Economia e politica: la Cina punta in alto

Xi Jinping ha chiuso il suo discorso al XX congresso del partito comunista cinese, di cui è stato confermato al comando per la terza volta, affermando: «Bisogna puntare allo sviluppo di alta qualità, tra hi-tech di alto livello e meccanismi di innovazione tecnologica».

Questa sua visione strategica verso una «economia ultramoderna cinese» parte dalla consapevolezza di aver raggiunto un ruolo sempre più centrale nell’utilizzo delle cosiddette «terre rare», dalle quali vengono estratti gli elementi metallici utilizzati dall’industria dell’alta tecnologia per l’industria aerospaziale, per la realizzazione di schermi a cristalli liquidi, per il laser, per le batterie di ultima generazione e molto altro. A dispetto del loro nome, le terre rare sono relativamente abbondanti nella crosta terrestre. Sono chiamate così perché i 17 minerali in essa contenuti sono combinati tra di loro rendendo molto difficile «estrarre» i singoli componenti. I complessi procedimenti per la loro estrazione hanno un forte impatto ambientale, perché prevedono l’utilizzo di grandi quantità di acqua per eseguirne i filtraggi, nonché l’utilizzo di sostanze chimiche altamente inquinanti e velenose per chi le maneggia.

La produzione e il commercio mondiale delle terre rare hanno importanti risvolti geopolitici, in quanto i metalli in esse contenuti sono ormai al centro della competizione internazionale. Secondo i dati riportati da Il Sole 24 Ore lo scorso 24 agosto, il 95% delle terre rare estratte nel mondo e il 70% delle riserve mondiali fino ad oggi scoperte si trovano in Cina, che da un lato impone drastiche restrizioni alle esportazioni, dall’altro rifornisce costantemente le proprie industrie elettroniche per favorirne il massimo sviluppo. Lo scorso anno l’Organizzazione Mondiale per il Commercio (Wto) ha richiamato il governo cinese individuando nei suoi comportamenti un «abuso di posizione dominante». Incurante di ciò, la Cina ha continuato ad accrescere la propria supremazia strategica nel settore attraverso l’acquisizione di diritti esclusivi di estrazione di terre rare in Birmania, Kenya e Congo, che le ha consentito di superare l’80% delle riserve mondiali realizzando nel contempo una «delocalizzazione dell’inquinamento».

Molti colossi dell’informatica, tra cui anche Apple, hanno ormai trovato conveniente affidare le loro produzioni a industrie specializzate cinesi. Iniziative di estrazione di terre rare sono presenti anche in vari paesi occidentali, in particolare in Norvegia, contribuendo però solo in minima parte a limitare questa posizione dominante della Cina. Del resto, è piuttosto difficile che Paesi democratici, guidati da sistemi sociopolitici ben diversi da quelli del «Dragone», possano sobbarcarsi i costi sociali e ambientali necessari per estrazioni massicce di terre rare nei propri territori. Negli ultimi tempi, tuttavia, la guerra in Ucraina ha messo drammaticamente in luce le conseguenze della dipendenza europea dal gas russo, particolarmente elevata in importanti paesi come l’Italia e la Germania. Ciò ha contribuito a porre in essere varie iniziative per superare questa situazione che, allo stesso tempo, ha richiamato l’attenzione sulla necessità di evitare il rischio di dipendenza dalla Cina nel settore delle terre rare. Parlando al Parlamento europeo Ursula von der Leyen ha preannunciato l’emanazione di una normativa europea su materie prime cruciali, sottolineando che «il litio e le terre rare diventeranno presto più importanti del petrolio e del gas e la doppia rivoluzione digitale e ambientale dipenderà dal modo in cui l’Europa riuscirà a garantirsi approvvigionamenti sicuri». Al suo intervento è seguito quello del Commissario Thierry Breton, il quale ha comunicato che saranno da subito diversificati i fornitori di terre rare chiudendo nuovi negoziati commerciali con paesi quali il Cile, il Messico e la Nuova Zelanda. Ha poi aggiunto: «Per mobilitare gli investimenti necessari a migliorare la nostra posizione per quanto riguarda le materie prime più cruciali, aumenteremo la nostra partecipazione finanziaria in importanti progetti di interesse comune europeo e creeremo un nuovo fondo sovrano europeo».

C’è da augurarsi che questo apra la strada anche a una «politica energetica europea», di cui si avverte un’estrema necessità.

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