Fondi dalla Protezione civile per chi aiuta i profughi ucraini

L’accoglienza L’ordinanza firmata da Fabrizio Curcio prevede fino a 30 euro al giorno di rimborso per le famiglie, un assegno tra i 5 e i 600 euro al mese a chi si è sistemato autonomamente e 50 euro una tantum per i Comuni.

I conti sono presto fatti: fino a 30 euro al giorno (900 euro al mese) per sostenere i costi aggiuntivi in fatto di spesa e di bollette, per ogni profugo accolto in casa. È quanto metterà a disposizione il Governo, attraverso un’ordinanza firmata dal capo della Protezione civile Fabrizio Curcio, per le famiglie che hanno aperto le porte delle loro case ai rifugiati in fuga dalla guerra in Ucraina. Ci sarà anche un assegno tra i 500 e i 600 euro al mese (a seconda della composizione del nucleo familiare e per un massimo di tre mesi), ai profughi che invece dimostreranno di essersi sistemati autonomamente, oppure che contribuiscono alle spese di parenti e amici che li ospitano, e ancora un contributo di 50 euro una tantum per i Comuni, in particolare per le spese sostenute dai Servizi sociali.

Secondo le stime del Governo questi soldi saranno sufficienti a compensare le famiglie che hanno accolto circa 50mila dei 72mila profughi arrivati finora in Italia. È difficile però fare i conti a livello locale: se da una parte sono all’incirca 3mila, in provincia di Bergamo, i rifugiati che si sono iscritti per regolarizzare la loro posizione in questura, dall’altra potrebbero essere almeno altrettanti quelli arrivati da soli e ospitati nelle case private.

Le risorse

Il pacchetto di risorse stanziate dal Governo attraverso la Protezione civile ammonta a 428 milioni di euro e si aggiunge ai sostegni previsti da Regioni e Prefetture, che attraverso bandi e manifestazioni d’interesse hanno aperto altri due canali di finanziamento per le attività di accoglienza sul territorio. Aiuti importanti, che però rischiano di spiazzare chi, dall’altra parte, prova ad intercettarli. Anche perché i soldi annunciati due giorni fa dallo Stato, non arriveranno direttamente alle famiglie, ma transiteranno dagli enti del Terzo Settore, per ragioni di controllo e di trasparenza.

È difficile però fare i conti a livello locale: se da una parte sono all’incirca 3mila, in provincia di Bergamo, i rifugiati che si sono iscritti per regolarizzare la loro posizione in questura, dall’altra potrebbero essere almeno altrettanti quelli arrivati da soli e ospitati nelle case private

«Era giusto intervenire – è il parere del presidente di Confcooperative Giuseppe Guerini –, perché stiamo assistendo a un fenomeno di accoglienza che si muove spesso per reti informali: tante famiglie si sono mobilitate, anche facendo arrivare persone dall’Ucraina in maniera autonoma, e siccome la loro permanenza rischia di protrarsi nel tempo, c’è bisogno di sostenerle, anche con una rete di supporto».

Bene, dunque, il coinvolgimento del Terzo Settore, anche se bisogna ancora capire come sarà organizzata e sostenuta la sua funzione di intermediario; semmai il problema sta nella destinazione delle risorse: «Non si capisce, per esempio, se ci sarà una quota destinata agli interventi educativi di cui hanno bisogno i bambini, o a un supporto psicologico o di mediazione culturale – aggiunge Guerini –. Ed è qui che si conferma la mancanza di una regia degli interventi. C’è molto spontaneismo, anche tra le istituzioni, tutti vogliono intervenire, ma l’impressione è che non si parlino tra loro». La Regione è intervenuta con un’offerta tra i 30 e i 60 euro al giorno per l’ospitalità in albergo, la prefettura ha pubblicato una manifestazione d’interesse, mettendo a disposizione 28 euro al giorno, «ma con una serie di vincoli rigidissimi», fa notare Guerini. «La verità – prosegue – è che le risorse sono difficili da reperire e così facendo si rischia di creare confusione, disperdere energie e lasciare scoperto qualcuno». Da qui la necessità, secondo Guerini, di istituire una cabina di regia in grado di gestire anche questo aspetto dell’emergenza.

«Rimborso insufficiente»

Intanto la proposta del Governo non soddisfa i sindaci, che giudicano insufficiente il contributo una tantum di 50 euro per ogni profugo per le spese sostenute dai Servizi sociali. «I costi sono decisamente più alti – dice Marcella Messina, assessore comunale ai Servizi sociali e presidente della Conferenza dei Sindaci –; per questo chiediamo che si preveda un ristoro più adeguato. Inoltre, non è pensabile stabilire un costo forfettario per tutti i servizi: ce ne sono alcuni, dall’inserimento all’asilo nido al centro estivo, alle mense scolastiche che rappresentano costi vivi per i Comuni e che non sono certo uniformi. Il sostegno va bene, ma dovrebbe essere più strutturato». C’è poi la questione ancora irrisolta dei tanti minorenni non accompagnati, i cui costi ricadono sui Comuni e per cui gli enti locali chiedono più attenzione.

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