I tanti nodi a destra dell’estate politica

POLITICA. Potrebbe essere una calda estate, questa, per il governo Meloni. E non solo perché le temperature da pronto soccorso inducono tutti alla preoccupazione.

Salgono anche le tensioni dentro la maggioranza, perché i problemi giudiziari incombono, perché il Pnrr rischia di non ingranare con conseguenze catastrofiche, perché alla fine maggioranza e governo potrebbero mostrare agli italiani un’immagine assai poco rassicurante di inadeguatezza politica e programmatica. Le tensioni nella maggioranza. Non è un mistero che Matteo Salvini si stia agitando ogni giorno di più. Lui già guarda alle elezioni europee della vicina primavera 2024 come ad una possibilità di rivincita dopo l’amaro (e avaro) 8 per cento di voti cui le politiche scorse lo hanno inchiodato. E allora ecco che il capo leghista è tornato su uno dei suoi cavalli di battaglia, la «pace fiscale», cioè un nuovo provvedimento di saldo e stralcio delle cartelle esattoriali per contribuenti onesti sì ma inadempienti per cause di forza maggiore.

La cosa non rientra nei programma di Meloni per mille ragioni – di bilancio e di rapporti con l’Ue – ma questo a Salvini interessa poco, anzi: riacquistare un protagonismo politico a spese di Meloni non è cosa che certo gli dispiaccia. Tutti hanno notato quel post sui social in cui lo si vedeva a bordo di un economicissimo volo Ryanair proprio nelle giornate in cui la Meloni doveva difendersi dall’accusa di usare un po’ troppo i voli di Stato (accusa peraltro insensata, trattandosi di un presidente del Consiglio in un periodo geopolitico così difficile che implica la «diplomazia diretta» dei leader). Insomma, qualche puntura di spillo, qualche dispetto. E qualche presa di distanza che certo a Palazzo Chigi non piace: come quella nei confronti di Daniela Santanchè su cui il Senato voterà il 26 luglio (mozione di sfiducia individuale presentata dal M5S).

A questo proposito, c’è da notare che i casi giudiziari che stanno tormentando la maggioranza in realtà colpiscono al momento solo esponenti di Fratelli d’Italia, due dei quali, perdipiù, sono coloro che in Lombardia hanno minato il potere leghista con una affermazione elettorale del tutto inedita nella culla del bossismo. Quell’avvertimento di Daniela Santanchè («Adesso Fontana si accorgerà di noi») rivolta al presidente della Regione ancora brucia a via Sellerio, e La Russa era accanto alla ministra del Turismo in questa dimostrazione di soddisfazione a scapito dell’alleato. Ora non è difficile capire perché i leghisti non si sbraccino in queste giornate a difenderli.

Tutto questo innervosisce la premier perché con le tensioni interne si governa male. I ritardi del Pnrr, benché negati da Palazzo Chigi, non hanno ancora consentito il pagamento della terza rata (fu richiesta a dicembre 2022) e spostano ancora in avanti l’arrivo della quarta per la quale ben 17 obiettivi su 27 risultano ancora disattesi… È vero che stiamo perdendo il treno cui sembrava si potesse agganciare la rinascita nazionale post-pandemia?

Le opposizioni lo affermano, i meloniani lo negano, però la preoccupazione giorno dopo giorno diventa sempre più pesante. E che dire delle questioni della giustizia, della riforma che non si muove d’un passo, delle obiezioni del Quirinale (soprattutto sull’abuso d’ufficio), di Nordio che vuole rivedere il concorso esterno in associazione mafiosa e si prende le male parole di mezzo mondo (compresi i suoi colleghi di governo) e la smentita della presidente del Consiglio in persona?

Conclusione: tutto porta a guardare sempre più alla primavera, alle elezioni in cui – col sistema proporzionale – ogni partito peserà il proprio consenso per giocarselo sul tavolo della spartizione di potere. Sino ad allora sarà un «crescendo» di polemiche in pubblico e di calci sotto il tavolo in privato. Molto dipenderà dalla capacità di Giorgia Meloni di imporsi e riportare tutti all’ordine.

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