I volontari, così l’Ucraina sopravvive al disastro

L’obiettivo dell’invasione russa è di smembrare l’Ucraina. A maggio si terranno i referendum per l’annessione della regione del Donbass, delle città di Mariupol e di Kherson, conquistate e attualmente occupate dall’esercito di Mosca.

La Crimea è da tempo considerata territorio russo. Le mire sono contenute in documenti del Cremlino ma ormai anche dichiarate pubblicamente. Andrej Klimov, senatore dello stesso partito di Vladimir Putin, «Russia Unita», tra gli uomini più vicini al presidente autocrate, ha dichiarato: «Siamo pronti a integrare i popoli che vorranno far parte della Federazione». Come ad esempio gli abitanti della Transnistria, la regione ribelle della Moldavia abitata in maggioranza da russofoni.

Questi obiettivi non tengono in conto la voce di Kiev, che non rinuncerà a propri territori conquistati con la forza brutale. Intanto c’è un’Ucraina che cerca di sopravvivere a bombardamenti, assedi e agli stenti. Una resistenza possibile grazie anche a una fitta rete di volontari. Quando l’esercito russo arriva in una città per conquistarla, il primo atto che compie è staccare luce, acqua, gas e comunicazioni telefoniche così da fiaccare gli abitanti. L’esercito del Cremlino sta tentando la conquista della città di Mykolaiv che aveva quasi 500mila abitanti. Ha bombardato l’acquedotto. Ma da Odessa ogni mattina parte un convoglio di autobotti e di camion pieni di bottiglie d’acqua condotto da volontari, per non lasciare senza un bene essenziale i residenti di Mykolaiv.

La distanza fra le due città è di 130 km, percorsa in 4 ore tra check point e lungo strade dissestate. Le bottiglie d’acqua sono offerte dai cittadini di Odessa (altra città nelle mire russe) ogni giorno nel punto di raccolta della Croce rossa locale. C’è una rete di solidarietà fatta di persone che sono disposte a rischiare la vita per permettere ai 13 milioni di ucraini intrappolati nelle zone dei combattimenti di ricevere il necessario almeno per sopravvivere. Anche questa è resistenza contro un invasore spietato. In questa rete ci sono pure i camionisti che compiono centinaia di chilometri per trasportare gli aiuti umanitari che arrivano da tutta Europa e dall’Italia in particolare dai punti di raccolta vicino ai confini con Polonia, Ungheria e Romania ai luoghi più abbandonati. Rischiano la pelle ma non se ne curano. In gioco c’è qualcosa di più importante: la sopravvivenza di un popolo aggredito, la sua dignità.

Tra le esperienze di volontariato c’è anche quella di Roman e Bogdan, che hanno trasformato radio Kraina fm, una delle più diffuse emittenti commerciali del Paese, in una stazione di servizio. Trasmettono notizie, avvisano gli ascoltatori sui possibili bombardamenti in arrivo, cercano di tenere alto l’umore degli ucraini trasmettendo musica e leggendo favole ai bambini nei rifugi. Ma lanciano anche appelli per reperire aiuti umanitari e risorse per l’esercito: la risposta di chi offre è sempre superiore alla domanda. Ci sono poi i volontari che si prendono cura delle opere d’arte in città che ne sono ricche, come Leopoli e Odessa: le hanno nascoste in luoghi segreti e quelle nelle strade protette con lamiere a assi di legno.

Nei giorni scorsi un video da Kharkiv mostrava il gesto di un soccorritore: mentre intorno cadevano bombe e tutti scappavano, lui è rimasto con una donna ferita e le ha messo un braccio sulla spalla come segno di vicinanza. Rappresenta bene l’incredibile attività che migliaia di volontari ucraini di ong e associazioni stanno svolgendo tra immensi pericoli per soccorrere feriti e sfamare chi è rimasto senza cibo nelle zone dei combattimenti. È la solidarietà che tiene insieme un popolo e un Paese vittima di un grande sopruso.

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