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Venerdì 18 Luglio 2025
L’anticipo del Tfr per fare le vacanze: «Scelta rischiosa»
IL DIBATTITO. Gualini: lo concediamo anche per casi non previsti dalla legge, la decisione finale è del dipendente. Nieri (Cisl): non può essere considerato un bancomat.

Cosa fare se un dipendente chiede l’anticipo del trattamento di fine rapporto per andare in vacanza o acquistare un’auto? «Da una parte vorrei proteggerlo da scelte finanziarie discutibili, dall’altra rispettare la sua libertà. E non so ancora se stiamo facendo la cosa giusta», scrive su LinkedIn Miriam Gualini, ceo di Gualini Lamiere di Bolgare e componente del board di Federmeccanica.
Il cuore della questione è tutto in questa tensione tra tutela e autonomia, tra ruolo aziendale e rispetto delle scelte individuali. «Il dilemma è semplice ma profondo: devo fare il “genitore” dei miei dipendenti o devo rispettare la loro autonomia?», si chiede Gualini, raccontando come la sua azienda abbia adottato una prassi abbastanza aperta: «Concediamo l’anticipo Tfr anche per casi non previsti dalla legge, spieghiamo chiaramente i rischi di intaccare questo “salvadanaio” e organizziamo corsi di educazione finanziaria gratuiti per formare le persone. Ma alla fine la decisione è loro».
La posizione del sindacato
Per Luca Nieri, della segreteria Cisl Bergamo, «questa è una situazione ricorrente soprattutto nelle realtà medio-piccole, dove influisce il rapporto più diretto con il datore di lavoro». Se da un lato la legge stabilisce che l’azienda sia obbligata a concedere l’anticipo del Tfr in caso di acquisto della prima casa e spese sanitarie straordinarie, Nieri ricorda che in tutti gli altri casi «sta alla discrezionalità del datore di lavoro concederlo». Allo stesso tempo, però, mette in guardia contro una visione del Tfr come fosse una riserva pronta all’uso: «Il trattamento di fine rapporto è retribuzione differita che viene accantonata di mese in mese. Non può essere considerato alla stregua di un bancomat per avere liquidità immediata».
Il nodo, per Nieri, è soprattutto culturale. «Dovrebbe aumentare l’accantonamento nei fondi di previdenza complementare, ancora poco diffusa, non tanto nell’industria, quanto nel comparto artigiano, dove su 30mila lavoratori solo qualche centinaio ha una previdenza complementare attiva». Il rischio è, in futuro, di «avere pensionati poveri», in un sistema pensionistico che «creerà soggetti più fragili», soprattutto giovani, donne e lavoratori con carriere discontinue.
Una visione condivisa anche da Mirco Rota della Fiom Cgil nazionale: «La soluzione migliore è devolvere il trattamento di fine rapporto alla previdenza integrativa, necessaria soprattutto per i giovani. In questo modo è più difficile erodere il tesoretto messo da parte nel tempo».
Emilio Lollio, segretario generale Uilm Bergamo-Cremona, invita a distinguere tra le motivazioni alla base delle richieste: «In molti casi ci sono esigenze familiari, come tornare a far visita ai propri cari fuori dall’Italia per i lavoratori stranieri. Lo stesso acquisto di un’auto non è una cosa futile, ma necessaria». Il sindacalista Uil sottolinea, inoltre, come le richieste di anticipi del Tfr siano aumentate negli ultimi anni, anche per la crescente difficoltà economica delle famiglie. «Anche per questo chiediamo l’aumento delle retribuzioni. Al centro della trattativa sul rinnovo del contratto dei metalmeccanici, scaduto nel 2024, c’è l’obiettivo di ottenere 280 euro lordi al mese nel triennio».
Il post di Miriam Gualini ha avuto il merito di mettere a nudo un nodo etico e culturale che tocca l’identità stessa del rapporto tra impresa e lavoratori. «Ogni volta che firmo un anticipo Tfr per una vacanza o una macchina nuova, una parte di me si chiede se non stia facendo un disservizio a quella persona», scrive con franchezza l’imprenditrice. E conclude con un dubbio che resta aperto: «Chi sono io per imporre agli altri cosa fare con i loro soldi?». Una domanda che chiama in causa non solo la responsabilità del datore di lavoro, ma anche - e forse soprattutto - quella collettiva di un sistema che deve prendersi cura del futuro.
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