
L'Editoriale / Bergamo Città
Mercoledì 27 Agosto 2025
Dire «sì» al nostro tempo per abitare il futuro
L’OMELIA. Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Vescovo di Bergamo Francesco Beschi ha pronunciato in Cattedrale durante il pontificale per la solennità di Sant’Alessandro, Patrono della città di Bergamo.
La testimonianza eroica di Sant’Alessandro, rinnovi la nostra scelta di credere l’Evangelo, di stupirci del Dono di Dio, di testimoniarlo nell’amore evangelico, di rafforzare le ragioni della nostra speranza. Raccogliamo l’esortazione dell’apostolo: comportatevi dunque in modo degno del Vangelo di Cristo… Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi.
Lasciamo risuonare le stupende parole di Mattatia, consegnate come testamento ai suoi figli: una luce sul futuro, su come abitare il futuro. Ora dominano superbia e ingiustizia, è il tempo della distruzione e dell’ira rabbiosa… Ricordate le gesta compiute dai nostri padri ai loro tempi… quanti hanno fiducia in Dio non soccombono… siate valorosi e forti nella Legge, perché in questa sarete glorificati.
Parole che aprono al futuro e sostengono la speranza di abitarlo. Le accompagniamo con l’insegnamento del Concilio (GS 39): Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l’umanità, e non sappiamo il modo con cui sarà trasformato l’universo… Sappiamo, però, dalla rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini… Siamo avvertiti che non giova nulla all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde se stesso. Tuttavia l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente…
Alla luce della fede e della speranza cristiana, lontani da ogni forma di alienazione, avvertiamo la necessità di una rinnovata «sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente» , raccogliendo l’istanza programmatica che contraddistingue la festa di quest’anno: «Abitare il futuro - una città che guarda avanti con il cuore saldo» .
Abitare il futuro significa lavorare alla costruzione della casa del futuro e del futuro come casa
Nel recente intervento al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, il Cardinal Zuppi, Presidente della CEI, ha evocato l’immagine dei mattoni… I mattoni necessari al futuro come casa abitabile per l’uomo. « C’è bisogno di mattoni e di costruire case dove riparare le relazioni, vivere l’amicizia che dà dignità e protezione a tutti… Noi siamo i mattoni del futuro… ognuno lo può essere e nessuno è mai inutile »… La fede vissuta apre il cuore alla Grazia di Dio che libera dal pessimismo.
Anche Papa Leone XIV parla della casa del futuro: « Lì dove le relazioni umane e sociali si fanno difficili e il conflitto prende forma, magari in modo sottile, deve farsi visibile una Chiesa capace di riconciliazione. Ogni comunità diventi una “casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono, dove si ascolta e ci si innamora di Gesù mettendo in pratica la Sua parola ».
La casa del futuro non è un alibi alla casa del presente: quanti interrogativi, quante attese, quante sofferenze, quante fatiche evoca il bene necessario di una casa. La trasformazione delle nostre città e dei nostri paesi avviene nel segno di una casa per tutti, a cominciare dai giovani, dalle famiglie, dai poveri, dagli immigrati o nel segno di case esclusive, case che escludono molti, case che assumono come criterio decisivo la brutale legge del mercato?
Abitare il futuro significa generare abitanti per il futuro
La rassegnazione che ammorba l’aria sembra caratterizzare anche la sottovalutazione del dramma della denatalità. L’inverno demografico si allarga a tutte le latitudini e sembra non finire mai: saremo di meno, saremo più vecchi e sembra che vada bene così. Quale futuro abiteremo senza gli abitanti del futuro, quando anche i popoli giovani di altri continenti vengono tenuti il più lontano possibile rappresentandoli sprezzantemente come invasori.
Oggi le scelte in ordine alla generazione non sono solo condizionate dai costi economici, dalla sostenibilità sociale, dalla paura del futuro: vi è un ripiegamento della ragioni del generare, addirittura del desiderio di generare, a fronte di possibilità sempre più ampie e a volte inquietanti che lo rendono possibile.
Solo una comunità che alimenta fiducia, ragioni di fiducia, pratiche di fiducia nei confronti del prossimo che vive accanto a noi, può rinnovare una disposizione a generare vita, non per imposizione, ma per convinzione: una convinzione alimentata dalla speranza.
« La vita personale vale molto più di un algoritmo e le relazioni sociali necessitano di spazi umani ben superiori agli schemi limitati che qualsiasi macchina senz’anima possa preconfezionare ». (Papa Leone)
Abitare il futuro ci impegna a custodire la casa comune
La cura del creato non è uno sport per ricchi. Papa Francesco ha posto la questione in maniera la più seria e la meno ideologica, introducendo la visione di una ecologia integrale. Papa Leone continua decisamente su questa strada. Nel suo primo messaggio per la decima giornata mondiale per la cura del creato, scrive: In diverse parti del mondo è ormai evidente che la nostra terra sta cadendo in rovina… Aumentano in intensità e frequenza fenomeni naturali estremi causati dal cambiamento climatico indotto da attività antropiche, senza considerare gli effetti a medio e lungo termine della devastazione umana ed ecologica portata dai conflitti armati… La giustizia ambientale non può più essere considerata un concetto astratto o un obiettivo lontano. Essa rappresenta una necessità urgente, che va oltre la semplice tutela dell’ambiente. Si tratta, in realtà, di una questione di giustizia sociale, economica e antropologica…. la cura del creato diventa una questione di fede e di umanità.
Abitare il futuro dice «passione» per la pace: sofferenza e amore per la pace, una pace disarmata e una pace disarmante
Gesù continua a inviare i suoi seguaci nel mondo affinché diventino creatori di pace nella loro vita quotidiana. Nelle parrocchie, nei quartieri, e soprattutto nelle periferie, è tanto più importante che una Chiesa capace di riconciliazione sia presente e visibile… Al milione di giovani riuniti a Roma per il Giubileo, il Papa ha consegnato questo mandato: Miei giovani fratelli e sorelle, voi siete il segno che un mondo diverso è possibile: un mondo di fraternità e amicizia, dove i conflitti si affrontano non con le armi ma con il dialogo.
Abitare il futuro impegna ad assumere coralmente il compito educativo.
Abbiamo rinunciato ad educare in nome della libertà e ci troviamo a controllare sempre più gli spazi di libertà in nome della sicurezza. Da soli non possiamo sostenere un compito così impegnativo. Non si tratta solo di contrastare la delinquenza, di contenere la violenza, di limitare la devianza, si tratta di assumere una responsabilità adulta nei confronti degli abitanti del futuro. Certamente scuola, mondo del lavoro, attività sportiva e musicale, volontariato e vita associativa, e non ultima la comunità ecclesiale si impegnano nel loro ambito. Ma solo insieme e insieme al soggetto fondamentale dell’educazione che è la famiglia, possiamo riuscire in un’opera così difficile e così necessaria.
Educare alla cittadinanza significa oggi educare all’inedita complessità della condizione umana nell’età globale, nella quale tutto è connesso.
Abitare il futuro, infine, esige ciò che solo una disposizione morale assolutamente impegnativa può sostenere.
Il vecchio mondo sta crollando, … comprendendo in essa le opere, le istituzioni, le organizzazioni e le attitudini di vita… Il nostro posto è nel divenire… Non dobbiamo irrigidirci contro il «nuovo», tentando di conservare un bel mondo condannato a sparire. E neppure cercare di costruire un mondo a parte, sognandolo come perfetto. A noi è imposto il compito di dare una forma a un mondo nuovo e possiamo assolvere tale compito … rimanendo sensibili, con cuore incorruttibile, a tutto ciò che di distruttivo e di non umano è in esso… Deve formarsi un nuovo tipo umano, dotato di una più profonda spiritualità, di una libertà e di una interiorità nuove, di una capacità di assumere forme nuove e di crearne… Ciò che ci occorre è una tecnica più forte, più ponderata, più «umana». Ci occorre più scienza, ma che sia più spiritualizzata… ; ci occorre più energia economica e politica, ma che sia più evoluta, più matura, più cosciente delle proprie responsabilità…
Per abitare il futuro dobbiamo cordialmente, seriamente, cristianamente dire «sì» al nostro tempo.
Il cristianesimo, che è stato all’origine della scienza e del progresso del mondo occidentale, sarà un bacino di risorse importanti affinché lo spirito umano sappia orientare il nuovo senza entrare in conflitto con esso. Il cristianesimo, che ha insegnato a vedere il lavoro come servizio e il progresso come promozione, potrà anche oggi svolgere un ruolo determinante in proposito.
Il libro del Siracide afferma che la beatitudine è di coloro che non hanno perso la speranza… Papa Francesco durante il suo ultimo ricovero in ospedale ha scritto: «il nostro fisico è debole ma, anche così, niente può impedirci di amare, di pregare, di donare noi stessi, di essere l’uno per l’altro, nella fede, segni luminosi di speranza».
Celebrare il patrono sotto il segno della speranza è dare concretezza all’impegno assunto dall’intera comunità, civile e religiosa: fare di tutto perché ognuno riacquisti la forza e la certezza di guardare al futuro con animo aperto, cuore fiducioso, mente lungimirante e fede coraggiosa.
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