«Ville, hotel e yacht da Londra a Miami: il sogno realizzato di fare l’architetto»

BERGAMO SENZA CONFINI. La storia di Fabio Pellizzari, architetto associato nel prestigioso studio «Mlinaric, Henry & Zervudachi Ltd» nato nel 1964. «In Italia purtroppo stipendi ridicoli e tante umiliazioni». Aspettiamo le storie dei bergamaschi all’estero: scrivi a [email protected].

«Sono nato in una casa sopra un negozio di mobili, mi piaceva giocare e nascondermi tra letti, divani, armadi e cucine, osservandoli da vicino ne capivo i dettagli e la qualità. Quando mia nonna decideva di cambiare le vetrine per me era una gran festa. Così come amavo andare dalla nonna paterna e analizzare tutti gli angoli della casa. Mi ricordo perfettamente tutte le stanze, le porte pennellate e il soffitto affrescato. Quando ero piccolo mi chiudevo in camera e spostavo il letto, la scrivania, la poltrona. Mi piaceva cambiare il layout del mio piccolo mondo e scoprire come si viveva in un contesto diverso. L’architettura è un equilibrio tra volumi, luci e proporzioni, una formula difficile da capire a meno che non sia legata da una passione che nasce da dentro, inspiegabile direi naturale».

Fabio Pelizzari, 46 anni, originario di Fiorano al Serio, racconta così come è nata la sua passione per l’architettura che lo ha portato oggi a essere architetto associato dello studio Mlinaric, Henry & Zervudachi Ltd di Londra, dove vive e lavora da ormai 11 anni. «Mi sono laureato al Politecnico di Milano in Architettura e dopo un’esperienza di lavoro milanese di quasi dieci anni ho avuto l’opportunità di trasferirmi negli UK dove, nel giro di pochi anni, ho fatto una carriera che per lungo tempo ho cercato di realizzare in Italia». Dopo essersi laureato nell’anno accademico 2002/2003, infatti, Fabio ha trovato subito lavoro a Milano, senza però vedersi riconoscere quelle opportunità che avrebbe meritato. «Dopo quindici giorni dalla laurea mi trovavo seduto di fronte alla mia prima scrivania in un ufficio a Milano. L’architetto titolare mi ha insegnato molto, con pazienza mi ha fatto conoscere ogni aspetto della professione. Dopo tre anni ho continuato il mio percorso in uno studio, sempre milanese, dove abbiamo conseguito un premio al Parlamento europeo per una biblioteca nella provincia di Varese».

«Svolgere la professione del giovane architetto in Italia è per persone forti – ammette –. Quando ero giovane io non c’era scelta: bisognava lavorare come libero professionista in uno studio dove eri a tutti gli effetti un dipendente circondato dagli elementi negativi del lavoro da impiegato e del lavoro con Partita Iva». Tante le difficoltà affrontate da Fabio nei suoi anni milanesi. «A Milano ho lavorato quanto un essere umano può fare: mi sono ritrovato a fare notti intere gratuitamente, senza dormire, con due ore di riposo di mattina per poi ritornare in ufficio. Gli stipendi sono ridicoli e spesso comprendono umiliazioni. Inoltre, quando di te non hanno più bisogno, senza alcuna remora o riconoscimento per il lavoro e la dedizione, con una scusa, ti lasciano a casa. Per me questa è stata una grande delusione, un incidente di percorso che però ha lasciato un segno su questa situazione che tutti noi architetti in qualche modo abbiamo vissuto, soprattutto noi, appassionati ed entusiasti che compensavamo i nostri stipendi da fame con la gioia di costruire edifici belli, conosciuti e pubblicati».

Così nel 2012 è partito. «La viglia di Natale del 2011 della mia più grande delusione lavorativa una mia cara amica insiste per incontrarmi e cosi ci prendemmo un caffè nel bar della stazione centrale prima che io salissi sul treno per tornare a Fiorano. Durante quel caffè mi ha proposto di trasferirmi a Londra e di lavorare come architetto nel suo studio, inizialmente per un lavoro a Milano. Quel Natale si trasformò in un secondo da triste a eccitante, dissi subito di sì e all’inizio di gennaio 2012 già mi trovavo a Londra. Non è stato facile. Ho anche avuto una crisi dopo due anni in cui ho pensato di tornare in Italia. Per fortuna grazie ai miei genitori che hanno sempre creduto in me e che mi hanno sempre sostenuto, proprio loro, nonostante sia figlio unico, sono stato spronato a provare una nuova esperienza lavorativa prima di fare il passo irreversibile di ritornare in Italia. E per questo non finirò mai di ringraziarli».

«Cambiai casa e anche studio. Qui ho iniziato a crescere in una realtà totalmente britannica, senza influenze italiane, con una gestione diversa da quella da me vissuta fino a quel momento nel 2014 in cui mi si è aperta questa porta». E tutto è iniziato a migliorare. «Step by step e con la dedizione e passione per il mio lavoro che da sempre mi ha contraddistinto ho iniziato a lavorare a un progetto di una villa luxury a Chelsea, un development di nove unità, all’interno di una ex scuola convertita a residenza super esclusiva con l’obiettivo (raggiunto) di diventare l’insieme di proprietà più costoso in città. Si sono poi aggiunti progetti in Porto Montenegro, residenze importanti a Londra, il design di un hotel a Mosca e New York, un super yacht mentre ora sono concentrato su due progetti in Florida, uno a Miami e uno a Palm Beach. Da Londra, come spesso accade, gli orizzonti si allargano e ti puoi ritrovare spesso su un aereo che ti porta oltreoceano a realizzare un progetto entusiasmante e unico che presto sarà pubblicato su riviste prestigiose».

Oggi Fabio è architetto associato per lo studio Mlinaric, Henry & Zervudachi Ltd di Londra. «Lo studio dove lavoro progetta residenze ed edifici commerciali in tutto il mondo dal 1964. Il gruppo lavora oggi a livello globale (con uffici a Londra, Parigi e New York) su una vasta gamma di progetti che comprendono case private, yacht, gallerie, hotel e negozi. Tutto questo mi permette di trascorrere le giornate in modo entusiasmante. Non solo ogni giorno è diverso ma persino ogni ora. Passo da disegnare un ristorante al top floor di un grattacielo a Miami, a un meeting per un hotel in Palm Beach, un design team meeting per una prestigiosa casa in centro a Londra. In studio collaboro con colleghi provenienti da ogni parte del mondo. In piccola scala lo studio rappresenta Londra, una città dove il rispetto sta alla base di ogni azione e dove ognuno è libero di esprimere il proprio io senza dover sottostare a nessuna forma di giudizio. Questo è il grande regalo che questa città ti trasmette, difficile da far capire ai miei amici italiani, un grande dono che ti fa vivere la vita in modo diverso». E il futuro? « Ovviamente la presenza della famiglia manca ma Londra non è poi così distante. Le prospettive di lavoro e di progresso qui in azienda sono sempre aperte e questo avviene in modo equo, basandosi sul lavoro che si svolge e i sacrifici fatti, questo mi sembra un aspetto del tutto valido per essere felice di avere scelto questo paese per vivere. Al momento sono un associato dello studio ma già si sta parlando dei prossimi passi per progredire nella mia posizione».

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero: è il progetto Bergamo senza confini promosso da «L’Eco di Bergamo». Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Info a [email protected].

© RIPRODUZIONE RISERVATA