Centrodestra
I candidati
sindaco
e il ripiego

Se si guarda ai sondaggi, si vede che il centrodestra unito oggi vincerebbe le elezioni politiche. Ma anche che raccoglierebbe consensi maggioritari in moltissime realtà in cui si voterà per le amministrative di ottobre. A cominciare da Roma, disastrata dopo la gestione di Virginia Raggi. Eppure il centrodestra fa una gran fatica a trovare personalità, specialmente della «società civile», disposti a correre per esso. E quando li trova, li affonda con i veti reciproci dei partiti. La gara interna per la leadership in corso tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini dissemina difficoltà e problemi ad ogni passo, e si sa che quando si tratta di candidature, in genere i problemi si moltiplicano.

.A Milano è fresca la ritirata dell’imprenditore di Oscar di Montigny, sgradito a Berlusconi, e freschissima la bocciatura di Maurizio Lupi (sostenuto dal Cavaliere) da parte di Matteo Salvini. In piedi sembra rimasta solo la candidatura dell’ex sindaco Gabriele Albertini ma solo come vice, secondo le condizioni da lui stesso poste ai partiti. Un’incertezza aumentata dai continui rinvii dei vertici e delle riunioni. «Siamo pronti al 90%» assicura Salvini, peccato che il 10 restante riguarda proprio il nome del candidato sindaco. L’uscente Sala, piddino, che nei sondaggi gode del sostegno non particolarmente rassicurante di un 42% dei milanesi, guarda alle diatribe degli avversari con una certa crescente speranza di ottenere un nuovo mandato.

Veniamo poi dalla tribolatissima scelta del candidato di Roma e ancora stiamo discutendo i casi delicatissimi di Milano, Bologna e Napoli. A Roma alla fine l’ha spuntata Giorgia Meloni - come in realtà era chiaro sin dall’inizio, essendo Fratelli d’Italia, erede del Movimento Sociale, un partito molto radicato nella Capitale e nel Lazio - ma su un nome, quello dell’avvocato Enrico Michetti, un «tribuno» già protagonista di un paio di gaffes sul tema Fascismo e dintorni, che è apparso da subito come un ripiego, la dimostrazione di debolezza piuttosto che di vivacità politica. Eppure «il candidato di centrodestra» - chiunque egli fosse - è stato per mesi lo spauracchio di Pd e 5 Stelle, entrambi certi di avere a che fare con il predestinato alla vittoria. Per attrezzarsi al meglio alla battaglia, il centrosinistra ha pensato bene di dividere le forze tra l’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri (un tecnico preparato ma semi sconosciuto in città e privo di empatia con l’elettorato) e l’outsider Carlo Calenda che è isolato ma sta facendo da tempo una campagna elettorale molto efficace nelle periferie. I due si faranno la guerra naturalmente, ed entrambi cercheranno di rubare i voti residui a Virginia Raggi che ha avuto la testardaggine di ricandidarsi al Campidoglio. Nonostante questo panorama desolato, il candidato del centrodestra continua ad apparire debole.

Altrettanti problemi si sono registrati fino alle ultime ore a Bologna dove vari imprenditori che si sono fatti avanti non sembrano poter contrastare il Pd Matteo Lepore, vincitore delle primarie del centrosinistra e pronto a diventare sindaco. Allo stesso modo l’ex magistrato napoletano Catello Maresca non riesce a convincere Meloni della bontà del proprio orientamento di correre senza bandiere di partito. «Non se ne parla nemmeno», è stato il commento della leader dell’opposizione.

Insomma, un quadro molto confuso, diretta conseguenza come dicevamo della gara per la leadership della coalizione, ma anche della diversa collocazione politica nazionale tra Lega e Forza Italia (al governo) e Fratelli d’Italia (all’opposizione). Difficili rapporti di forza che potrebbero essere definiti meglio se nascesse la federazione tra FI e Lega in grado di pareggiare la crescita elettorale inarrestabile di Fratelli d’Italia. Ma anche la federazione resta un vago progetto.

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