Bimbi e mali di stagione: «No alle diagnosi
e ai tamponi fai da te»

È uno dei dilemmi di stagione, soprattutto per i più piccoli: come distinguere un raffreddore - o comunque un malanno tipico dell’autunno - dal Covid?

Freddo e caldo che s’alternano, sbalzi di temperature e di meteo, ritorno tra i banchi. In questa galassia di fattori, specie per quella popolazione che non può essere vaccinata contro il Covid e in attesa della partenza della vaccinazione antinfluenzale (dal 15 ottobre), c’è la corsa al consulto dello specialista. Per i genitori preoccupati per i propri bambini, il pediatra resta un riferimento imprescindibile. «È cominciata la scuola, è cominciata la patologia abituale e sono cominciati i contagi da variante delta e le conseguenti classi finite in quarantena – è la fotografia che traccia Luigi Greco, pediatra e componente del consiglio dell’Ordine dei medici di Bergamo -. La situazione comunque non è allarmante, si tratta di pochi casi».

Casi che sono individuati attraverso il tampone, appunto. Lo specifico test diagnostico è dirimente per avere certezza dell’infezione da Sars-CoV-2 rispetto a quei casi che invece, pur con sintomi simili, sono «solo» malanni di stagione. «Non si può capire immediatamente quando si ha a che fare col Covid o quando invece è un raffreddore: i sintomi iniziali del Covid sono assolutamente simili ad altre patologie virali - sottolinea Greco -. Lo strumento che abbiamo per avere certezza è il tampone, a cui si indirizza tendenzialmente se da un punto di vista epidemiologico ci rendiamo conto che la situazione intrafamiliare può suggerire un contagio da Covid, oppure quando in anamnesi emergono contatti con persone o ambienti positivi, o qualcosa che nel quadro clinico non torna».

Un quadro oggettivamente complesso in cui il fai-da-te deve essere tralasciato, in favore del consulto del pediatra o del medico. Inoltrandosi nell’autunno e poi ancora nell’inverno, arriverà anche l’influenza. E la vaccinazione antinfluenzale, che tra l’altro avrà tra i target prioritari anche i bambini dai 2 ai 6 anni. «La vaccinazione antinfluenzale è sicuramente utile – ragiona il pediatra -, sia in chi è già stato vaccinato contro il Covid sia, anzi soprattutto, per chi non può essere vaccinato contro il Covid per il limite minimo d’età (attualmente fissato a 12 anni, ndr). Diversi studi hanno evidenziato che la vaccinazione antinfluenzale aumenta un po’ anche le difese contro il Covid. L’aver fatto l’antinfluenzale, tra l’altro, aiuta anche a capire se eventuali sintomi sono invece così da attribuire al Covid. Mi aspetto che quest’anno l’influenza e le patologie parainfluenzali tornino a circolare in maniera più diffusa, a differenza di quel che è accaduto lo scorso anno». Mascherine, distanziamento e semi-lockdown in occasione della seconda ondata avevano contribuito ad azzerare la diffusione del virus «classico» invernale; ora, in uno scenario di misure più allentate, è facile immaginare un rimbalzo anche di questa curva.

Sullo sfondo c’è peraltro la possibile estensione della vaccinazione anti-Covid anche alla fascia pediatrica, e in particolare ai bambini tra i 5 e gli 11 anni. «Aspettiamo di conoscere il parere degli enti regolatori per queste età, per capire se, come dice l’azienda (Pfizer è la casa farmaceutica più avanti nell’iter, ndr), il vaccino è sicuro ed efficace – aggiunge Greco -. In questo caso avremo una coorte di bambini che può essere vaccinata e diminuire la circolazione del virus anche in contesti come la scuola». L’Ema dovrebbe pronunciarsi nel mese di ottobre, l’eventuale inizio delle immunizzazioni coinciderebbe probabilmente col mese di novembre. In Bergamasca, secondo i calcoli dell’Istat, sono circa 75 mila i bambini tra i 5 e gli 11 anni: anche per loro si aprirebbe la possibilità della vaccinazione anti-Covid.

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