Papa Ratzinger, umile operaio della vigna del Signore

Il commento. Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, il Papa emerito, il primo Papa emerito della storia della Chiesa cattolica, è morto. Si è spento poco a poco, come una candela che si sta consumando, aveva detto giorni fa il suo segretario personale, mons. Georg Gaenswein.

La “candela” di Joseph Ratzinger si è spenta alle 9,34 di sabato 31 dicembre nel Monastero “Mater ecclesiae” in cima ai Giardini vaticani. Aveva 95 anni. Il suo motto episcopale era “Collaboratori della verità” e al compito di essere “collaboratore” al disegni di Dio è rimasto fedele tutta la vita. Quando lo elessero i cardinali nel Conclave seguito alla morte di Karol Wojtyla dal balcone affacciato su piazza san Pietro disse di sé di essere “un umile lavoratore della vigna del Signore”. Lo ha fatto fino alla fine.

E’ stato il pontefice più longevo nella storia della Chiesa, superando di gran lunga Leone XIII, Benedetto XV e Pio XII che è morto a 82 anni, e poi Giovanni XXIII, deceduto a 82 e Giovanni Paolo II morto a 85 anni. Il suo pontificato è stato breve, appena otto anni, e il suo ruolo di Papa emerito, per quasi 10 anni, ha superato il tempo del Pontificato regnante. Venne eletto nel 2005 alla fine del lunghissimo pontificato del Papa polacco.

I cardinali del Conclave lo avevano scelto per rimettere ordine nella Chiesa, che il pontificato carismatico di Giovanni Paolo II, aveva un po’ sconvolto. Ma lui non ha affatto rimesso a posto le cose, secondo quanto credevano e speravano molti conservatori. Anzi ha rimescolato ogni carta, lui uomo schivo e austero, spingendo la Chiesa intera e insieme il mondo della cultura laica ad ogni latitudine a riscoprire la centralità di quel Gesù di Nazareth a cui ha dedicato la vita di sacerdote.

Fino a quel giorno, 11 febbraio 2013, quando rinunciò all’ufficio di vescovo di Roma, perché questo è il ruolo preciso del Romano Pontefice, gesto rivoluzionario, però compiuto da un Papa considerato un conservatore, con il quale ha rimesso tutto di nuovo in moto, ha tagliato il mazzo e distribuito di nuovo le carte, permettendogli di succedergli il primo Papa latino-americano della storia, il primo gesuita che saliva al soglio di Pietro, il primo che ha scelto di chiamarsi Francesco. Lo ha fatto con semplicità, pronunciando e spiegando il perché con due parole in latino “ingravescente aetate” che hanno cambiato per sempre la storia della Chiesa e con le quali da allora in poi ogni Papa e tutta la Chiesa dovrà fare i conti. Ora che è morto si può approfondire una questione che finora, per rispetto dell’uomo, del Papa e del teologo, è rimasta sotto traccia.

Se non avesse rinunciato, se il pontificato di Benedetto XVI si fosse concluso con la sua morte, la Chiesa avrebbe avuto la capacità di rinnovarsi, di scuotersi da vizi e da tanti squallori, a cominciare dagli abusi per finire all’uso sconsiderato del denaro? Quando venne eletto nel 2005 era diventato uno dei Papi più anziani di sempre, almeno dal 1730 Conclave che elesse Lorenzo Corsini, Papa Clemente XII all’età di 78 anni. Avrebbe dovuto rifiutare? L’umile operaio della vigna del Signore non lo ha fatto. E subito si capì che non sarebbe stato un pontificato come un altro, che avrebbe smosso coscienze cristiane e laiche, che non avrebbe abbandonato la sua postura di professore e di intellettuale, magari finendo nel cono delle incomprensioni e delle polemiche come accadde in occasione del famosissimo discorso di Ratisbona, malamente riferito da una parte consistente della stampa, stravolto nella comprensione di un testo complesso, scritto da un intellettuale curioso e serissimo, prima che da un Papa, che ha sempre avuto come cifra quella di suscitare questioni invece di chiuderle. Lo si vide subito fin dall’inizio quel suo carisma, mite, discreto, narrativo, uomo che mai ha fatto chiacchiere, ma ha proposto ragionamenti sulla fede e sulla storia.

Ratzinger nel corso di tutta la sua vita è stato maestro e questa è la definizione migliore per un intellettuale, l’esatto contrario di un uomo tedioso, fastidioso e arido. Negli anni di Ratzinger sono state fatte tante caricature, ma solo perché pochi hanno davvero letto tutti i suoi scritti. Si sono fermati al “guardiano delle fede” al “pastore tedesco”. Invece i contenuti e la forma, le sue parole e i suoi gesti si sono sempre tenuti alla larga da qualsiasi retorica e contrappunto, compreso quello tra progressisti e conservatori. E hanno segnato la Chiesa.

Se si ripercorrono i primi momenti del suo “ministero petrino” (Ratzinger non ha mai parlato di pontificato) si colgono le differenze. Il 24 aprile 2005 sui libretti della prima Messa di Papa Ratzinger era scritto: “Inizio del ministero petrino del vescovo di Roma”. Una volta quella era la Messa di incoronazione, poi Messa di inaugurazione del “Supremo Pastore della Chiesa universale”. Benedetto XVI procede su un’altra strada e non si tratta di sfumature perché sottolineare il ruolo essenziale del vescovo di Roma può avere importanti conseguenze ecumeniche e un sacerdote tedesco ben conosce la materia. Poi nel suo stemma in quei giorni abolì la tiara e le chiavi del Regno, simbolo di potere. La sostituì con la mitra vescovile e nell’araldica pontificia inserì il pallio, che è il simbolo della pecora smarrita che Gesù si carica in spalla, segno che contraddistingue i vescovi nella loro missione di guida dei fedeli.

Fino ad un ultimo segno, durante la Comunione in quella Messa d’inizio. Le prime cinque persone a ricevere la Comunione furono donne. Non era mai accaduto. Nell’ omelia pronunciò una frase che resterà memorabile e sulla quale poi, dopo la rinuncia, si è troppo a lungo discusso: «Pregate per me perché io non fugga per paura davanti ai lupi». Benedetto XVI mai è fuggito e la rinuncia di dieci anni fa lo conferma. Se fosse fuggito sarebbe rimasto. I lupi che ringhiavano davanti alla Chiesa e dentro la Chiesa li ha affrontati con determinazione e con la creatività del cristiano che sa bene cosa dice il Vangelo, senza anteporre nulla Cristo, nemmeno se stesso, nemmeno il potere che inevitabilmente è connesso con il ruolo di Romano Pontefice.

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