Ceto medio tartassato: che fatica rimanerci

ITALIA. La recente ricerca di Cida/Censis sulla sofferenza di un ceto medio che crede sempre meno in sé stesso ha aggiunto argomenti scientifici a quanto è già noto, perché in una società complessa non ci sono solo i gravi problemi di chi non arriva alla fine del mese.

Cosa si intende per ceto medio? Secondo la ricerca, due terzi degli italiani si considera tale e il fisco trova conveniente dar loro ragione, perché fa pagare il 64% dell’Irpef a chi guadagna fra 35 e 70mila euro. Peccato che questi contribuenti non siano due terzi del totale ma solo il 22%. Sono loro a tenere in piedi il sistema, dentro una forcella sulla quale si è solo recentemente cercato di intervenire, spendendo non poco. Il fatto è che la misurazione del perimetro del ceto medio non si fa in euro, ma in termini di ruolo sociale, perché il fisco è un’accetta che cade in modo cieco e non riesce a distinguere tra chi galleggia sui 35mila e chi sale al doppio. Dentro il salto di aliquota è anzi nascosta una beffa. Nel 2023, il salario medio era di 34.227, ed era tassato come salario quasi «povero». Nel 2024, anche solo per i rinnovi contrattuali, è salito a 35.616 euro, ma a quel +4% della retribuzione corrisponde una tassa di + 7,5%, che porta via quasi tutto l’incremento!

Nel 2023, il salario medio era di 34.227, ed era tassato come salario quasi «povero». Nel 2024, anche solo per i rinnovi contrattuali, è salito a 35.616 euro, ma a quel +4% della retribuzione corrisponde una tassa di + 7,5%, che porta via quasi tutto l’incremento!

C’è naturalmente chi non ha neanche questo problema. È infatti ceto medio anche quello della notaia di Pavia, citata da un’inchiesta del Corriere, che, al netto del proprio lavoro professionale, possiede azioni Generali per 36 milioni e riscuote 1,5 milioni di dividendi anno. È uno status ben diverso dal collega professore o dall’avvocato che il fisco ritiene ricchi perché il reddito sale verso 70mila euro o più.

Nasce qui la crisi di identità e la frattura tra il valore della competenza (già minacciata dall’Ia) e del livello culturale e il reddito acquisito. È ben l’82% che denuncia questa frustrazione, in un’epoca in cui per la prima volta i figli rischiano di star peggio dei padri. Magari sale l’ascensore sociale, si entra nello spazio della borghesia affluente, ma questo non corrisponde allo status economico. Appartieni infatti redditualmente al vero ceto medio solo se non hai problemi a comperare libri e giornali, abbonamenti internet, viaggiare e spendere decine di euro al botteghino del Louvre o centinaia per entrare in Tribuna allo Stadio. Per non dire della visita medica privata in alternativa alla lista d’attesa pubblica.

Scelte che non sono banalmente definibili consumistiche e infatti la ricerca misura nel 45% chi ha già ridotto i consumi (e quelli di status implicano rinunce dolorose, come ben sanno gli scolari che confrontano la cartella tra loro). E così si galleggia, risparmiando, se si può, per mandare all’estero i propri figli a studiare, lasciando un Paese non per giovani. Potendo scegliere si punta sulla fuga. Il risparmio, per il 46% degli intervistati, è già ridotto e si cerca di orientarlo su figli e nipoti, non solo come ammortizzatore sociale ma come vero e proprio investimento. Naturalmente a scapito del futuro di casa nostra (e «per fortuna» Trump si dà la zappa sui piedi ad Harvard…).

Secondo Luigi Marattin, una coppia con figli e stipendio di 35mila euro lordi, per ogni 100 euro di aumento ne riceve 50 (media Ocse 81). Stare dentro il ceto medio è faticoso anche se riesci a salire

Il ceto medio ha fatto le grandi rivoluzioni progressiste della storia, ma ora implode. Occorre naturalmente una buona politica fiscale, magari a monte (i salari, la produttività) e non solo a valle (la tassazione). Per quanto si fatichi a ridurre il cuneo fiscale, cioè la differenza tra stipendio lordo e netto, l’Italia resta quella che si prende il 47,1% (+1,61% nel 2024) solo caso dopo Germania e Belgio. Secondo Luigi Marattin, una coppia con figli e stipendio di 35mila euro lordi, per ogni 100 euro di aumento ne riceve 50 (media Ocse 81). Stare dentro il ceto medio è faticoso anche se riesci a salire.

© RIPRODUZIONE RISERVATA