Scuole e asili chiusi, famiglie in difficoltà
«Scelta comprensibile ma servono aiuti»

I Comitati dei genitori: «In questo momento facciamo fatica a far sentire la voce delle famiglie». L’Agesc: «C’è molta preoccupazione».

In una situazione normale, con i bambini a casa da scuola, avrebbero chiesto ai nonni di badare a loro. Oggi questa non è un’opzione che possono prendere in considerazione: con le scuole chiuse causa Covid, le famiglie non possono far altro che sperare in congedi parentali e datori di lavoro comprensivi. «In questo momento facciamo fatica a far sentire le voci delle famiglie – dice Monica Ravasio, presidente del CoorCoGe, il Coordinamento dei Comitati Genitori –. Fanno fatica a esprimersi, sono annichilite da questa situazione. Non si tratta più nemmeno di frustrazione o rabbia. Pensavamo di averle viste tutte, invece questa volta abbiamo qualcosa che è stato deciso per il giorno stesso, con il conseguente scombussolamento per la gestione delle famiglie. In questo momento ci si può affidare alla bontà del datore di lavoro che possa concedere un giorno di ferie». Una situazione, per certi versi, paradossale: «Ora abbiamo tre colori e mezzo o quattro – aggiunge –; abbiamo una Regione che non ha mai deciso e che ora ha deciso di decidere. E abbiamo Bergamo ancora una volta schiacciata, perché avrebbe i numeri per non chiudere eppure chiuderà quando ci sono state settimane intere in cui altre province sono state lasciate deflagrare. Ora il presidente della Regione viene a dirci che lo fa per proteggere i territori che non sono così compromessi: io mi sento presa in giro. Noi siamo vicini ai dirigenti e ai professori, perché c’è da impazzire a fare il loro lavoro. Cerchiamo di stare tutti vicini e cerchiamo tutti insieme di riuscire a raccogliere i cocci che rimarranno sul campo».

Questa volta non sono solo gli studenti delle scuole superiori a esser costretti in didattica a distanza, ma anche quelli delle scuole degli altri ordini e gradi. «La tempestività di questa cosa è l’aspetto che mi ha colpito di più – aggiunge Floriana Ferrari, del coordinamento delle Associazioni Genitori degli Istituti comprensivi –: nemmeno 12 ore per organizzarsi. Speriamo che la chiusura possa servire davvero e si riprenda le lezioni dopo il 14. Il prolungarsi di una situazione simile diventa un impegno per genitori e bambini. La cosa che dispiace e che, secondo me, ha destabilizzato maggiormente è il fatto di vedere una scelta fatta oggi per domani mattina. Ci saranno anche buone ragioni, ma in questo momento questo è il nostro problema. Poi vediamo anche noi i numeri, siamo consapevoli che la situazione sia seria, ma in questo momento la preoccupazione delle famiglie sia su come organizzarsi. In una situazione come questa non è possibile nemmeno che intervengano i nonni. La domanda che si fanno in molti è se ripartono i congedi parentali. Se questa chiusura serve a non arrivare ancora in sofferenza per le strutture sanitarie va bene. Siamo rassegnati, ma siamo consapevoli anche di un’altra cosa: serve un piano vaccinale concreto: ora è l’unica soluzione possibile all’intermittenza».

Ovunque comunque c’è molta preoccupazione. «C’è molta, ma molta, preoccupazione – aggiunge Silvio Petteni, dell’Agesc, l’associazione dei genitori delle scuole cattoliche –. Ci sono studenti che hanno ripreso giovedì le lezioni e che sono di nuovo a casa oggi. Anche i ragazzi si rendono conto che stanno bruciando la loro adolescenza. Sono soli: gli è stato portato via scuola, tempo libero, svago, amicizie. D’altra parte bisogna essere anche onesti: nessuno pensava a un incremento così repentino dell’epidemia in così breve tempo. Certo le famiglie avrebbero bisogno di informazioni chiare, precise e univoche. Anche per una questione di organizzazione. Questo non è il momento per protestare, forse, ma per cercare di organizzarsi al meglio possibile. Anche se, per le famiglie, questa volta non è proprio facile».

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