Elezioni regionali, primo test per il governo Meloni

Il commento. Mancano quaranta giorni al voto delle regionali. Il 12 e 13 febbraio in Lombardia e nel Lazio si sceglieranno le nuove giunte regionali e, essendo quelle le regioni più importanti del Paese, simboleggiate dalle due «capitali» nazionali, giocoforza il voto sarà anche il primo test per il governo di centrodestra guidato da Giorgia Meloni.

Non che questo impensierisca più di tanto la premier, dal momento che il suo partito è ormai stabilmente al 30 per cento, quasi il doppio del primo partito dell’opposizione e anche della somma dei suoi stessi partiti alleati, Lega e Forza Italia. Tuttavia è chiaro che il colore della vittoria sarà molto importante. Se la destra manterrà la giunta lombarda e conquisterà quella laziale, sin qui guidata da Nicola Zingaretti in alleanza con i Cinque Stelle, il governo si sentirà ulteriormente rafforzato e rassicurato sulle scelte che dovrà fare ora che ha varato in tutta fretta la sua prima manovra economica. Se invece le cose resteranno come sono, il risultato rinfrancherà un’opposizione senza fiato.

Le sinistre hanno fatto del loro meglio per facilitare il compito della maggioranza e garantirle una serena vittoria. Il Pd, innanzitutto. Nel Lazio l’assessore alla Sanità della giunta Zingaretti, Alessio D’Amato si è ben comportato durante la pandemia (la campagna di vaccinazione laziale è stata molto efficiente) e, di suo, avrebbe i titoli per sperare di contrastare il competitor Francesco Rocca, presidente della Croce Rossa, molto favorito dall’onda elettorale della destra regionale e non intimorito dalle polemiche sulla sua gestione della Cri e persino su certi suoi precedenti giudiziari.

Ma D’Amato sarà quasi certamente infilzato dai Cinque Stelle che, per un capriccio di Giuseppe Conte, hanno scelto di non allearsi col Pd (nonostante il legame con Zingaretti) e di far scendere in campo una loro candidata, la giornalista della Rai Donatella Bianchi, sino a poco tempo fa presidente del Wwf Italia e personaggio televisivo assai noto grazie alle sue trasmissioni di successo. Stando ai sondaggi, senza la Bianchi D’Amato sarebbe davanti a Rocca, sia pure di poco; con la Bianchi in campo finisce inevitabilmente secondo. Da notare che i Cinque Stelle nel Lazio contano ancora su un certo bacino elettorale garantito per molti versi dai lunghi anni di potere di Virginia Raggi in Campidoglio. Dove invece i Cinque Stelle non contano quasi niente, e cioè in Lombardia, il Pd ha scelto di allearcisi, facendo candidare Pier Francesco Majorino con il loro modesto sostegno.

Majorino è un parlamentare europeo di un certo peso, appartiene alla sinistra interna un po’ radical, è stato assessore a Palazzo Marino, ma è sempre arrivato terzo: terzo quando si candidò contro Beppe Sala per diventare sindaco di Milano, e terzo eletto della sua lista alle ultime elezioni europee. Se la dovrà vedere con il governatore uscente Fontana, indebolito dalle polemiche sulla gestione della pandemia e sulle vicende giudiziarie riguardanti l’acquisto di mascherine da parte della Regione che hanno avuto sviluppi anche in queste ultime ore. Contro entrambi si candida Letizia Moratti, sostenuta da Terzo Polo e da una lista civica. Molto si è discusso di una candidatura (sostenuta da Calenda e Renzi) di centro-centrosinistra dell’ex ministra e assessora alla Sanità della Lombardia, pronta ad una piroetta politica contro il suo vecchio schieramento: non se ne è fatto nulla e adesso la curiosità è vedere se la Moratti sottrarrà voti a Fontana o a Majorino.

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