Il grafene è pronto da indossare: l’ultima sfida, vinta, di Tecnofilati

L’azienda di Medolago. Un filato a base di grafene dalle capacità antistatiche, termoregolanti e conduttive, ma soprattutto molto resistente.

È l’ultima creatura di Tecnofilati, l’azienda di Abati Group che dal 1995 realizza tessuti innovativi sfruttando le peculiarità di materie prime come il carbonio, il rame, l’argento, la bioceramica. La nuova tecnologia, messa a punto dopo quattro anni di ricerca e un investimento di quasi un milione di euro, è in grado di legare chimicamente il grafene alla superficie del filato con il vantaggio, rispetto alla spalmatura classica, di un’ottima resistenza all’abrasione e ai lavaggi, una maggiore leggerezza e una minore rigidità delle fibre.

«Il grafene è il materiale più sottile che esista in natura - spiega Andrea Abati, 49 anni, fondatore di Tecnofilati, di cui è amministratore delegato il fratello Alberto -. Prodotto a partire dalla grafite, è costituito da uno strato monoatomico di carbonio disposto in una struttura esagonale. La dimensione del rivestimento, perciò, è nanometrica rispetto alla dimensione micrometrica delle fibre che compongono il filato». La materia prima usata dall’azienda di Medolago è di provenienza europea, «della più alta qualità disponibile sul mercato», aggiunge Abati, mentre la lavorazione prevede «un accurato controllo degli strati atomici con tanto di certificato di qualità rilasciato dall’Università del Piemonte Orientale, che eroga corsi in collaborazione con il Politecnico di Torino ed è specializzata sui prodotti a base di carbonio».

Molteplici applicazioni

Le applicazioni del grafene messe a punto da Tecnofilati sono molteplici: dai nastri trasportatori per le casse continue ai tapis roulant, dalle cinghie di distribuzione delle automobili all’abbigliamento sportivo tecnico, dai materassi alle fodere per l’abbigliamento fino a tomaie, suole e solette per le scarpe. «Tutto è partito nel 2018 - racconta Abati - quando abbiamo iniziato a studiare le possibili applicazioni del grafene in ambito tessile per sfruttarne sia la capacità antistatica sia quella di condurre il calore lungo la superficie del tessuto, distribuendolo dalle parti più calde a quelle più fredde. La sfida del nuovo millennio nel mondo dell’abbigliamento, infatti, è riuscire a mantenere l’equilibrio termico del corpo, anziché semplicemente scaldare».

In attesa del rilascio del brevetto internazionale per il nuovissimo filato, la cui produzione è green, completamente a base di acqua e senza l’uso di solventi inquinanti, l’azienda di Medolago ha già avviato un nuovo studio per il recupero in ambito tessile degli esoscheletri di insetti, in collaborazione con una società svizzera e, ancora una volta, con l’Università del Piemonte Orientale. L’innovazione è nel dna di Abati Group, che ha appena festeggiato i 45 anni di Abafil, fondata nel 1977 da Sergio Abati, papà di Andrea e Alberto, e specializzata in filati di alta qualità, dal tradizionale cotone alla viscosa, dai sintetici a quelli riciclati in cotone e poliestere certificati Grs.

Ora focus sull’export

Oggi il gruppo, che oltre ad Abafil e Tecnofilati comprende anche la società svizzera HumanWellness e l’immobiliare industriale AB Real Estate, conta circa un centinaio fra dipendenti diretti e indiretti e ha chiuso il 2022 con un fatturato di 12 milioni di euro, per il 40% alimentato dalle esportazioni in oltre 15 Paesi e per il 60% dal mercato interno. «Dopo un forte rallentamento registrato a settembre, negli ultimi due mesi dell’anno appena finito abbiamo visto segnali di ripresa, perciò nel 2023 contiamo di poter mantenere gli stessi livelli - conclude Abati -. Il nostro obiettivo è aumentare l’export arrivando a invertire le percentuali di vendita fra estero e Italia».

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