«Personale introvabile, colpa del precariato. È la regola, incoraggia i giovani a emigrare»

Lo scenario. La Cisl punta il dito contro il lavoro instabile e a termine che è ormai al 70% delle assunzioni. Mazzola: «Troppa flessibilità in entrata e poca in uscita: tra gli occupati aumenta chi non riesce a mantenersi».

«Il precariato è diventato la regola per oltre il 70% dei nuovi assunti in Bergamasca: non c’è da meravigliarsi se le imprese hanno difficoltà a reperire personale». Dati alla mano, il segretario provinciale della Cisl di Bergamo Danilo Mazzola lancia l’allarme.

Secondo i dati dell’Osservatorio provinciale resi noti nei mesi scorsi ed elaborati dalla Cisl di Bergamo, nei primi tre trimestri degli anni dal 2019 al 2022 gli avviamenti al mondo del lavoro sono stati 412.453. Di questi, 266.877 i contratti flessibili (a tempo determinato o in somministrazione), 22.097 gli incarichi precari (tirocini, contratti a progetto e lavori socialmente utili) e solo 123.479 le assunzioni stabili (compresi l’apprendistato, formalmente a tempo indeterminato).

«Il precariato è diventato la regola per oltre il 70% dei nuovi assunti in Bergamasca»

Scendendo nel dettaglio, la tipologia contrattuale più diffusa è il tempo determinato (192mila in totale), contro 103 mila assunzioni definitive e 74 mila rapporti in somministrazione, mentre i contratti di apprendistato sono stati poco più di 19.500.

In termini tendenziali il precariato sul territorio provinciale è addirittura cresciuto: 80.200 avviamenti in somministrazione e a tempo determinato fra gennaio e settembre 2022, +25% rispetto ai 64.139 dello stesso periodo del 2019. Gli ingressi stabili, invece, sono rimasti sostanzialmente fermi: erano 29.198 nel 2019, sono stati 28.241 nel 2022.

«In quattro anni sono cresciute del 24% le assunzioni a tempo determinato e del 27% quelle in somministrazione - specifica Mazzola - mentre sono diminuiti del 3% i contratti a tempo indeterminato e sono aumentati del 26% quelli di apprendistato». Stabili i contratti a progetto, sono invece calati del 31% i lavori socialmente utili e del 18% i tirocini. «Se si rapporta il dato degli avviamenti precari ai 370 mila lavoratori dipendenti che compongono il mercato del lavoro bergamasco - sottolinea Mazzola - i numeri sono significativi. C’è troppa flessibilità in entrata e troppo poca in uscita e la questione va affrontata con urgenza, perché fra coloro che risultano occupati c’è tanto “lavoro povero”, quello di chi, pur lavorando, in realtà non riesce a mantenersi».

«Il lavoro deve costare di più»

Per Mazzola la vera sfida per i prossimi anni sarà cercare di aumentare il numero di contratti di assunzione stabili stipulati ogni anno. «Il lavoro a tempo determinato deve costare di più - sostiene - e bisogna portare a termine al più presto la riforma, ormai ferma da mesi, dei tirocini extracurriculari», cioè i contratti di stage usati per gli studenti dopo l’uscita dalla scuola.

«In quattro anni sono cresciute del 24% le assunzioni a tempo determinato e del 27% quelle in somministrazione mentre sono diminuiti del 3% i contratti a tempo indeterminato e sono aumentati del 26% quelli di apprendistato»

«La riforma sostanzialmente li aboliva, consentendoli solo per determinate categorie come i disabili. Si capisce: in Lombardia la remunerazione prevista parte da un minimo di 500 euro al mese, senza neppure il pagamento dei contributi. Ma se un giovane ha una professionalità acquisita dopo anni di studio è ovvio che scappi via alla prima occasione di un contratto meglio remunerato, magari all’estero. Le imprese hanno bisogno di professionalità, ma se la vogliono devono pagarla».

Mazzola punta il dito anche contro le misure introdotte dall’ultima legge di bilancio: «Mentre prima il lavoro occasionale era vietato nelle imprese con più di 5 dipendenti, dal primo gennaio di quest’anno il limite è stato portato a 10 - fa presente il segretario provinciale Cisl - con possibilità di applicazione anche nell’ambito delle attività turistiche ricreative come discoteche, night club e simili. Ad allargare il ricorso a questa tipologia contribuirà anche il fatto che un unico utilizzatore può erogare compensi fino a 10 mila euro contro un massimo di 5 mila previsto dalla vecchia norma».

Precariato anche in agricoltura

Il precariato affligge anche il settore agricolo. Per il biennio 2023/2024 è stato introdotto un regime sperimentale che prevede un contratto di durata non superiore ai dodici mesi nel limite di 45 giornate annue per lavoratore. «Si tratta di un modello ibrido sul quale stiamo aspettando chiarimenti - commenta Mazzola - ma è chiaro che un comparto dove già c’è fin troppa flessibilità non ha bisogno di ulteriori smagliature».

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