Droga, è allarme cocaina. «Doping per lavorare»

Diffusa tra professionisti e benestanti: hanno una doppia vita. Dietro c’è la ’ndrangheta. Le comunità: «Va intercettato questo sommerso».

I chili di cocaina sequestrati dalle forze dell’ordine nella Bergamasca nel corso dell’anno hanno sempre numeri a due zeri, ma il consumo di questa sostanza, indipendentemente dai sequestri, si stima sia molto elevato: non è più la droga dei ricchi, com’era considerata decenni fa, ma usata oggi è spesso usata come doping tra lavoratori dei vari settori: dall’imprenditore all’operaio, dall’autista all’artigiano. Un modo sbagliato per «darsi la carica» prima di lavorare e che sfocia rapidamente in una dipendenza dalla quale è molto difficile uscire. E questi cocainomani «sommersi» sono la stragrande maggioranza dei dipendenti da questa sostanza.

L’allarme arriva dalle comunità di recupero: «Se l’eroina ha avuto una ricomparsa anni fa, dopo essere di fatto quasi sparita a lungo, la cocaina non è di fatto mai sparita – sottolinea Enrico Coppola, presidente dell’Aga di Pontirolo Nuovo, membro del direttivo del “Com.E”, la federazione delle Comunità educative lombarde, e presidente dell’Asad, l’Associazione dei Servizi multidisciplinari integrati –. Dire quanta ne circoli nella Bergamasca non è per nulla semplice ma, visti i casi che gestiamo anche noi, direi parecchia».

«La cocaina, tra l’altro, consente a chi la usa anche di interromperne l’assunzione anche per lunghi periodi, come per esempio durante il primo lockdown della primavera 2020 – aggiunge Coppola –: si riprende poi quando arriva un evento traumatico, una perdita, un rapporto che finisce e che fa perdere il controllo». Dei 45 attuali ospiti della comunità Aga, pressoché tutti hanno fatto uso di cocaina e stanno seguendo un percorso per uscire dalla dipendenza da questa sostanza, spesso mescolata anche con altre. L’Aga è una comunità localizzata in una struttura rurale, la Cascina Nuova, nei campi tra Pontirolo e Castel Cerreto: una posizione che aiuta il percorso di recupero e facilita l’avvicinamento di chi questo aiuto lo vuole chiedere perché intende riprendere in mano la propria vita. «A differenza del Servizio multidisciplinare integrato che abbiamo aperto a Treviglio – rileva Coppola –, qui l’approccio è più rapido proprio perché non si incrocia nessuno a entrare. E, visto che spesso stiamo parlando di professionisti del mondo del lavoro, spesso questa riservatezza per loro è fondamentale».

La coca viene gestita dalla ’ndrangheta, che la importa dal Sudamerica e la distribuisce tramite i propri canali nella Bergamasca, appoggiandosi per la distribuzione a gruppi organizzati di immigrati. «Anche chi in passato aveva fatto uso di eroina – prosegue il presidente dell’Aga – oggi fa uso consistente di cocaina. Durante il lockdown molti contavano sulle consegne a domicilio, tramite corrieri o spedizioni. I grossi centri dello spaccio, come Rogoredo, sono solo la punta dell’iceberg. In realtà il grosso dello spaccio avviene tra amici, nelle compagnie, e non si vede. E si parla di milioni di persone, non le qualche decine di migliaia che ci sono nei parchi. La vera sfida è dunque intercettare questo sommerso».

Come? «I datori di lavoro potrebbero incrementare i controlli tra i propri dipendenti – risponde Coppola – e poi offrendo più servizi di prossimità: si tratta infatti di persone che ci tengono alla privacy. I cocainomani sono ben inseriti nel mondo del lavoro, hanno un buon reddito, una famiglia spesso all’oscuro della loro doppia vita. E spesso abusano anche di alcol, arrivando al mix detto cocaetilene, usato per tenersi su di giri. Bisogna trovare il modo per agganciare anche queste persone».

Le comunità di recupero sono contrarie alla legalizzazione delle cosiddette droghe leggere: «Va ad accontentare le 8 milioni di persone che si stima ne facciano uso, ma senza risolvere il problema». E c’è, non da ultimo, il tema costi: decenni fa il grammo di cocaina si comprava a 300 mila lire, oggi 20 euro sono sufficienti. E ci sono pure le «minidosi» da 5 euro, usate per agganciare i ragazzini e renderli schiavi.

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