virus sta colpendo duramente tutta la popolazione, mentre nella cucina stellata del Ledoyen si sperimentano nuovi piatti e il locale organizza banchetti privati per poter proseguire l’attività.

Come è iniziata la sua passione per la cucina?

«Devo confessare che fino a 15 anni non avevo mai preso in considerazione questa professione. Mi sono iscritto all’istituto alberghiero ma all’inizio frequentavo più per il dovere di farlo. La passione è nata grazie a mia nonna Lidia e intorno ai 17 anni ho iniziato a seguire i grandi chef trovando in loro grandi ispirazioni».

Da quel momento è iniziato un percorso stellato nei migliori ristoranti in Italia e all’estero.

«Come prima esperienza ho lavorato al Mudec con Enrico Bartolino, poi da Massimiliano Alajmo a Le Calandre e al ristorante Quadri di Venezia. A questo punto ho voluto scoprire la grande cucina classica oltralpe e le tecniche dei francesi. Sono arrivato al tristellato Pavillon Ledoyen di Yannick Alléno nel 2019 e dopo due anni ero capo partita per quanto riguarda i piatti di pesce».

In mezzo c’è stata la pandemia che ha colpito tutto il mondo e Bergamo in particolare.

«In Francia il pensiero correva spesso a casa. Dopo giornate di super lavoro sentivo mio papà ed era angosciante sentirsi raccontare certe esperienze. Io a Bergamo sono stato un paio di mesi, giusto tra marzo ed aprile 2020 e sono ripartito prima che chiudessero tutto. Sono state settimane che non dimenticherò mai. In quei giorni, con mio papà e mio zio Giovanni, lavoravamo in una sorta di bolla surreale per sfornare colombe dalle 8 di mattina alle 4 di notte. Mio papà prendeva le colombe e le consegnava di casa in casa con guanti in lattice, mascherina e bottiglie di alcol in auto per disinfettare qualsiasi oggetto, mentre mia nonna cuciva a mano le mascherine. Ogni cliente raccontava le sue storie ed esperienze legate alla pandemia, così è nato il libro «La dispensa del giorno prima», dove mio padre ha raccontato i cento giorni nella terra più colpita al mondo dal Coronavirus. Tornato a Parigi abbiamo sempre lavorato, soprattutto per banchetti privati a domicilio e la testa è rimasta bella impegnata».

Qual è il suo stile di cucina?

«In Francia ho imparato moltissimo con preparazioni espresse. Personalmente non mi piace mettere tanti elementi nel piatto, basta un buon pesce cotto alla perfezione e abbinato ad una salsa eccellente per appagare i commensali».

E ora parte una nuova avventura oltreoceano.

«Nei prossimi giorni partirò per gli Stati Uniti. A livello emotivo è stata molto dura lasciare Parigi, città che ho amato dal primo all’ultimo giorno, ma sentivo il bisogno di vedere qualcos’altro e di totalmente diverso. Negli States, al «Blue Hill at Stone Barns», avrò modo di portare il mio bagaglio di cultura francese e imparare molto con una cucina molto vegetale in una farm che produce internamente tutti i prodotti, dal latte al grano per il pane».

Cosa manca di Bergamo quando si è all’estero?

«Al di là di famiglia e delle amicizie, io sono un grande amante della montagna, luogo che mi dà pace. Dal Linzone alle valli bergamasche trovo luoghi unici dove riflettere e riposarmi. Devo dire che Bergamo fuori dai confini nazionali è molto più apprezzata di quello che immaginiamo. Ho portato alcuni colleghi in visita ed è piaciuta moltissimo».

Quindi nel suo ruolo di chef bergamasco in giro per il mondo riesce anche a fare da ambasciatore del nostro territorio .

«È un grande piacere perché la nostra provincia merita veramente di essere conosciuta e apprezzata. Viviamo in una terra fantastica, ricca di prodotti unici e la conferma arriva proprio da visitatori e turisti stranieri che, una volta conosciuta la realtà orobica, tornano molto volentieri e la consigliano. Grazie anche all’aeroporto di Bergamo, che macina record su record, abbiamo una porta aperta sul mondo».

Al netto delle numerose esperienze stellate, sia in Italia che all’estero, dove si vede in futuro e qual è il suo sogno nel cassetto?

«Il percorso di studi e le fantastiche esperienze che sto facendo in diversi Paesi hanno l’obiettivo di fornirmi un bagaglio culturale che mi permetta un domani, non so ancora quando, di tornare a casa. Il sogno è dunque quello di costruire un percorso che mi riporti a Bergamo con le conoscenze necessarie per poter fare la differenza. Per fare questo passo occorre sentirsi pronti, mentre ora sono concentrato sugli States dove approfondirò tanti nuovi aspetti e preparazioni in cucina che mi serviranno certamente in futuro».

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