È l’Europa la risposta alle tragedie dei tempi

MONDO. È l’Europa la risposta alle tragedie contemporanee. Proprio quell’Europa criticata oltremisura da irresponsabili ultrasovranisti, supernazionalisti e iperscettici. Il dramma ucraino e il disastro mediorientale, che abbiamo ora davanti agli occhi, ci ricordano, invece, quale è la natura umana.

Soltanto - questa è la lezione - istituzioni consolidate, come l’Unione europea o la Nato, sono la garanzia che anche da noi non accadano certe sciagure. Esse sono poi un argine contro ubriacature ideologiche o follie varie. Ma cosa c’è di eroico nello sparare dei missili che hanno l’alta probabilità di centrare dei palazzi pieni di civili? Ma cosa c’è di eroico nel lanciarsi oltre un muro per correre a massacrare gente inerme? Ripetere ai nostri giovani che la «Casa comune europea» è stata costruita coi mattoni franco-tedeschi e con il cemento italiano, belga, olandese e lussemburghese è quanto mai d’attualità, come è urgente evidenziare che essa è stata edificata sul sangue di milioni di europei, vittime di conflitti secolari.

L’Unione europea è appunto l’antidoto alle guerre nel Vecchio continente ed è stata costruita così come è per non essere lei stessa «Potenza». Appunto, tra i «padri fondatori» vi era l’utopia che la forza economica, del sapere e della ragione dovesse essere superiore a quella solita brutale militare. Purtroppo oggi è venuto il momento di ricredersi su quest’ultimo aspetto. Fa tremare i polsi il monito del presidente Mattarella che ha detto che bisogna sostenere Kiev o si rischia un conflitto devastante. Ci sarebbe, ha segnalato il Capo dello Stato, una deriva di aggressioni ad altri Paesi ai confini con la Russia, come accadde tra il ’38-’39 nel secolo scorso. Proprio questi pericoli esterni costringeranno l’Europa a rivedere alcune caratteristiche della sua edificazione per rispondere a questi tempi bui.

Ma prima serve frenare il flusso incessante di denaro occidentale che arma le mani degli aggressori. Ed è necessario contemporaneamente portare a termine una complessa rivoluzione energetica e tecnologica che metta l’ingegno al centro del progresso, sottraendolo ai meri diktat del cieco sfruttamento delle risorse planetarie. I tempi saranno lunghi per tale operazione e i compromessi da fare tanti.

Ma non c’è altra strada ed è meglio farsene una ragione al di là degli interessi di parte. Attenzione. Come sottolineano gli americani: «Freedom is not free» (la libertà non è gratis). Gli ucraini stanno versando il loro sangue, mentre gli Stati europei e gli altri del G7 i soldi per sostenerli.

L’opinione pubblica, almeno in Italia, pare non rendersi conto appieno dei pericoli di questi mesi e della necessità di accettare delle trasformazioni, anche a malincuore. Se si sfogliano le cronache locali in Toscana o in Liguria si legge delle manifestazioni contro i rigassificatori. Premesso che ne esistono uno dal 1969 nel bel mezzo del porto di Barcellona e uno addirittura nel comune della ridente località turistica di Porto Venere a La Spezia ci si domanda se chi protesta, giusto per essere coerente, vorrà quest’inverno scaldarsi e farsi da mangiare con la legna.

«È colpa di chi ha fatto la guerra alla Russia. Prima si comprava il gas a basso prezzo», c’è stato detto una volta. Non credevamo che Zelensky avesse attaccato il Cremlino. Sindrome di Stoccolma? Dato che i complottisti vanno di moda è meglio non sorprendersi troppo. Non solo. «Noi e loro ci stiamo indebolendo». Errore: noi spendiamo una barca di soldi; loro si stanno suicidando economicamente. Occhio alle proporzioni. Chiedere referenze all’Urss.

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