«Precaria in Italia, ora insegno in una scuola bilingue a Sydney»

LA STORIA. Alice Oldoni ha lasciato Bergamo e le supplenze brevi per trasferirsi nel 2013 in Australia e imparare l’inglese. Lì ha trovato un lavoro stabile ed è nata la sua famiglia.

Delusa e amareggiata dalle difficoltà di essere un’insegnante precaria in Italia, decide di partire per l’Australia. È l’incipit della storia di Alice Oldoni, 38enne di Mozzanica, che dal 2013 vive nella terra dei canguri. Lì ha creato la sua famiglia, insieme a Marco (bergamasco di Treviglio): è infatti mamma di Jodie, 4 anni, e di Romeo, nato a inizio 2025.

«Ho studiato Scienze della formazione primaria all’Università di Milano Bicocca – racconta – e mi sono laureata nel 2011, anno in cui iniziai a fare supplenze brevi nella scuola primaria sia come insegnante di classe, sia come insegnante di sostegno. Ho poi sempre lavorato qua e là nelle scuole, senza però avere alcuna certezza riguardo il futuro. Sempre in quel periodo inoltre, non ero riuscita a superare il concorso per diventare insegnante di ruolo, perché non conoscevo le leggi che regolamentano la maternità degli insegnanti. Ero amareggiata, e iniziai a informarmi per insegnare all’estero. La prima scelta fu la Svizzera, e riuscii a ottenere il riconoscimento di diploma d’insegnamento svizzero. Volevo però rendere più fluente il mio inglese così, complici anche alcuni eventi personali accaduti in quel periodo, decisi di partire alla volta di un paese anglofono, e la scelta ricadde sull’Australia. Era luglio 2013 quando misi piede a Sydney, e l’idea era di stare un periodo ma poi rientrare e andare in Svizzera a insegnare».

Istruttrice di nuoto

In realtà poi le cose si sono evolute molto in fretta, e in modo completamente inaspettato per la 38enne. Complice anche l’amore. «Potevo avere la possibilità di insegnare in una scuola bilingue italiana proprio in Australia – prosegue –, ma serviva la residenza permanente australiana, così ho fatto di tutto per ottenerla, e ci sono riuscita. Per questo ho lavorato per molto tempo come istruttrice di nuoto, altra mia grande passione, e alla fine a dicembre 2016 arriva. Qualche mese dopo inizio a lavorare part time presso la scuola bilingue italiana, successivamente divento coordinatrice del doposcuola e poco prima di Natale 2018 mi offrono un posto fisso. Proprio in quel periodo in realtà ero intenzionata a rientrare in Italia, perché da un po’ di tempo avevo una relazione a distanza con Marco, vecchia conoscenza della scuola media di Treviglio, ma dinnanzi a quell’offerta non potevo rifiutare».

La famiglia si allarga

«Così il giorno di San Valentino del 2019 Marco si trasferì a Sydney definitivamente. Oggi abbiamo due bambini, e ho un contratto permanente come insegnante di italiano nella stessa scuola. Sono quasi perfettamente bilingue, ho due passaporti (sono diventata formalmente cittadina australiana nel 2019), mentre Marco oggi fa l’agente immobiliare e io ho il lavoro dei miei sogni che mi fa sentire sempre un po’ a casa. La nostra scuola è veramente speciale, è una piccola comunità italiana lontana da casa ma a casa, è difficile da spiegare. Soprattutto perché la maggior parte delle famiglie non sono nemmeno completamente italiane, o addirittura non lo sono per niente. Ci sono famiglie australiane con nonni italiani emigrati qui negli Anni Sessanta, famiglie con solo la mamma o solo il papà italiani, famiglie asiatiche, spagnole, venezuelane e provenienti da tante altre parti del mondo, che hanno scelto questa scuola per studiare la lingua italiana come seconda o addirittura terza lingua, vuoi per passione o amore per l’Italia, o semplicemente per un’educazione bilingue, così importante al giorno d’oggi».

Studenti da tutto il mondo

«Siamo una comunità multietnica che condivide l’amore e la passione per la lingua e la cultura italiana. Le mie migliori amiche sono le mie colleghe e vedere mia figlia (e presto anche mio figlio) crescere bilingue in questo Paese meraviglioso, è la cosa che mi rende più felice e orgogliosa del percorso che ho fatto».

«Dell’Australia apprezzo molto le infinite opportunità di lavoro, ma anche di vita e di crescita»

L’idea di rientrare in patria non è tra i progetti di Alice e della sua famiglia. «Né io né Marco vorremmo tornare a vivere in Italia – confessa –: rientriamo ogni tanto per passare del tempo con le nostre famiglie, e con gli amici che si sono sempre tenuti in contatto con noi durante tutti questi anni. Ovviamente si sente la mancanza degli affetti più cari, ma la tecnologia aiuta, e anche qui abbiamo creato legami importanti con alcune persone, come se fossero una seconda famiglia. Abitiamo a Dee Why, un sobborgo delle Northern Beaches, che si trova a circa 25 chilometri dal centro di Sydney. Il nostro appartamento è a soli 10 minuti a piedi da una delle spiagge più belle di Sydney (Dee Why Beach), e quando non lavoro praticamente sono in ferie».

La bellezza di Dee Why Beach

«Dell’Australia apprezzo molto le infinite opportunità di lavoro, ma anche di vita e di crescita. Gli stipendi sono adatti al costo della vita che, anche se è più alto rispetto all’Italia, ci permette comunque di risparmiare facilmente per tornare in Italia almeno una volta ogni anno e mezzo (i voli costano tantissimo rispetto a prima del Covid, per tornare in quattro a Natale quest’anno dovremo pagare 10 mila dollari australiani, ossia circa 6mila euro), di non far mancare assolutamente niente ai nostri bambini, e a noi stessi di goderci uscite, cene e piccole vacanze fuori porta senza dover preoccuparci di non riuscire ad arrivare a fine mese. Apprezzo moltissimo anche il senso di sicurezza qui a Sydney».

La porta di casa aperta

«Negli anni spesso mi sono ritrovata a tornare a casa da sola, con i mezzi pubblici o con un Uber nel mezzo della notte, e mai mi sono ritrovata in situazioni spiacevoli o di pericolo. Ancora oggi i nostri genitori quando vengono qui a trovarci faticano a credere che, per esempio, durante il giorno lasciamo tranquillamente la porta di casa aperta (non chiusa a chiave), che quando non ci serve più qualcosa, invece di buttarla via, la lasciamo appena fuori casa in caso possa essere utile a qualcun altro, o che le persone si mettano in fila uno per uno per salire sul bus che va in città, senza spingere o litigare anche quando, a volte, la fila diventa lunga 300 metri». È così che Alice ha trovato la sua casa: il precariato sembra ormai un incubo lontano e la sua famiglia è circondata dall’affetto degli studenti della scuola bilingue.

Bergamo senza confini

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

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