Frutta e verdura, prezzi su col pazzo meteo

IL CARO SPESA. Ritocchi del 30-40%. Coldiretti: effetti a lungo termine. Confagricoltura: pesano gli aumenti generali. È corsa al Mercato ortofrutticolo per accaparrarsi le cassette più belle e convenienti. «Mai vista così tanta gente».

Ore 9 in punto, aprono i cancelli del Mercato ortofrutticolo alla Celadina, scatta la corsa coi carrelli per accaparrarsi le cassette più belle di frutta e verdura. Altro che le auto d’epoca della MilleMiglia che, proprio in quel momento iniziano a sfilare lungo via Borgo Palazzo.

Non passa un minuto che davanti alle corsie di commercianti e produttori è già quasi una bolgia: cassette da cinque chili di pesche noci a 5 euro, di banane a 3 euro, di albicocche a 7. Sono i «fondi di magazzino» settimanali che devono essere venduti prima che sia troppo tardi. «Così tanta gente, in questa stagione, non se ne vedeva da tempo», dice Maria Rosa Belotti, produttrice insieme al marito di ortaggi sui Colli di Bergamo. «È il risultato delle gelate di aprile e delle alluvioni di maggio», ripetono i commercianti. Il nesso è presto fatto: le bizze di un tempo che non ne vuole più sapere di comportarsi «come si deve», stanno condizionando da settimane i prezzi della frutta e della verdura. «A breve vedremo gli effetti dell’alluvione dell’Emilia Romagna – spiegano –. In queste settimane sarebbero dovute arrivare le prime albicocche, le prugne e le pesche, ma ne vediamo davvero poche». Ci si rifornisce sempre più a Sud, in Puglia e in Sicilia, ma anche in Spagna; i chilometri aumentano e così anche i prezzi. «La frutta che oggi vendiamo a 2 euro, lunedì potremmo venderla a 3 euro ai supermercati», dice qualcuno, con ricarichi ancora più pesanti sul cliente finale. Un’altalena sulla quale anche i commercianti dell’Ortofrutticolo faticano a stare in equilibrio.

«Sta arrivando qualcosa dalle colline dell’Emilia – dice Fulvio Bosatelli, di Scanzorosciate –, ma c’è un problema di dolcezza». Quest’anno in quella zona il processo di maturazione della frutta è stato messo a dura prova prima dalla siccità, poi dalle gelate fuori stagione d’inizio primavera e infine dall’alluvione di un mese fa, che in molte località ha azzerato la produzione di un anno intero. I prezzi sono già saliti alle stelle: nei negozi e nei supermercati si sono toccati i 5 euro al chilo sia per le pesche sia per le albicocche, per non parlare delle ciliegie: «Da qualche parte le abbiamo viste a 10 euro – dice Federico Fapanni, produttore bresciano – e non ce ne sono quasi più». È la legge del mercato: l’anno scorso nelle cassette c’era di tutto e in quantità maggiori, quest’anno c’è meno scelta e per la merce più buona serve sborsare almeno il 30-40% in più di media. Per questo il mercato del sabato è sempre più gettonato. Gianni arriva da Paladina, è l’avamposto di un drappello di clienti che l’aspettano a casa, dove si divideranno sei cassette di zucchine, insalata, pomodori, pesche, meloni e cipolle. «La vendita a cassetta, se non hai una famiglia numerosa, può rivelarsi uno spreco – dice –. Ci siamo messi in tre, dal periodo del Covid, e ci dividiamo tutto». Ognuno fa come può. Nelle prossime settimane, se non cambia ancora il tempo, il prezzo delle pesche potrebbe assestarsi su valori più «normali», non quello di albicocche e ciliegie. Questa è la previsione dei commercianti. E c’è già chi guarda al futuro: «Le coltivazioni più danneggiate dell’Emilia Romagna non si riprenderanno in fretta e in autunno potrebbero mancare, ad esempio, le pere», dice Micol Ranieri.

Si salva la produzione locale, ma la provincia di Bergamo non è senz’altro tra quelle che primeggiano in fatto di alberi da frutto. E le prospettive non sono rosee: «Gli effetti delle inondazioni potrebbero sentirsi anche a lungo termine – conferma il presidente di Coldiretti Alberto Brivio –. Parliamo addirittura di anni, per alcune piante». Saremo dunque condannati ad acquistare sempre più lontano? «No, se saremo in grado di valorizzare le coltivazioni interne e dare il giusto riconoscimento alle coltivazioni nazionali – dice Brivio –. Dall’estero arrivano anche prodotti Ogm, che noi non sosteniamo. Piuttosto, una soluzione potrebbe essere quella di agevolare la ricerca verso nuove tecniche in grado di permettere alle coltivazioni di superare gli stress climatici ai quali sono sottoposti».

I prezzi fuori controllo non fanno che contribuire alla crescita dell’inflazione, di cui sono in parte sia causa che effetto: «Alla produzione i prezzi sono stati ritoccati di pochi centesimi – fa notare Pietro Ferri, produttore di ortaggi affiliato a Confagricoltura –, ma i costi sono saliti, dall’energia ai carburanti, lungo tutta la filiera. I consumatori pagano i rincari, ma noi che produciamo abbiamo margini sempre più risicati», e qualcuno, pur di non continuare a produrre in perdita, «sceglie di lasciare i terreni incolti», conclude Brivio.

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