Stop alla produzione di passeggini Cam: a rischio 85 addetti

LA CRISI. L’azienda ha annunciato lo stop entro fine gennaio, proseguirà l’attività commerciale. I sindacati: cercare soluzioni per la tutela dei lavoratori.

Non sempre il made in Italy ce la fa a competere, perché la qualità dei prodotti spesso richiede costi più elevati a discapito della competitività. Prosegue la crisi senza fine per il mondo della prima infanzia e per il business bergamasco della puericultura pesante e del suo indotto, un tempo riferimento del settore e locomotiva occupazionale per il territorio, con Telgate a rappresentare la «capitale dei passeggini».

L’annuncio della chiusura

Cam, con quartier generale a Grumello del Monte e una seconda sede a Telgate, dopo 56 anni di storia ha annunciato la chiusura per il 31 gennaio 2026, dopo anni più che complicati. L’annuncio arriva direttamente dalla famiglia Rho, fondatrice dell’azienda, che ha tenuto a precisare: «Si tratta di una decisione presa con enorme rammarico. In questi anni abbiamo fatto il possibile per fronteggiare una situazione di crisi ricorrendo agli

«Si tratta di una situazione ormai insostenibile, da ricondurre a due principali motivazioni: da un lato il calo della natalità con conseguente contrazione della richiesta, dall’altro l’impossibilità di affrontare e sostenere la competizione con la concorrenza cinese»

ammortizzatori sociali e ad altre soluzioni incentivanti favorite anche dalla disponibilità dei sindacati. Si è cercato in ogni modo di risolvere scenari e contesti complicati per la nostra azienda. Ma si tratta di una situazione ormai insostenibile, da ricondurre a due principali motivazioni: da un lato il calo della natalità con conseguente contrazione della richiesta, dall’altro l’impossibilità di affrontare e sostenere la competizione con la concorrenza cinese, il cui costo dei prodotti è di circa il 50% inferiore al nostro. Negli ultimi anni i produttori cinesi si sono organizzati per distribuire i loro prodotti direttamente nei mercati mondiali bypassando i distributori locali. Inoltre, si presentano con ampie risorse economiche necessarie a entrare con facilità nel sistema distributivo organizzato. Di riflesso, la situazione è diventata insostenibile». Attualmente Cam conta 85 dipendenti, in gran parte donne, impegnati nei due stabilimenti della Valcalepio. L’intenzione della proprietà è quella di proseguire l’attività a pieno regime fino a fine gennaio, per poi proseguire con una parte di personale tra logistica, commerciale e uffici amministrativi per portare avanti l’attività commerciale. Altre ipotesi o scenari al momento sono prematuri, in primis quello del destino dei dipendenti attualmente in forza. Cam, negli anni di massimo successo commerciale, era presente in 75 Paesi al mondo con i suoi prodotti accompagnati dall’indovinato slogan popolare «Il Mondo del bambino», vale a dire sistemi modulari, carrozzine, passeggini e seggioloni. Peraltro l’azienda negli anni si è sempre impegnata nello sviluppo e lancio di nuovi prodotti e soluzioni, supportati anche da campagne pubblicitarie.

Un’azienda con 85 dipendenti

Immediata la presa di posizione dei sindacati di categoria - Fim-Cisl e Fiom-Cgil di Bergamo - che nella giornata di ieri hanno organizzato prima un’assemblea con i lavoratori e poi uno sciopero di quattro ore nel pomeriggio. «C’è preoccupazione per il destino dell’azienda e dei lavoratori. Siamo stati informati dalla proprietà e attendiamo che la decisione sia formalizzata ufficialmente (i sindacati non hanno ancora ricevuto la comunicazione dell’apertura della procedura di mobilità, ndr)», hanno sottolineato in un comunicato congiunto Vincenzo Zammito (Fim-Cisl) e Manuel Carrara (Fiom-Cgil). «L’auspicio - continuano - è che Cam riveda le proprie intenzioni e avvii un confronto costruttivo sul tema per individuare possibili soluzioni alternative o comunque idonee a venire incontro alle esigenze dei lavoratori (gli ammortizzatori sociali sono terminati, ndr)». Il 2025 in salita ha di fatto rappresentato una débâcle per Cam, che a marzo ha annunciato 50 esuberi su un organico di 139 persone, conclusosi con una procedura di mobilità volontaria incentivata. Risale alla scorsa estate, invece, il ricorso alla cassa integrazione ordinaria e infine la mobilità aperta per 13 dipendenti dell’area stampaggio.

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