Costruire la pace è un dovere di tutti noi

L’editoriale. Sant’Alessandro, quel soldato rivestito d’oro che da lassù volge il suo sguardo alla città, è una «contraddizione virtuosa» a cui tutti oggi dovremmo guardare, riflettendo non solo sul significato del suo martirio (non certo la parola più cliccata in rete o la più digitata sui social), ma su quanto quel sacrificio ha ancora da dirci.

Naturalmente va contestualizzato nella realtà del terzo millennio, «sradicandolo» da quella del terzo secolo dopo Cristo, ma l’idea che ancora oggi si possa arrivare a dare la propria vita per difendere un valore, un ideale, un bene superiore per la crescita morale e spirituale di una comunità è una cosa che, a pensarci bene, fa rabbrividire. Il problema è che in una società dove egoismo(i) e individualismo(i) hanno ormai raggiunto livelli siderali, nessuno si prende più la briga di ragionare su quanto quel soldato della legione tebea può insegnarci. Non è un caso che per caratterizzare la festa patronale di quest’anno ci si è affidati alla virtù della pace (Sant’Alessandro fu realmente un uomo di pace e non un guerriero crudele e sanguinario), ma accostare la scelta al conflitto che da oltre sei mesi si sta consumando nel cuore dell’Europa, senza che peraltro se ne intraveda la fine, sarebbe riduttivo. «Se vuoi la pace preparati alla guerra», sentenziavano i latini, ma - se la vuoi davvero - la soluzione migliore resta quella di impegnarsi a prepararla con convinzione, perché la pace non è soltanto l’assenza di un conflitto con altri popoli o all’interno del proprio Stato, ma - soprattutto - un principio di armonia e di concordia tra le persone, nei rapporti privati e anche nella vita sociale.

I primi artigiani della pace dobbiamo essere noi stessi, dentro le nostre case, dentro le nostre famiglie, dove invece oggi regna un clima difficile

I primi artigiani della pace dobbiamo essere noi stessi, dentro le nostre case, dentro le nostre famiglie, dove invece oggi - ce lo dice quotidianamente la cronaca - regna un clima difficile, di grande tensione tra i suoi diversi componenti: tra genitori, genitori e figli, tra gli stessi fratelli o sorelle. Il numero delle violenze domestiche e dei femminicidi è ormai esploso da tempo, segno della presenza di troppi rapporti malati dentro un nucleo spesso animato da sottili tensioni che anziché dipanarsi in una comprensione reciproca che scioglie i nodi, piano piano, sottilmente, finiscono con il minare quel difficile equilibrio necessario ad affrontare le pesanti sfide che ogni famiglia è chiamata ad affrontare giorno dopo giorno.

E certo non aiutano i messaggi che sulla famiglia piombano con scientifico accanimento da parte dei media televisivi, produttori di «contest» che smontano deliberatamente i valori fondamentali dell’amore famigliare proponendo assurdi modelli, che anziché essere respinti vengono presi ad esempio e imitati, soprattutto dai più giovani. E certo non aiuta nemmeno la crisi economica che si sta abbattendo anche in Italia (ieri il prezzo del gas ha toccato i 321,4 euro al kilowattora), impoverendo ulteriormente le famiglie già alle prese con problemi di bilancio. E l’autunno – quando di «luce» e gas avremo ancora più bisogno - è ormai dietro le porte…

Dalla pandemia in poi, il numero dei suicidi (purtroppo senza distinzioni d’età) ha subito una crescita spaventosa, mentre proprio ieri «L’Eco» si è occupato dei pericolosi segnali di disagio che i nostri giovani hanno fatto registrare nei primi sei mesi dell’anno

Fenomeni che non possono che ripercuotersi negativamente sui rapporti familiari. Dalla pandemia in poi, il numero dei suicidi (purtroppo senza distinzioni d’età) ha subito una crescita spaventosa, mentre proprio ieri «L’Eco» si è occupato dei pericolosi segnali di disagio che i nostri giovani hanno fatto registrare nei primi sei mesi dell’anno. A preoccupare non è solo la crescita dei ragazzi segnalati all’autorità giudiziaria per i reati minorili (il 24% in più), ma la tipologia dei reati commessi con violenza, a cominciare dalle rapine. Fare i genitori è sempre stato difficile, ma ora lo è sempre di più e se alla famiglia non vengono dati gli aiuti necessari per affrontare anche questi problemi (oltre a quelli economici), insegnare la pace tra le mura domestiche diventerà un’impresa titanica.

La famiglia non è la sola agenzia educativa chiamata ad essere operatore di pace. C’è anche la scuola, che deve (ri)cominciare ad insegnare valori veri e universali tra le aule scolastiche

Ma la famiglia non è la sola agenzia educativa chiamata ad essere operatore di pace. C’è anche la scuola, che deve (ri)cominciare ad insegnare valori veri e universali tra le aule scolastiche, rinunciando a un mero nozionismo per formare con convinzione giovani menti aperte alla verità e al pensiero libero, «ma libero veramente» come cantava Eugenio Finardi. La differenza, alla fine, la fanno sempre e solo le persone, non gli strumenti in quanto tali, ma l’uso che l’uomo ne fa. «Incolpare» la Dad di aver fatto disastri a scuola negli ultimi due anni rischia di sembrare un’autodifesa per coprire una vacuità di pensiero di cui la scuola si deve liberare una volta per tutte, tornando al vero spirito per cui è nata, formando una vera classe dirigente (e su questo fronte la laurea breve non ha aiutato).

La pace si «forgia» anche nei luoghi di lavoro e nelle fabbriche, con imprenditori illuminati (e Bergamo ha dimostrato di averne ben più di uno) che non pensano soltanto al benessere della propria azienda, ma anche ai loro lavoratori, che di quel benessere sono tra i principali protagonisti. Chi temeva una classe imprenditoriale insensibile al difficile momento economico vissuto anche dai propri dipendenti deve ricredersi, perché molte sono state le realtà che se ne sono prese cura con accordi e contratti che hanno teso una mano, rinnovando un’alleanza di pace non scontata.

La pace non è passività, ma azione intelligente, sapiente, profetica. Esattamente tutto quello che manca oggi alla politica, sistematicamente e tendenzialmente miope

Un atteggiamento che anche la politica potrebbe prendere ad esempio, soprattutto durante la campagna elettorale, che certo non sta aiutando a costruire un clima di pace tra la gente. Quando Draghi, con grande senso di responsabilità, assicura che l’Italia ce la farà con qualsiasi partito andrà al governo, non lo fa tanto perché li tiene tutti in grande considerazione, ma perché sa bene che nelle condizioni in cui si trova il Paese nessuno potrà discostarsi più di tanto dagli impegni presi fino ad ora con l’Europa e a livello internazionale. C’è ancora una legge di bilancio da fare, e con un debito pubblico da far rizzare i capelli in testa, mettere in pratica molt(issim)e delle promesse elettorali che si sentono in queste ore sarà impossibile. E con le bugie non si costruisce certo la pace. La pace non è passività, ma azione intelligente, sapiente, profetica. Esattamente tutto quello che manca oggi alla politica, sistematicamente e tendenzialmente miope. Buon Sant’Alessandro a tutti.

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