Il fiasco della Brexit e la pezza
dell’Europa

Mondo. Svolta nella Brexit: Regno Unito e Unione europea hanno trovato un accordo insperato in extremis dopo 1.215 giorni di incertezze e di liti. La tragedia russo-ucraina e le tensioni internazionali hanno portato a più miti consigli. Oggi né Londra né Bruxelles possono permettersi relazioni bilaterali così instabili in un periodo in cui l’Occidente si gioca il primato a livello globale e il suo modello di vita è in pericolo.

Gli elettori britannici volevano la Brexit e la Brexit avranno. Il loro voto è stato, quindi, rispettato. Ma c’è modo e modo di vivere nel prossimo futuro stabilmente al di fuori del Vecchio continente o di uscire da un’istituzione che ha forgiato l’Europa unita e che, non ce lo si dimentichi, il Regno Unito ha concorso ampiamente a edificare negli ultimi decenni.

Cosa è successo? Il neopremier Sunak e la presidente della Commissione Ue von der Leyen sono semplicemente riusciti a far quadrare il cosiddetto «cerchio», mettendo a frutto mesi di intenso lavoro degli esperti. Nasce l’Accordo di Windsor che, di fatto, sommandosi, modificando o cancellando le precedenti intese, ridimensiona indirettamente i rischi di far riemergere una disastrosa «questione irlandese» e che, insieme alle recenti inattese dimissioni della premier scozzese Sturgeon – leader degli indipendentisti di Edimburgo - rafforza il fronte unitario britannico.

Ben nascosti dietro le quinte, ma convitati di pietra alla firma del «Framework» tra Gran Bretagna e Unione europea, sono stati la Corona e gli Stati Uniti. Sono stati loro a dare forza alla volontà di tirare fuori, una volta per tutte, la politica britannica dalle secche in cui si era cacciata con il referendum del 2016, indetto troppo alla leggera dal governo dell’allora premier Cameron. Ma mai dire certe cose troppo ad alta voce oltre Manica: la Corona non fa politica! Il tè informale tra re Carlo III - che rischiava di rimanere senza Regno - e la von der Leyen ha dischiuso aspetti inediti al grande pubblico.

Gli americani hanno invece fatto sentire il peso giusto negli ambienti che contano nel Regno Unito e non solo. Da Washington è già stato inviato anche il messaggio agli irlandesi di darsi una calmata. Nei prossimi mesi è prevista la visita di Joe Biden nella terra dei suoi avi, la quale avverrà solo se nessuno metterà i bastoni tra le ruote a Gran Bretagna ed Ue, ossia che qualche Parlamento non abbia la cattiva idea di non ratificare il presente accordo.

Ormai anche ampie fasce del Partito conservatore - indietrissimo nei sondaggi per le elezioni di fine anno - hanno preso coscienza del bidone che è stata la Brexit per il Regno Unito. I dati sono impietosi: il costo della vita è andato alle stelle, tanti sono i punti persi di Pil, la produttività è oggi la più bassa in 250 anni, il commercio è in rotta, gli scioperi nel settore pubblico non si contano più, la burocrazia impera. È vero: nei dettagli dell’Accordo di Windsor si potrebbe nascondere il diavolo. Ma intanto si è trovata una soluzione per le merci che entrano in Irlanda del Nord, uno dei nodi più difficili da sciogliere e si è cancellato qualsiasi «senso di confine» nel mare d’Irlanda. Le parti avranno poi la loro parola sul mercato. Il Regno Unito ritorna anche nei programmi di ricerca scientifica «Horizon» del valore di 96 miliardi di euro.

Tra Gran Bretagna ed Unione europea finirà quindi a «fish and chips»? È presto per dirsi, ma la strada imboccata sembra quella corretta. Un’ultima considerazione: la Brexit ha dimostrato la fragilità di certe idee sovraniste e populiste nell’attuale mondo globalizzato. Per informazioni chiedere ai britannici.

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