
Economia / Bergamo Città
Lunedì 01 Settembre 2025
Assegno unico, meno famiglie beneficiarie: «Serve aiutare i nuclei più fragili»
I DATI INPS. Sono 119.204 i destinatari del contributo nel primo semestre 2025, circa 4mila in meno di quelli di tutto il 2024. L’importo medio è di 277 euro mensili. I sindacati: «Sostenere il ceto medio, i lavoratori immigrati e i genitori soli».
È la principale misura a sostegno della genitorialità, e dunque della natalità. Ed è proprio da questa prospettiva – quella dei beneficiari dell’assegno unico, introdotto a partire da marzo 2022 – che sembra scorgersi l’ennesima conferma di come l’inverno demografico soffi forte. Per effetto del calo delle nascite, infatti, a breve potrebbero calare anche i beneficiari di questo sussidio. Un segnale si coglie già dalla prima parte di quest’anno, come in una sorta di saldo negativo tra le «entrate» che rallentano (i nuovi nati e quindi le famiglie che si aggiungono alla platea, poche) e le «uscite» che paiono più consistenti (i figli che diventano autonomi, e perciò la famiglia d’origine non ha più i requisiti per ricevere questo aiuto).
I numeri
Stando all’aggiornamento della banca dati dell’Inps, nei primi sei mesi del 2025 sono stati 119.204 i nuclei familiari bergamaschi che hanno percepito questo sostegno, per un importo medio di 277 euro mensili e un totale di 195.383 figli beneficiari. Mancano appunto coloro i quali si aggiungeranno nella seconda parte dell’anno perché «accoglieranno» nel frattempo il primo figlio (o, ipotesi più rara, perché ancora non l’avevano richiesto benché siano già genitori, il secondo), ma s’intravede oggettivamente una certa forbice rispetto al passato. In tutto il 2024 le famiglie che hanno ricevuto l’assegno erano state 123.937 (278 euro l’importo medio mensile) per un totale di 204.190 figli; nel 2023 i nuclei erano stati 122.414 (264 euro mensili) e i figli 202.497. Allo stato attuale, mancano ancora circa 4mila famiglie (e quasi 8mila figli) per eguagliare la platea media dei beneficiari del 2023-2024, i primi due anni pieni di erogazione dell’assegno unico.

Considerando che in Bergamasca nascono ormai poco più di 7.000 bambini l’anno, e ipotizzando una distribuzione piuttosto lineare (3.500 circa nei primi sei mesi, 3.500 circa nel secondo semestre), non è inverosimile che a fine anno i beneficiari (e i figli beneficiari) diminuiscano. «È forse questo, cioè l’aspetto demografico, il dato su cui riflettere – osserva Orazio Amboni, del Dipartimento Welfare della Cgil Bergamo -. Molti allarmi sono stati già autorevolmente lanciati e il dibattito pubblico sta misurandosi sulle proposte per invertire il ciclo: conteranno molto gli aspetti economici e sociali, ma ancor di più gli aspetti culturali e di costume. Per l’assegno unico, nella nostra provincia è molto sentito il problema della sospensione dell’erogazione quando i figli di persone immigrate non sono residenti nel nostro Paese ma il loro mantenimento è comunque un costo soprattutto se è il lavoro del padre migrante l’unica entrata certa in famiglia».
Considerando che in Bergamasca nascono ormai poco più di 7.000 bambini l’anno, e ipotizzando una distribuzione piuttosto lineare (3.500 circa nei primi sei mesi, 3.500 circa nel secondo semestre), non è inverosimile che a fine anno i beneficiari (e i figli beneficiari) diminuiscano
«Aiutare i nuclei fragili»
«Resta ancora irrisolto il tema dell’accesso ai benefici per i figli dei lavoratori stranieri e dei lavoratori “mobili” dell’Unione europea»
Quanto alla panoramica più generale sulla misura, «come Cisl – ragiona Candida Sonzogni, della segreteria provinciale del sindacato di via Carnovali -, ribadiamo che l’assegno unico è una delle innovazioni più significative introdotte a sostegno delle famiglie con figli: resta importante il tema del suo rafforzamento, soprattutto a favore dei nuclei in una condizione economica di fragilità, e della valutazione dell’impatto sui lavoratori dipendenti e sui ceti medi che, in talune condizioni, hanno visto ridursi il contributo rispetto agli assegni familiari. Il potenziamento andrebbe fatto per sostenere i nuclei monogenitoriali, favorire la partecipazione delle mamme al mercato del lavoro e soprattutto per i figli maggiorenni, per dare pari opportunità nell’accesso all’istruzione superiore professionale e accademica. Resta ancora irrisolto il tema dell’accesso ai benefici per i figli dei lavoratori stranieri e dei lavoratori “mobili” dell’Unione europea». «La procedura è consolidata – rileva Cristina Morstabilini, responsabile del Patronato Ital Uil Bergamo -, anche se restano alcuni piccoli problemi. Ad esempio, al compimento del 18° anno d’età di un figlio occorre aggiornare la domanda indicando cosa fa il figlio, se studia o se lavora: a volte il cittadino non ricorda o non conosce questa procedura, sarebbe utile un alert. Un problema analogo si crea per le persone straniere con l’incrocio del rinnovo dei documenti».
Riforma per l’Isee?
Intanto, il governo guarda alla riforma dell’Isee. Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, ospite del Meeting di Rimini, ha spiegato che un’apposita commissione sta concludendo il percorso per individuare alcune modifiche, rivolte a tutelare soprattutto i nuclei con figli. «L’auspicio – commenta Candida Sonzogni – è quello di essere parte attiva di tale riforma, vista l’esperienza che abbiamo maturato. Non è pensabile mettere in capo delle innovazioni se non nel senso di una maggiore equità e giustizia sociale, di sostegno effettivo, sapendo che è il sistema complessivo che deve andare incontro alle esigenze delle famiglie». «Bisognerà fare attenzione, nelle eventuali modifiche, affinché non si creino effetti opposti: quando fu varato l’Isee – ricorda Orazio Amboni – furono coinvolti alcuni dei migliori professori universitari con competenza sul tema». Quel che è certo, osserva Cristina Morstabilini, è che «ormai l’Isee è diventata una routine per le famiglie, perché la grande maggioranza delle prestazioni richiede questa attestazione».
© RIPRODUZIONE RISERVATA