Biden-Trump, politica Usa da anni senza ricambio

MONDO. Donald Trump si candida e Joe Biden, come hanno fatto molti suoi predecessori, si ricandida.

Nulla di inatteso, da notare semmai una certa «perfidia» da parte del presidente in carica: l’annuncio è arrivato con un video messo online a quattro anni esatti di distanza dalla prima candidatura (annunciata, appunto, il 25 aprile del 2019) e nel giorno in cui il rivale, venti giorni dopo il rinvio a giudizio per i quattrini con cui avrebbe «comprato» il silenzio della pornodiva Stormy Daniels, vede aprirsi a suo carico un processo per l’accusa di stupro (i fatti risalirebbero a venticinque anni fa) rivoltagli dalla scrittrice Elizabeth Jean Carroll, oggi settantanovenne.

Molti pensavano che la mossa di Biden sarebbe arrivata più tardi, ma la coincidenza era troppo ghiotta, quasi fatta apposta per suggerire che Trump è sempre Trump e che la sfida si concluderà come quella precedente, con la vittoria del Presidente. C’è anche un’altra ragione per l’accelerazione bideniana: la questione dei fondi. Serviranno, pare, almeno due miliardi di dollari per una campagna elettorale destinata a battere tutti i record, quindi occorre tempo per raccogliere una simile montagna di soldi.

Inutile sottolineare le reazioni sarcastiche dei repubblicani. O soffermarsi, ora, su qualche silenziosa perplessità che si annida tra i democratici: solo il 16%, secondo i più recenti sondaggi, è felice per la sua candidatura, anche se nella grande maggioranza i militanti dem lo ritengono il più adatto a battere Trump. Più utile invece notare un altro dato. Già nel 2020, Trump e Biden, con i loro 74 e 77 anni, formavano la coppia di sfidanti più anziana nella storia delle elezioni presidenziali americane. Figuriamoci adesso, quando tra l’altro Biden, con i suoi 80 anni, è il presidente in carica più vecchio tra i 46 eletti finora.

Questo significa che da lunghi anni nei due grandi partiti americani non si assiste a un vero ricambio. Con una differenza: Trump ha «trumpizzato» il partito, sfruttando l’abilità comunicativa e il populismo per parlare alla pancia del Paese e soggiogare la vecchia classe dirigente. Biden, invece, è una specie di «usato sicuro», un politico di lunga esperienza, super-affidabile per il partito e soprattutto per le due grandi «famiglie» politiche che ne influenzano le sorti: i Clinton e gli Obama.

Resta il fatto che il rinnovarsi della sfida tra Biden e Trump è l’esito di un’assenza quasi totale di volti e proposte nuove. Così, fatalmente, vedremo riproporsi temi già trattati. Da parte di Trump, la grandezza degli Usa da ricostruire, a partire dalla difesa dell’industria nazionale per attrarre i voti di una classe operaia delusa dalle politiche di Biden che, per fare un esempio, non è riuscito a far passare al Congresso l’aumento del salario minimo federale. Da parte di Biden, le grandi riforme ambientali e i sussidi alle aziende tecnologiche strategiche. Si parlerà molto di libertà, Trump per ridurre la presenza dello Stato, Biden per descriverla minacciata dalle politiche di Trump (il suo video di candidatura mostra, non a caso, l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021). Biden parlerà poco di politica estera (nel video non si parla del sostegno all’Ucraina, sempre meno popolare negli Usa), Trump ribadirà di non essersi mai fatto coinvolgere in alcun conflitto e, semmai, di aver portato il disgelo nei rapporti tra Israele e le monarchie arabe.

Di certo dobbiamo aspettarci una campagna dura e senza esclusione di colpi. Rancorosa, anche, e molto. La rivalità tra i due non è solo politica ma personale. Trump è convinto che i suoi problemi giudiziari spuntino su mandato di Biden. Biden ricorda bene come Trump, nel 2020, cercò di «incastrarlo» per le attività in Ucraina di suo figlio Hunter. Da oggi al voto del 5 novembre 2024 saranno diciotto mesi lunghissimi. Per gli Usa e, come sempre, anche per il mondo

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