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Giovedì 12 Giugno 2025
Il tessile frena ancora. Confindustria: «Condividiamo le idee per crescere»
I DATI. L’export rallenta di nuovo, ma Bergamo perde meno terreno rispetto all’Italia. «La sfida è mantenere la centralità del Made in Italy».
Mantenere la rotta, uniti, senza smettere di evolvere con il mercato. Non esiste una formula magica per risollevare il comparto della moda in Italia, e non solo, dalla crisi delle esportazioni in cui sembra essersi inabissato. Ma Silvana Pezzoli, vicepresidente vicario di Confindustria Moda, con delega alla crescita associativa e comunicazione interna, non ha dubbi sulla regola di base: «Le grandi e piccole imprese, soprattutto in un Paese di Pmi come l’Italia, devono confrontarsi, condividere best practice e collaborare apertamente, riconoscendo punti di forza e aree di miglioramento».
L’export rallenta
Certo, i numeri raccontano una situazione difficile per il settore hanno evidenziato i vertici di Confindustria Moda nel corso di un incontro con i giornalisti a Milano. Sul fronte estero, dopo i rimbalzi post-pandemia, il ritmo dell’export rallenta, secondo i dati Istat. Nei mesi di gennaio e febbraio le vendite oltreconfine del comparto si sono attestate a 6,2 miliardi di euro, in flessione del 5,5% rispetto all’anno scorso. La correzione è sostanzialmente più severa sui mercati extra-Ue (13,05 miliardi; -9,3%) rispetto a quelli intra-Ue (3,16 miliardi; -1,4%).
Bergamo tiene
A Bergamo, invece, nel 2024 l’export settoriale della provincia è stato pari a 891,5 milioni di euro, in calo dello 0,7% rispetto al 2023. Una flessione lieve rispetto alla media nazionale, che conferma la capacità del distretto bergamasco di reggere l’urto. La quota più rilevante (71,9%) riguarda il comparto tessile, mentre il restante 28,1% è relativo all’abbigliamento. La provincia pesa per il 7,7% sull’intero export lombardo del comparto.
«Dobbiamo fare massa critica, condividere idee, risorse, strategie. L’unione delle forze è la chiave per rafforzare tutta la filiera»
«Il momento non è dei più semplici – sottolinea Silvana Pezzoli, Executive vice presidente di Sitip spa – ma l’importante è non smettere di costruire. Dobbiamo fare massa critica, condividere idee, risorse, strategie. L’unione delle forze è la chiave per rafforzare tutta la filiera». La sfida oggi, aggiunge ,«è proprio questa: mantenere la centralità del Made in Italy in un contesto economico globale complesso». La fotografia dell’Ufficio Studi di Confindustria Moda indica per i primi mesi del 2025 un sentiment imprenditoriale improntato alla prudenza: il 42% degli operatori prevede un fatturato stabile, il 37% teme una contrazione, e solo il 21% si aspetta una crescita.
Cassa Integrazione in aumento
Nel frattempo, è in aumento anche il ricorso alla Cassa Integrazione (Cig): nel primo trimestre 2025 sono state autorizzate 13,1 milioni di ore (+20,4% su base annua), di cui 8,3 milioni nel tessile e 4,8 milioni nell’abbigliamento. In particolare, il comparto dell’abbigliamento ha registrato un balzo importante che tocca il +61,4% nelle ore autorizzate.
«Il rallentamento dell’export e l’aumento della cassa integrazione– spiega Luca Sburlati, presidente di Confindustria Moda – dimostrano quanto il nostro settore stia pagando la debolezza dei consumi interni, la pressione sui costi e l’incertezza internazionale».
«Anticipare le crisi»
Sburlati insiste sulla necessità di una svolta strategica: «Abbiamo sempre reagito bene alle crisi, ma ora dobbiamo imparare ad anticiparle. Serve una strategia condivisa e un piano industriale per la moda italiana, che metta al centro tutte le filiere: dal tessile tecnico all’arredo, fino al fashion tradizionale».
Innovazione e visione a lungo termine
«Tutte le filiere della moda, dal tessile classico a quello tecnico e per arredamento, devono puntare su innovazione e visione di lungo periodo – conclude –. Il tessile tecnico, con applicazioni strategiche in settori come l’aerospaziale, rappresenta un esempio concreto del potenziale di diversificazione del nostro comparto». Guardare lontano significa anche rivolgere lo sguardo al Mercosur e all’Africa, mercati con un grande potenziale ma anche possibili competitor.
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