Gli struzzi
e il dovere
di aprire gli occhi

In alcuni siti di notiziari di testate giornalistiche non occidentali, durante la pandemia, è apparso un tastino magico. Se lo si preme scompaiono tutte le notizie, ad esempio sul Covid. Si ottiene così una versione «Covid free». Se, invece, si è di cattivo umore e non si intende peggiorare il proprio stato emotivo, un secondo tastino magico propone la cancellazione di notizie negative. Davanti allo schermo apparirà una versione, «struzzo», del notiziario. In fin dei conti basta poco per rendere il lettore contento!
In televisione, in alcuni Paesi non occidentali, tale linea editoriale è già indirettamente tornata di moda. Come ai tempi della Guerra Fredda si ascoltano telegiornali composti in genere da un 10% di cronaca «neutra», circa 30% di occupazione politica dei membri del governo, 40% di propaganda del regime che garantisce la felicità nello Stato «migliore» al mondo, 20% di intrattenimento.

Il risultato è che spesso la gente, atomizzata o in fuga dalla quotidianità, non sa più cosa succede nel proprio Paese o nel mondo. Se, ad esempio, in Urss, dove la censura imperava, la popolazione conscia di quella realtà sfogava la propria voglia di sapere leggendo caterve di libri o guardando i pochi film stranieri disponibili, oggi la situazione è peggiorata, aggravata dalla temporanea chiusura per la pandemia delle frontiere, che vanno aperte presto come garanzia contro certe fandonie.

I soventi inconsapevoli fruitori di social media e navigatori di Internet sono infatti assaliti da una marea di fake news e da affermazioni di dubbia valenza senza avere, di frequente, quella preparazione per filtrare i materiali con cui si viene a contatto.

Un caso? A inizio settembre un conoscente ci ha girato la notizia, di fonte russa, secondo cui in Italia la gente stava aspettando lo Sputnik-V. Peccato, però, che il Belpaese, allora, avesse a disposizione vaccini di altre marche addirittura per una terza dose. Tale «pezzo» aveva, però, come obiettivo il lettore nazionale per rafforzare la narrativa ufficiale.

Ma non solo. La guerra di certi Stati contro le grandi società di Internet, ufficialmente per ragioni economiche, nasconde invero anche il tentativo di mettere loro la museruola e di impedire ai navigatori locali di reperire facilmente notizie scomode alle autocrazie al potere. A certe latitudini si parla già di Internet nazionale.

Inutile dire che l’attacco alla libertà di espressione e di pensiero nel mondo sta assumendo nel XXI secolo connotati diversi rispetto a quelli del passato e quei rischi, descritti da George Orwell nelle sue opere, stanno diventando ancor più realtà.

Con delle differenze: se prima vi erano poche notizie e si doveva andare a cercarle, adesso – soprattutto in rete – ve n’è una montagna, perlopiù non verificate.

Il Nobel per la pace al giornalista Dmitrj Muratov è un raggio di sole per chi crede nella libertà in un momento in cui tante in Russia sono le testate e i colleghi dissenzienti, etichettati giuridicamente con l’infamante definizione di «agenti stranieri» e di fatto messi in condizione di non operare più.

Ma quanti, non volendosi piegare, sono già emigrati all’estero? Il fenomeno non tocca solo i locali: una scomoda corrispondente inglese è stata cacciata dal Paese poiché è «un pericolo nazionale».

«Abbiamo ricevuto insieme il più importante premio al mondo – ha scritto Muratov ai colleghi in una lettera aperta -. Faccio a voi i complimenti. Non siamo delle vittime. Che (chi ce l’ha con noi, ndr) se ne vada in giro con i pampers». Quel Nobel è la migliore risposta ai tasti magici e alle veline.

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