Al popolo ucraino il prezzo più tragico

Provvedimenti contro l’allarmante rincaro di gas e petrolio, l’efficacia o meno delle sanzioni contro Mosca, vertici asiatici e dibattiti su un nuovo ordine mondiale. Ma il cuore dei problemi resta la tragedia che si è abbattuta sull’innocente popolo ucraino, brutalmente aggredito dall’esercito russo. È lui a continuare a pagare il prezzo più alto dei conflitti che si sono aperti con l’invasione russa del 24 febbraio scorso.

Ricordiamo il bilancio della guerra, fino a qui, per fare memoria di quale dramma stiamo parlando: 29.587 ucraini uccisi, 52.890 feriti, 14 milioni tra profughi e sfollati, 140mila edifici distrutti comprese 2.400 scuole e ospedali, il 20% del territorio sottratto dove si produce il 25% del Pil del Paese occupato. Il conteggio dei morti è provvisorio: nei boschi intorno a Izyum, nel nord-est dove l’esercito di Kiev ha riconquistato in pochi giorni 8mila km quadrati e 300 tra villaggi e cittadine, sono state trovate fosse comuni con i corpi di almeno 500 persone, compresi bambini . I civili accertati uccisi dai russi a Izyum sono 700 ma il dato continua a salire. Poi c’è l’angosciante incognita di Mariupol: gli scomparsi dalla città in mano al Cremlino sono 135mila, una parte potrebbe essere stata deportata in Russia, un’altra senza vita tra le macerie sulle quali gli invasori stanno ricostruendo edifici senza rimuovere i corpi per nascondere le prove di eccidi. E poi un dato particolarmente choccante: il numero di bambini uccisi o feriti in Ucraina ha superato i mille, secondo «Save the children», una triste pietra miliare dopo soli sei mesi di guerra . Dal 24 febbraio sono stati ammazzati o feriti in media cinque minori al giorno, dice un’analisi su dati verificati dall’Onu. Si stima che ogni settimana ci siano danni per 4,5 miliardi di dollari. «È la guerra» dicono i commentatori più cinici. Ma la causa delle vittime ucraine non gode di molta empatia popolare, perché ci sono di mezzo (dalla parte degli aggrediti) gli Usa e la Nato e per le richieste assecondate del presidente Volodymyr Zelensky di ricevere dall’Occidente armi, contributi delle intelligence e sostegno politico. Le vittime però restano tali, non cambiano status a seconda di chi le sostiene.

Anche la reazione di Vladimir Putin all’avanzata lampo dell’esercito di Kiev nel nord- est finora ha preso di mira ancora una volta i civili. Ha puntato in maniera decisa sulle infrastrutture, colpendo centrali elettriche, vie di comunicazione e reti ferroviarie, sia nella regione di Donetsk (Donbass) che nelle aree più meridionali di Mykolaïv e Zaporizhzhia, oltre che la diga a Kryvyi Rih (a sud, città natale di Zelensky). Gli attacchi missilistici contro le centrali elettriche hanno lasciato la città di Kharkiv senza elettricità e molti altri centri del Donetsk con gravi problemi di approvvigionamento. La strategia russa è di distruggere deliberatamente le infrastrutture energetiche dell’Ucraina prima dell’arrivo dell’inverno, in una delle aree più fredde dell’Europa continentale, così da generare la massima pressione, in termini umanitari, sulla popolazione locale. Tagliare luce e acqua significa obbligarla ad abbandonare le città o rassegnarsi agli stenti. La priorità del Cremlino ora è difendere il Donbass nelle sue delimitazioni pre conflitto e tutelare Kherson dall’avanzata ucraina: la città è al centro di un’area decisiva perché da qui partono acquedotti e canali che trasportano l’85% del fabbisogno di acqua dolce alla Crimea occupata. Per riconquistare i territori perduti Mosca avrebbe bisogno di molti più soldati rispetto a quelli oggi a disposizione. Ma dovrebbe rompere l’ipocrisia di chiamare l’aggressione «operazione militare speciale» e darle invece il suo vero nome (guerra) ricorrendo così alla mobilitazione generale (impopolare però) per poter mandare al fronte migliaia di giovani soldati di leva. Ma non lo fa e si affida ai missili a lunga gittata. Mercoledì scorso almeno sei, lanciati da bombardieri Tupolev, hanno colpito e semidistrutto la diga Karachunovsky creando una piena che ha inondato le frazioni e i campi a valle e alcune parti della città di Kryvyi Rih, svuotando il bacino dell’approvvigionamento d’acqua per i civili. Per questo obiettivo sono stati utilizzati missili Kh-101 del costo di 13 milioni di euro l’uno.

Naturalmente ogni persona di buon senso desidera la pace e il dialogo. Anche grandi potenze come Cina e India, non certo ostili alla Russia, hanno chiesto a Putin lo stop al conflitto ma lo zar ha scaricato le responsabilità su Kiev. Così non se ne esce. Viene preso letteralmente di mira anche l’elemosiniere del Papa. Ieri infatti il cardinale Konrad Krajewski era a Zaporizhia (zona sotto il controllo dei filo russi) e, mentre viaggiava su un pulmino carico di viveri per la popolazione, è stato raggiunto da spari ma si è salvato. Non viene risparmiato nemmeno il rappresentate dell’unico leader mondiale costantemente dedito alla causa della fine della guerra.

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