Industriali e Caritas, la sfida: un lavoro per chi oggi è ai margini

Formazione, corsi d’italiano e di guida per rimuovere le cause alla ricerca di un’occupazione. Scaglia: modello utile a recuperare anche i giovani neet.

Le aziende cercano personale, eppure c’è chi non riesce a trovare lavoro. E non si tratta della difficoltà a far incontrare domanda e offerta, ma di fasce di popolazione messe ai margini dalla pandemia. Così Confindustria Bergamo e l’associazione Diakonia della Caritas diocesana bergamasca hanno ideato il progetto #Focus: Formazione Occupazione Sviluppo, un modello innovativo di riqualificazione professionale.

«Vogliamo andare alla radice dei problemi, capire le cause di non occupabilità e rimuoverle - ha sottolineato il presidente di Confindustria Bergamo Stefano Scaglia illustrando l’iniziativa ieri nella sede dell’associazione al Km Rosso - per dare una risposta efficace alle richieste delle imprese, ma anche un concreto segnale di attenzione al territorio e alle persone in difficoltà».

«Insieme a Confindustria Bergamo e a L’Eco di Bergamo durante la pandemia abbiamo realizzato il progetto “Abitare la cura” e Confindustria ha sostenuto l’Accademia dell’Integrazione per l’accoglienza dei richiedenti asilo - ha ricordato don Roberto Trussardi, direttore della Caritas diocesana bergamasca -. Questa nuova collaborazione permette l’integrazione negli ambienti lavorativi da parte di persone che, a causa della pandemia, hanno perso il posto di lavoro».

In concreto, l’associazione degli imprenditori ha condotto un sondaggio su 305 aziende individuando i profili più richiesti: addetto all’assemblaggio/montaggio, operatore di robot industriali, conduttore di impianti e macchine a controllo numerico, addetto alla saldatura, alle pulizie e al magazzino. Da parte sua, invece, Diakonia ha individuato 428 persone senza lavoro disponibili a partecipare al progetto. Una cinquantina di queste sono state intervistate con l’aiuto di Servizi Confindustria Bergamo e di Gi Group per capire il loro grado di occupabilità e individuare gli ostacoli al loro reinserimento nel mondo del lavoro.

Il 39% dei profili riguarda donne, per lo più straniere. La maggior parte degli intervistati risiede nella cintura urbana di Bergamo e in Valle Seriana, ha un’età compresa fra 30 e 50 anni e un titolo di licenza media (ma non mancano anche laureati). Quanto alle difficoltà, il 35% ha problemi di mobilità perché non automunito, un altro 35% non riesce a conciliare gli orari di lavoro con le esigenze familiari, solo il 17% ha problemi linguistici. Il 40% è immediatamente ricollocabile in ambito produttivo o in servizi di pulizia, il 46% è occupabile se aiutato e solo il 15% risulta poco occupabile. «Metteremo in campo corsi di italiano e corsi per la patente - ha spiegato don Roberto Trussardi - mentre per i problemi di orario stiamo cercando di individuare con le imprese i turni più confacenti oppure indirizzeremo gli interessati ai servizi sociali presenti sul territorio. È uno sforzo enorme, ma crediamo ne valga la pena. L’obiettivo finale è permettere a chi è in difficoltà di procurarsi da vivere dignitosamente con un lavoro».

«Le aziende hanno dimostrato grande interesse a mettersi in gioco anche con percorsi di formazione interni e altre azioni di aiuto - ha aggiunto il direttore di Confindustria Bergamo Paolo Piantoni -. Quello che emerge chiaramente è che bisogna muoversi velocemente perché il mondo del lavoro sta vivendo cambiamenti rapidissimi. Basti pensare che eravamo partiti da un cluster di cinquemila persone che nel giro di pochi mesi sono scese a poco più di 400. Molti nel frattempo probabilmente sono riusciti a ricollocarsi, altri non hanno risposto, ma un buon numero di persone ha ancora bisogno».

Una volta messo a punto il modello d’intervento, l’idea è, nel tempo, di estenderlo su più ampia scala. «Per esempio - ha concluso Scaglia - c’è il mondo silente dei giovani neet, che non studiano e non lavorano: questo progetto potrebbe essere applicato anche a loro».

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