Apprendistato: meno della metà diventa «lavoro». Cisl: «Serve una riforma sostanziale»

L’ANALISI. Nella Bergamasca meno di un contratto su due arriva all’indeterminato.

«Un contratto di apprendistato serve a dare a un giovane under 30 la possibilità di imparare un mestiere grazie alla formazione aziendale e trasversale. Dovrebbe rappresentare il principale canale di ingresso dei giovani nel mondo produttivo, seguita da una naturale evoluzione con un contratto a tempo indeterminato. Ma troppo spesso la verità è un’altra». Così, Danilo Mazzola, segretario provinciale Cisl di Bergamo, stigmatizza quanto esce dai dati forniti dall’osservatorio provinciale del mercato, riferiti al numero di contratti in apprendistato stipulati dalle aziende della provincia al 6 febbraio 2024.

«Meno di un giovane su due si vede confermare il posto al termine dei anni previsti di apprendistato».

Dal 2018 al 2022, che pur evidenziando un situazione di crescita (a parte il 2020) dei contratti di instaurati, ne rilevano la scarsa efficacia in termini di successiva stabilità ed efficacia, sentenziando che meno di un giovane su due si vede confermare il posto al termine dei anni previsti.

In provincia di Bergamo, infatti, il trend di contratti di apprendistato va dai 7436 del 2018 agli 8616 del 2022 (+16%), segnando una diminuzione nel 2023 rispetto al 2022 del 6% (8122 contratti stipulati). Per i contratti di apprendistato stipulati dal 2018 al 2020 mediamente ad oggi il 56% non sono più attivi (cessati o licenziati), con una conferma degli stessi a tempo indeterminato pari al 44%.

Nell’attuale triennio (2021/2023), risulta ancora attivo il 67% degli avvii in apprendistato, «ma è più facilmente ipotizzabile che in maggioranza i contratti siano ancora sotto forma di apprendistato, e non di occupazioni stabilizzate».

Il contratto di apprendistato ha sempre avuto la caratteristica di coniugare lavoro e formazione, esigenza mai come oggi necessaria e utile nella gestioni dai grandi cambiamenti tecnologici in atto. Va constatato che il suo utilizzo purtroppo è poco radicato se rapportiamo gli 8.616 rapporti di apprendistato attivati agli oltre 336mila lavoratori dipendenti presenti nella nostra provincia nel 2022 (solo il 2,5%).

Il salario

Inoltre il rapporto di lavoro in apprendistato garantisce, se pur in forma ridotta per i primi anni, un salario definito dai contratti nazionali, andando a crescere fino all’inquadramento definitivo e ad acquisizione della qualifica, a cui il lavoratore o la lavoratrice devono essere adibiti. «È uno strumento che andrebbe valorizzato maggiormente in quanto oltre ad essere previsto dalla legge è gestito e organizzato dai contratti, e va incontro alle esigenze delle aziende con importanti sgravi contributivi nell’inserimento lavorativo dei giovani».

Fissa e stabilisce garanzie salariali e normative, che inquadrano il rapporto di lavoro come subordinato, a tutela di lavoratori e lavoratrici valorizzando in modo importante il ruolo della formazione a tutti i suoi livelli. aIn tal senso – conclude Mazzola -, penso che una forma di assunzione come l’apprendistato andrebbe ulteriormente valorizzata in sintonia con i percorsi formativi che i nostri istituti professionali stanno mettendo in campo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA