Ex Twitter, il genio muscolare ha fallito

SOCIAL NETWORK. Sostituire il nome Twitter e il suo uccellino blu con una bella X su sfondo nero non ha portato fortuna a Elon Musk, il magnate di Tesla e Paypal, l’imprenditore osannato universalmente come un visionario, considerato uno degli uomini più ricchi del mondo.

Stavolta la croce ce l’hanno messa i mercati su di lui, visto che il social network che un tempo cinguettava ha perso il 71,5% del suo valore da quando è stato acquistato da Musk (per 44 miliardi di dollari) nell’ottobre 2022. Il giorno dopo l’acquisto il magnate sudafricano naturalizzato statunitense oltre a cambiare il marchio (trasformato in un simbolo matematico, la X infatti rappresenta il carattere del sistema di codifica Unicode, già presente in altre aziende del suo gruppo) ha licenziato migliaia di dipendenti e annunciato grandi cambiamenti, in nome della libertà di espressione. Ma spesso su questa terra e nel cyber spazio si confonde la libertà di espressione con il linciaggio verbale, la menzogna (chiamatela pure fake news, se volete), il complottismo e, peggio ancora, l’incitamento all’odio. Una confusione che può costare cara. E così una serie di importanti aziende inserzioniste hanno fatto retromarcia quando Musk ha appoggiato un post sulla teoria del complotto antisemita, un grande classico dell’antisemitismo del Novecento, a cominciare dal Protocollo dei Sette Savi di Sion, fabbricato dai servizi segreti della polizia zarista nel 1903. Va bene licenziare migliaia di dipendenti dall’oggi al domani, ma quando è troppo è troppo persino per l’America capitalista e liberista. Xche, come è noto, si esprime attraverso le Borse.

Quando ha acquisito Twitter l’uomo che secondo Forbes possiede un patrimonio di 251 miliardi di dollari aveva annunciato che il suo compito era «cercare di aiutare l’umanità». Un compito nobile, ma è la metodologia per arrivarci che pare un po’ bizzarra. Dopo l’acquisizione di Twitter, infatti, oltre a fare licenziamenti su licenziamenti dall’oggi al domani, senza un minimo di preavviso, ha reintegrato un numero di persone precedentemente bandite dalla piattaforma, tra cui l’ex presidente Donald Trump e il teorico della cospirazione di destra Alex Jones. Bizzarro, ma a ben vedere anche inquietante.

Non è piaciuto nemmeno il progetto industriale del tycoon, che con Tesla è stato in grado di sfruttare in maniera geniale le nuove invenzioni digitali applicandole e la tecnologia dell’elettrico al campo automobilistico (sbaragliando case che avevano più di un secolo di storia e di ricerche tecnologiche). L’acquisto della piattaforma digitale Twitter rientrava nel progetto di trasformarla di una «everything app», ovvero una sorta di applicazione «omnibus», sul modello della cinese tuttofare Wechat, ma con alcune sostanziali differenze, sia nelle caratteristiche che negli sviluppi. In pratica entrando in X era come entrare non solo nella messaggistica ma in una miriade di servizi e possibilità, dal pagamento delle utenze alla conoscenza, dal trading finanziario agli audio e i video, dagli acquisti all’informazione. Un capillare sistema alimentato dall’intelligenza artificiale, quella che secondo Musk un giorno eviterà all’umanità di lavorare (trascurando l’importanza del lavoro come aspetto imprenscindibile, identitario e fondativo dell’uomo e non come zavorra insopportabile, come spesso, soprattutto i giovani, pensano che sia avere un’occupazione). Nonostante le roboanti dichiarazioni di Musk e della sua a.d. Linda Yaccarino, diversi opinionisti e aziende hanno espresso perplessità, chiedendosi perché il tycoon si sia sbarazzato di un marchio così noto e affermato, che ancora cinguettava discretamente. Doveva essere il consueto tocco di genio di un imprenditore profetico, ma rischia di rivelarsi un buco nell’acqua. Quanto dannoso per il suo impero, è ancora prematuro da considerare.

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