
Economia / Bergamo Città
Martedì 14 Ottobre 2025
A Bergamo il 55% è indebitato In aumento chi non riesce pagare
LA CLASSIFICA. Prestiti e mutui, la nostra provincia è all’82esimo posto in Italia. Busi (Adiconsum): «C’è chi impegna il 70% del reddito, manca educazione».
La miscela è pericolosa: da un lato le fragilità economiche sempre diffuse, dall’altro lato la mancanza di educazione finanziaria. Prestiti e mutui, se maneggiati senza la giusta cura, rischiano di far saltare i bilanci delle famiglie. E sono tante le persone che hanno acceso un finanziamento: in Bergamasca, il 55,5% delle persone ha un debito. È quanto emerge dalle rilevazioni del Crif, società specializzata nelle informazioni creditizie, con un monitoraggio aggiornato a metà 2025 e che tiene conto dell’insieme dei mutui per gli immobili, dei prestiti finalizzati (i finanziamenti per l’acquisto di alcuni beni come l’automobile) e dei prestiti personali (soldi cash non legati a una specifica compravendita): il dato orobico è al di sotto della media nazionale (è l’82esima provincia in Italia, in testa c’è Livorno con il 76,9% della popolazione), ma presenta comunque numeri rilevanti.
Ad esempio, il debito residuo medio è pari a 42.352 euro (contro i 31.637 di media nazionale), e in questo caso balza al nono posto nazionale. Un dato in parte fisiologico, se comparato alla ricchezza media delle famiglie, e che si traduce – in proporzione al reddito – nell’equivalente di 21,1 mensilità dello stipendio per riuscire ad azzerarlo. E se è vero che esistono dei debiti «buoni», come quelli contratti per prendere casa, al tempo stesso c’è anche il rischio del sovraindebitamento: accade quando le somme da restituire si fanno così elevate da non essere in grado di restituirle.
Persone con più finanziamenti aperti
«Nei nostri sportelli vediamo arrivare con frequenza persone che chiedono aiuto perché hanno più prestiti e non riescono a ripagarli – racconta Mina Busi, presidente di Adiconsum Bergamo -. Si tratta di persone con più finanziamenti, aperti soprattutto tramite delle finanziarie (le società specializzate in questo tipo di credito, ndr), a cui magari si somma anche il mutuo. A volte c’è una vulnerabilità di fondo: ci si lascia affascinare da una possibilità, ma non si fanno bene i conti».
Le rinunce sulle spese essenziali
E così la vita quotidiana diventa sempre più scivolosa, sino a diventare un problema irrisolvibile: «Capita d’incontrare persone esposte anche per il 70% del reddito, quando in teoria non bisognerebbe andare oltre il 30-35% – ragiona Busi -:. Quando si è arriva a quel punto si devono fare delle rinunce per le spese essenziali, persino su quali generi alimentari acquistare. Dopodiché scattano anche le procedure di ingiunzione e di pagamento, in alcuni casi il pignoramento dello stipendio». Capita anche «a persone non indigenti – rileva Busi -, ma con s tipendi da 1.800-1.900 euro al mese, e quindi una teorica sicurezza relativa. Il problema di fondo è che non c’è educazione finanziaria: servirebbe una maggiore consapevolezza sul funzionamento di questi meccanismi e sulle modalità di gestione del bilancio familiare».
Gli stipendi non crescono
«Adesso, anche un finanziamento di poche migliaia di euro è difficile da affrontare – ragiona Christian Perria, presidente di Federconsumatori Bergamo -. Gli stipendi non crescono, tutte le spese invece aumentano, e allora le rate di un prestito pesano ed è complicato far quadrare il bilancio familiare. Soprattutto nell’ultimo biennio abbiamo visto aumentare le persone che si rivolgono a noi dopo essere incappate in decreti ingiuntivi, pignoramenti, case all’asta. Anche sulle bollette osserviamo una situazione analoga, con molte famiglie che faticano a saldarle». Anche per Perria, «l’educazione finanziaria è un duro scoglio da abbattere: quando si domanda un finanziamento, si ha poca contezza delle regole e soprattutto dei rischi che si manifestano in caso di inosservanza del debito».
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