È allarme per il tessile orobico
«In aprile a rischio 300 posti di lavoro»

Il segretario Verdi: «Con lo sblocco dei licenziamenti, tagli del personale». Si stima che possano esserci 20 aziende in difficoltà. Crisi iniziata prima della pandemia.

L’andamento del settore tessile in Bergamasca preoccupa la Femca-Cisl di Bergamo e il suo segretario generale Cristian Verdi. Secondo una stima ancora provvisoria elaborata dal sindacato sarebbero circa 300 i posti a rischio immediato, che cioè alla data del 31 marzo, con il conseguente sblocco dei licenziamenti, potrebbero tradursi in posti di lavoro effettivamente persi. Femca-Cisl parla di circa 20 aziende del comparto tessile-moda costrette alla riduzione del personale o persino alla chiusura se la crisi dovesse perdurare.

Su questa lista ci sarebbero grandi nomi come realtà medio piccole e artigiane, per le quali la pandemia globale, più che innescare la crisi, ha dato il colpo di grazia di fronte a situazioni già precarie, come spiega Cristian Verdi: «Già oggi (martedì 2 febbraio per chi legge) una piccola confezione artigiana di otto persone ha chiuso la propria attività, ma l’anno scorso ha chiuso un’altra realtà con circa trenta dipendenti e in questi giorni i miei colleghi sono al lavoro su situazioni che stanno diventando critiche. La preoccupazione è che nel 2021 e soprattutto a fine marzo, se non ci sarà una netta ripresa dei consumi, qualche azienda possa arrivare a presentarci piani di riduzione del personale».

Il comparto descritto da Verdi è molto variegato, si va da realtà che fanno piccoli confezionamenti, a camicerie, da chi lavora sul tessile, come chi opera più ampiamente nel campo della moda, come bottonifici, concerie, pelletterie e calzaturifici. Anche le dimensioni variano parecchio, si va da grandi realtà a laboratori artigiani con cinque o otto dipendenti, comprendendo nel mezzo una costellazione di medie imprese con trenta, cinquanta o anche più lavoratori. «Noi stessi abbiamo conosciuto alcune di queste piccole realtà solo alla fine dello scorso anno e proprio a causa della richiesta degli ammortizzatori disponibili» spiega Verdi.

I numeri del settore
In provincia di Bergamo ci sono circa 230 aziende che si riconoscono nei contratti del settore tessile e contano 17 mila addetti, secondo i calcoli Femca-Cisl. Se a questi si aggiungono un migliaio di occupati del settore moda, si arriva a un totale di circa 18 mila addetti. Più della metà hanno usufruito o stanno usufruendo della Cassa integrazione Covid, come spiega il segretario generale: «Anche qui i casi variano molto, fra le più grandi che hanno usato la cassa turnando i dipendenti e chi ha avuto un fermo totale, ma parliamo di circa 150 - 180 aziende che l’hanno richiesta per un numero che supera la metà degli occupati del settore», quindi circa 9 mila persone. Unica nota positiva arriva da chi produce e lavora il tessuto non tessuto, il solo prodotto che, a seguito dell’emergenza sanitaria ha avuto un rimbalzo positivo. «Come si vede chiaramente, la situazione non è rosea - conclude Verdi, - usciamo da un anno che, nonostante la piccola ripresa di fine 2020, ha lasciato una perdita secca del 40%, mentre andando più indietro c’erano stati casi di aziende che restavano in equilibrio solo grazie alla debole ripresa del 2019. Per questo continueremo a chiedere la proroga della cassa integrazione Covid, il mantenimento del blocco dei licenziamenti e di un piano di aiuti per le imprese che vogliono investire nel tessile che è un patrimonio del manifatturiero bergamasco».

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