Artigiani, poco appeal: le mancate assunzioni costano 251 milioni

SCENARI. La stima dell’ufficio studi di Confartigianato. Settore alla ricerca di maggiore attrattività. Aumenti di salario per trovare e trattenere personale, ma anche orari flessibili e una maggiore autonomia.

In vetta ci sono gli aumenti salariali (40,6%), seguiti dalla flessibilità negli orari di lavoro (27,3%) e dal riconoscimento dell’autonomia su competenze specifiche (23,1%). Sono queste le pratiche maggiormente messe in atto dalle aziende artigiane bergamasche per trattenere o attrarre i propri dipendenti, in un’epoca in cui il capitale umano è diventato la vera ricchezza di una realtà imprenditoriale e in tanti comparti dell’artigianato è venuto a mancare l’appeal del passato.

Mai come in questi anni, infatti, la necessità di vantare personale qualificato nella propria azienda è indispensabile tanto quanto la capacità di attrarre nuovi validi dipendenti: per questo le aziende cominciano a diversificare la propria offerta, cercando non solo di poter costruire una squadra affidabile, ma anche di evitare una diaspora delle competenze specifiche. La cronica difficoltà nel reperire personale si traduce infatti, secondo la stima dell’Ufficio studi Confartigianato, in un costo tangibile che per la provincia di Bergamo è di 251 milioni di euro: tanto costano alle aziende artigiane le ricerche di personale che si prolungano infruttuose oltre i sei mesi.

Più trasparenza e condivisione

Ecco quindi che si corre ai ripari con una serie di attenzioni che i titolari di impresa sono anche disposti a «imparare», come racconta Roberto Barbetta, titolare di una piccola azienda di costruzioni meccaniche con sede a Torre de Roveri: «Il nostro è un ambiente molto chiuso, dove si sgobba a testa bassa, ma abbiamo capito che l’attrattività passa anche dalle piccole cose, dalla trasparenza dei rapporti, dal condividere la pausa pranzo e da qualche sorriso in più in azienda». Quella raccontata da Barbetta, in realtà è solo la continuazione di un percorso iniziato qualche anno prima con alcuni esperti, come spiega lo stesso imprenditore: «Abbiamo partecipato a un bando di Bergamo Sviluppo nel 2019 e da lì abbiamo capito che dovevamo cambiare mentalità. Inizialmente abbiamo ottimizzato alcuni processi interni con la line manufacturing, poi abbiamo continuato impegnandoci a creare un rapporto diverso fra di noi e io per primo cerco di essere sempre presente, così che chi mi deve parlare possa farlo direttamente».

La Barbetta Cesare Costruzioni meccaniche conta attualmente 13 persone e gli ultimi assunti under 30 sono tre, come racconta Roberto Barbetta che dal 2007 guida l’azienda fondata dal padre: «Il nostro è un lavoro dove la manualità è ancora molto importante ed è oggettivamente faticoso ed usurante, ma cerchiamo di essere flessibili e le età sono molto trasversali». Fra i dipendenti, infatti ci sono sia i più giovani sia, conferma Barbetta, «un paio di pensionati che sono tornati al lavoro». L’azienda, che si occupa soprattutto della carpenteria legata ai trasformatori elettrici sta cercando di portare avanti un percorso di sempre maggiore attenzione verso le necessità di chi lavora al suo interno e il titolare spiega: «Stiamo cercando di costruire un welfare anche a livello economico facendoci aiutare da Confartigianato e, laddove riusciamo, cerchiamo di dare gratificazione economica e autonomia sul lavoro».

Se nel 2023 le imprese italiane indicavano una difficoltà generale di reperimento di personale pari al 45,1% delle entrate previste, in aumento di 4,6 punti rispetto al 40,5% del 2022, la quota per le micro e piccole imprese (Mpi) sale al 48,1% mentre si attesta al 55,2% per le imprese artigiane.

Non si trovano i giovani e non solo per mancanza di volontà. Secondo lo studio Confartigianato, infatti, la crisi demografica si riverbera sul mercato del lavoro che paga la denatalità e l’inattività, che caratterizza quasi un milione e mezzo di giovani fra i 25 e i 34 anni. Per questo non solo le aziende cercano di apprendere come trattenere a sé i propri dipendenti, ma il 24,9% delle imprese ha attivato o intensificato la collaborazione con le scuole, specie quelle tecnico-professionali.

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