Uccisa di botte, in carcere il compagno
Lo zio racconta: ho visto tutto

Viviana Caglioni, 34 anni, aggredita in casa il 30 marzo da Cristian Locatelli, 42 anni: è morta in ospedale il 6 aprile. Indagata la mamma: «È caduta da sola». Lo zio non interviene per paura, poi racconta: «Ho visto tutto».

È accusato di avere ucciso di botte la fidanzata, prendendola a calci e pugni per motivi di gelosia che non avevano, tra l’altro, alcun fondamento. Sarebbe stato solo «un pretesto per l’espressione di una violenza inaudita», secondo il sostituto procuratore Paolo Mandurino che ha coordinato le indagini della squadra Mobile della questura, guidata da Salvatore Tognolosi.

Cristian Michele Locatelli, 42 anni a luglio, con precedenti per lesioni, rapina e maltrattamenti, è stato sottoposto a fermo il 22 aprile. Sabato scorso il giudice per le indagini preliminari Federica Gaudino ha convalidato il provvedimento e confermato la custodia in carcere: omicidio aggravato dai futili motivi e maltrattamenti in famiglia aggravati.

Viviana Caglioni, 34 anni, è stata brutalmente aggredita il 30 marzo nella sua abitazione di via Maironi da Ponte ed è morta il 6 aprile nel reparto di Terapia intensiva dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo senza aver mai ripreso conoscenza. Dettaglio ancora più raggelante la mamma della ragazza, Silvana Roncoli di 64 anni, ha sempre sostenuto la tesi di Locatelli, secondo cui Viviana sarebbe caduta accidentalmente. È indagata per favoreggiamento.

A fornire un racconto dettagliato di quanto successo quella notte, confermato poi dai rilievi degli investigatori, lo zio materno di Viviana, Giampietro Roncoli di 62 anni, che vive al piano terra dello stesso stabile, mentre al primo piano abitano Silvana e la coppia. Terrorizzato da Locatelli, che aveva picchiato e minacciato anche lui nel recente passato (la coppia conviveva da circa 5 mesi), non ha fatto nulla per aiutare la nipote. Poi, però, è stato preso dal rimorso e nei tre interrogatori a cui è stato sottoposto il 14, 15 e 17aprile, si è via via aperto con gli inquirenti.

Tutto è successo nella notte tra il 30 e il 31 marzo, dalle 23,30 a mezzanotte. In quella mezz’ora Viviana è stata presa a calci, pugni, sberle, ha cercato di scappare finendo poi stramazzata a terra dopo un violentissimo colpo alla testa. Ma nemmeno a quel punto è scattata la pietà, nessuno ha chiamato i soccorsi. La telefonata al 112 è arrivata solo un’ora dopo, all’1,08, dalla mamma di Viviana e da Locatelli che all’operatore del Nue ha minimizzato le condizioni in cui si trovava la fidanzata, dicendo che aveva sbattuto contro lo spigolo del muro ed era caduta battendo la testa: «Respira bene, il battito c’è». Ma quando i soccorritori sono arrivati si sono trovati di fronte ben altra situazione: Viviana perdeva sangue dalla bocca, aveva un labbro tumefatto ed è arrivata al pronto soccorso già in coma profondo, con un ematoma cerebrale, lesioni addominali, una tumefazione inguinale e una temperatura di 34 gradi, ipotermia dovuta al fatto di essere rimasta per un’ora sul pavimento. Viviana ha lottato fino al 6 aprile ma non ce l’ha fatta.

La notizia del decesso è arrivata in Procura l’8 e sono scattati gli accertamenti sulla base delle discrepanze tra le lesioni che ne hanno provocato la morte e il racconto della mamma e di Locatelli. Sono state autorizzate le intercettazioni e disposta l’autopsia, che ha confermato la ricostruzione del pestaggio fornito dallo zio, (la mamma non avrebbe assistito). Che ha parlato di «calci, pugni e sberle nella camera da letto che era dei miei genitori», con Locatelli che la insultava accusandola di tradirlo e le urlava «io sono un nazista e i nazisti odiano gli anarchici». «Lei lo implorava di smetterla, piangeva»: nel rincorrersi tra una stanza e l’altra sono arrivati al disimpegno tra la camera e la cucina, dove la ragazza si è rannicchiata e lui le ha dato «quattro o cinque calci all’altezza dell’addome», lei è scappata in camera e lui l’ha picchiata ancora («sentivo i tonfi delle botte»), poi mentre lei cercava di fuggire in cucina lui le ha dato un fortissimo colpo in testa: «Ho visto Viviana che cadeva a terra, ha perso conoscenza, non rispondeva più».

Gli accertamenti con il Luminol hanno portato alla luce tracce di sangue (cancellate) sia al primo piano, dove era iniziata la lite, sia al piano terra. Locatelli avrebbe anche cercato di depistare le indagini: convocato in questura il 9 aprile, quando ancora i sospetti non si erano concentrati su di lui, ha telefonato al 112 dicendo di avere «ucciso una persona in casa», versione confermata da Silvana Roncoli. La Polizia era arrivata con cinque pattuglie e i due avevano rimediato una denuncia per procurato allarme. Locatelli si era giustificato dicendo di essersi inventato quella scusa perchè era in ritardo per la convocazione. Secondo chi indaga, si è trattato di una specie di confessione.

Intercettato, Locatelli avrebbe anche tentato di far cremare la salma di Viviana nonostante il divieto imposto dal pm, per far sparire le tracce del pestaggio.Tutti gli elementi raccolti hanno fatto scattare il fermo: sabato scorso Locatelli, assistito dall’avvocato Andrea Capelli, davanti al gip si è avvalso della facoltà di non rispondere. Nessuna dichiarazione dalla difesa.

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