Assunzioni con sgravi per aziende: sono più che dimezzate dal 2015

IL FOCUS. Il numero più alto (28.361) con l’esonero contributivo di 36 mesi del Jobs Act . Bassa l’incidenza degli esoneri sul lavoro femminile. Aumento dei licenziamenti disciplinari.

Incentivare le imprese ad assumere stabilmente - attraverso agevolazioni contributive - funziona? Eccome, a guardare i numeri, ma non per tutte le categorie di lavoratori allo stesso modo. Bastino pochi dati riferiti al 2015, quando il governo Renzi varò il tanto discusso Jobs Act. In quell’anno le aziende erano esonerate dal pagamento dei contributi per 36 mesi: un esonero triennale particolarmente generoso che in Bergamasca ha portato con sé 28.361 posti di lavoro. Nella fattispecie ha riguardato il 54,5% delle nuove assunzioni a tempo indeterminato, pari a 17.626 - più che in Lombardia dove l’incidenza delle agevolazioni contributive si è fermata al 50% - e l’80% delle trasformazioni a tempo indeterminato dei contratti a termine, pari a 10.735. Negli anni successivi si assiste al graduale crollo di questi numeri, anche perché gli sgravi fiscali sono stati nel frattempo rimodulati, fino ad arrivare al 2022, quando il peso degli esoneri sul cosiddetto posto fisso non raggiunge nemmeno l’8%, mentre va un po’ meglio con le stabilizzazioni (12,5%). Complessivamente la quota di assunzioni agevolate passa dal 31,6% del 2015 all’11,6% dell’anno scorso.

I dati dell’Osservatorio Lavoro della Provincia

Stando ai dati raccolti dall’Osservatorio Lavoro della Provincia su dati dell’Osservatorio Precariato dell’Inps, si nota come, in caso di incentivi alle assunzioni femminili il meccanismo non ingrani. Nel 2015 l’incidenza degli incentivi non raggiungeva neanche l’1% sulle assunzioni «rosa», mentre l’anno scorso è salita a quasi il 4%, portando a 466 le assunzioni di donne attraverso agevolazioni contributive. Si contano poi 1.879 rapporti di lavoro incentivati a favore di donne e over 50.

Per quanto riguarda il capitolo giovani, dal 2018 vengono introdotti incentivi strutturali all’occupazione giovanile, che nel 2022 si sono tradotti in 4.424 assunzioni.

Nel report della Provincia si evidenzia come «larga parte delle assunzioni e delle stabilizzazioni sono decise indipendentemente dall’esonero, che comunque ne riduce il costo per l’impresa» e che «l’insieme degli esoneri registra un’incidenza maggiore a Bergamo rispetto alla media nazionale e regionale».

Il fenomeno delle «grandi dimissioni»

Non arretra - anzi aumenta - il fenomeno delle «grandi dimissioni - in Bergamasca: nel 2022 se ne contano 54.639, che pesano per il 42% delle uscite, ben al di sopra del 36,5% registrato in Lombardia e del 28% rilevato in Italia. Tra i soli contratti a tempo indeterminato, le dimissioni (32.088) equivalgono al 77,3% delle cessazioni, «una quota nettamente e costantemente più alta rispetto a Lombardia (73%) e Italia (67%), segno di una maggiore mobilità del lavoro a Bergamo».

Aumento dei licenziamenti per motivi disciplinari

Altro fronte è quello dei licenziamenti di natura disciplinare: 5.318 nel 2022, in costante aumento dal 2014 quando erano «solo» 1.382. I licenziamenti di natura economica toccano si attestano a 8.310, pari al 6,4% delle uscite contro una media regionale e nazionale di poco superiore al 7%.

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